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Anticipazioni: Amelio, un Camus che farà discutere. Dalla parte degli algerini

Incontro Gianni Amelio nella Trastevere in cui ha abitato in passato. Amelio è raggiante. Due i motivi. Porterà al festival di Torino che dirige Clint Eastwood, col suo ultimo lavoro, il più struggente a quanto pare. E Amelio è contento perché l’ha strappato al Film Fest di Roma. Uno a zero.

E poi Amelio è contento perché ha finito il suo nuovo film, su Albert Camus e l’Algeria, “Il primo uomo”. Con Camus che sta dalla parte degli algerini ai tempi della guerra per l’indipendenza nonostante la lacerazione che ciò gli crea per la sua famiglia di residenti francesi, insomma pied noir seppure speciali come potevano essere i Camus che abitavano nel sobborgo povero di Algeri, Belcour.

Sarà un film dalla parte degli algerini. Sorride Amelio (nella foto con la protagonista Maya Sansa), già pregusta le polemiche in questa Italietta intossicata dal noto gruppo di cialtroni del centro destra.

Camus, ignoto ormai ai più, torna dunque con un film che si preannuncia intenso e bello, girato integralmente in Algeria, e tornerà dunque anche in libreria, insomma un piccolo importante avvenimento culturale per chi lo ha amato nella polemica del dopoguerra sulla pena di morte e l’umanesimo, (ricordate tra Koestler e Sartre), per la Peste e lo Straniero ma anche L’uomo in rivolta, per gli straordinari Taccuini che Bompiani pubblicò a un certo punto.

Il film di Amelio si preannuncia come un viaggio in un tempo perduto alla ricerca del fantasma del padre, quasi non conosciuto e del senso della vita. L’impianto è quel manoscritto ritrovato di Camus sull’auto dell’incidente in cui morì, Il primo uomo, romanzo incompiuto nascosto in una sacca. Centoquarantaquattro pagine scritte di getto, a volte senza òpunti né virgole, con una grafia rapida e difficile da rielaborare ha scritto poi la figlia Cathérine Camus. Aveva quarantasette anni Albert Camus e da tre era premio Nobel della letteratura. In quel gennaio del 1960 lavorava a questo testo, che inizia col capitolo “Ricerca del padre” e andò a schiantarsi contro un muro insieme al suo editore Michel Gallimard, in una strada di Francia. Negli appunti che sono stati allegati all’edizione del libro, uscito in Francia nel ’94, Camus scrive: “La nobiltà nel mestiere dello scrittore è nel resistere all’oppressione, e quindi nell’accettare la solitudine”.

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