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Obituaries- Nicola Rizzuto, capomafia del Quebec

Lo hanno freddato con numerosi colpi mentre era nella sua spaziosa cucina della rue Antoine Berthelet, a Montreal. Nicola Rizzuto, detto Nick, capo mafioso del Quebec, costola dei Gambino Bonanno, incrociato con i Cairuana, insomma la mafia oltreatlantico. Ricevo da Antonio Mazzeo questo ritratto e sotto pubblico l’articolo di Le Monde. Dedicato ai cultori della materia e non solo.

La caduta degli dei. The Sixth Family, la “Sesta Famiglia”, i Rizzuto di Montreal, prima gregari poi costola canadese dei potentissimi clan italo-americani dei Gambino-Bonanno, infine signori e padroni dei traffici di droga e delle grandi opere in mezzo mondo, un occhio puntato sul Ponte sullo Stretto di Messina, per la cui realizzazione erano pronti a scommettere sino a 6 milioni di dollari. Sotto il piombo dei nemici ancora senza volto, sono stati annientati vecchi e nuovi boss, reggenti e luogotenenti.

Il pomeriggio del giorno di San Silvestro del 2009, sei colpi di pistola per assassinare Nick Rizzuto junior, il primogenito di don Vito, il “padrino del Ponte”, in carcere negli States per un triplice omicidio avvenuto a New York nel 1981. Sei mesi più tardi è assassinato per strada nel cuore di Montreal il boss di origini agrigentine Agostino Cuntrera, affiliato all’omonimo clan dei Cuntrera-Caruana, soci d’affari dei Rizzuto in mezza Europa, nelle due Americhe e nei Caraibi. La sera scorsa, nella villa-bunker di Antoine Berthelet Avenue, la “strada della mafia” dove risiedono quasi tutti i capi e sottocapi delle cosche di Montreal, ad essere ucciso è l’ottuagenario Nicola “Nick” senior, il capostipite della “famiglia” Rizzuto. Il terzo attacco al cuore di don Vito, ormai solo, sconfitto; il segnale che si è conclusa la sagra della “famiglia” emigrata in Canada nel 1954 da Cattolica Eraclea (Ag), che in meno di 50 anni era riuscita a sfiorare il cielo con un dito.

Originariamente, a guidare la mafia canadese era stato l’ex carpentiere e lottatore professionista Vincent Cotroni. Il mafioso di origine calabrese, soprannominato “Vic the Egg”, si era messo a disposizione sin dai primi anni ’50 dei maggiori padrini di Montreal dedicandosi al controllo del traffico di droga, delle estorsioni, della prostituzione e delle case da gioco. Nel 1970, ad Acapulco, Cotroni giunse a stringere un accordo con Meyer Lansky, personaggio di vertice della criminalità Usa sin dal tempo del proibizionismo. Con Lanski, il mafioso italo-canadese pianificò una serie di investimenti in vista della ventilata legalizzazione del gioco d’azzardo in Québec. Meyer Lansky era a capo di casinò e bische clandestine negli States e nei Caraibi e sembrava godere di una pressoché inviolabile immunità da parte delle autorità, probabile effetto del ruolo di intermediario tra la Marina militare statunitense e Cosa Nostra per la “protezione” delle unità navali in sosta nei porti della costa atlantica, durante la seconda guerra mondiale. L’organizzazione mafiosa fu poi coinvolta nei preparativi di sbarco degli Alleati in Sicilia nel luglio 1943.

Con Vincent Cotroni operava sin dal suo arrivo in Canada, Nicola “Nick” Rizzuto, un povero campiere che prima di sbarcare in nord America era stato alle dipendenze dei baroni Agnello, latifondisti che possedevano nell’agrigentino vaste proprietà immobiliari. L’incontro con Cotroni aprì in pochi anni a don Nicola le porte ad una vita finalmente agiata, le macchine di lusso, i ricorrenti viaggi negli Stati Uniti, un’abitazione nel cuore di Montreal, le migliori scuole per i figli.

Nel 1972, a riprova dei consolidati rapporti di amicizia e di affari tra gli esponenti della mafia nordamericana e Cosa Nostra siciliana, Vincent Cotroni, Nick Rizzuto ed i rappresentanti locali delle famiglie Cuntrera-Caruana ricevevano in Canada Giuseppe Settecasi, a capo delle cosche mafiose dell’intera provincia di Agrigento. Il clima del tempo era pesantissimo, la mafia siciliana era dilaniata da una guerra intestina che avrebbe consentito, qualche tempo dopo, la scalata al vertice dei Corleonesi di Riina e Provenzano. In una interminabile sequela di riunioni a Montreal, Epiphani, Hamilton e New York, Settecasi incontrò i principali esponenti della mafia italo-americana, tra cui Paul Castellano, Paul Violi, Giuseppe Cuffaro, Gerlando Sciascia, Angelo Mongiovì, Emanuele Ragusa. Motivo principale del viaggio di Settecasi, secondo le autorità canadesi, era stato quello di rafforzare i rapporti tra la mafia dei due continenti e ricucire una frattura all’interno dei gruppi criminali locali. Settecasi doveva appianare le divergenze sorte nella cosca rappresentata da Vincent Cotroni, tra Leonardo Caruana e lo stesso Nicola Rizzuto che aveva messo in discussione la sua nomina a capo mandamento. Il Rizzuto, in particolare, non gradiva la familiarità creatasi tra Vic Cotroni e il calabrese Paul Violi, in forte ascesa nel crimine canadese, anche grazie al matrimonio con Grazia Luppino, la figlia di Giacomo Luppino, boss originario di Castellace di Oppido Mamertina e rappresentante della “famiglia” Magaddino. Proprio il Cotroni, in quel matrimonio, aveva fatto da compare d’anello a Paul Violi.

La pax mafiosa raggiunta grazie alla mediazione di Settecasi fu di breve durata. Nel 1975 Vincent Cotroni finì in carcere per essersi rifiutato di testimoniare davanti alla Commissione d’inchiesta del Parlamento canadese sul fenomeno mafioso. Paul Violi fu designato suo successore. Da Caracas, dove Nick Rizzuto era stato costretto a trasferirsi avviando un ristorante che aveva chiamato “Il Padrino”, fu organizzata la controffensiva militare contro il nuovo boss di Montreal. Uno dopo l’altro caddero tutti i sottoposti di Violi. La guerra di mafia fu spietata e nelle strade della metropoli canadese ci furono una ventina di omicidi. Poi, nel 1978, fu la volta dello stesso Paul Violi a finire assassinato all’interno del “Reggio Bar”, il locale che gestiva a Montreal e che era stato sede dei summit tra la mafia nordamericana e Giuseppe Settecasi. Per l’omicidio Violi vennero arrestati, tra gli altri, Agostino Cuntrera e Domenico Manno, entrambi legati a Nick Rizzuto.

Tre anni più tardi, non migliore sorte sarebbe toccata all’altro antagonista dell’ex campiere di Cattolica Eraclea, Leonardo Caruana. Deportato in Italia perché bollato come “indesiderato” dalle autorità che lo sospettavano di traffico internazionale di stupefacenti, Leonardo Caruana fu ucciso il 2 settembre 1981 a Palermo dopo aver presenziato alla cerimonia nuziale del figlio Gerlando. A quelle nozze aveva partecipato come testimone della sposa il politico democristiano di Sciacca, Calogero Mannino. Anche l’anziano boss Settecasi finì vittima lo stesso anno di un plateale omicidio nel pieno centro di Agrigento. Era l’epilogo di una lunga guerra che aveva consacrato la nuova leadership di Nick Rizzuto nell’organizzazione mafiosa canadese legata alle più potenti famiglie siculo-calabresi.

Si doveva attendere ancora qualche anno perché in Italia si potesse comprendere appieno come erano andati mutando gli organigrammi dei poteri tra i “cugini” d’America emigrati in massa dall’agrigentino. Il 14 febbraio 1983, gli uffici della Criminalpol di Lombardia, Lazio e Sicilia concludevano l’indagine sulle attività di reimpiego dei profitti illeciti provenienti dal traffico di droga in varie società finanziarie e commerciali con sede a Milano. Scattava la famosa operazione Notte di San Valentino che individuava i collegamenti tra alcuni dei boss più noti di Cosa Nostra, immobiliaristi di grido come Luigi Monti ed Antonio Virgilio e personaggi gravitanti nel sottobosco politico ed imprenditoriale milanese. La fitta ragnatela di cointeressenze che sarebbe poi riemersa nelle indagini sulla scalata della mafia ai casinò del nord Italia, vedeva tra i maggiori indagati il boss Gerlando Alberti ’u paccarè, i fratelli Giuseppe e Alfredo Bono, Ugo Martello, Gaetano Fidanzati, Gaetano Carollo e Michele Zaza. Tra i destinatari dei mandati di cattura emessi dal giudice istruttore c’erano poi i componenti della colonia siciliana in terra canadese, quasi tutti i membri delle famiglie Cuntrera e Caruana di Siculiana, Antonio Mongiovì (il figlio di Angelo Mongiovì che aveva partecipato ai summit mafiosi con Giuseppe Settecasi), nonché il padrino Nicola Rizzuto ed il figlio Vito.

L’inchiesta dei giudici di Milano aveva ricostruito i passaggi di droga lungo l’asse Sicilia-Sudamerica e i meccanismi di un colossale riciclaggio di denaro che toccava le principali piazze finanziarie del mondo, Svizzera ed Hong-Kong in testa. Nodi strategici della rotta degli stupefacenti erano il Canada, gli Stati Uniti (famiglie Bono-Bonanno) ed il Venezuela dove erano stati distaccati per conto dell’organizzazione Pasquale, Giuseppe, Alfonso e Paolo Cuntrera, nonché Antonio e Giuseppe Caruana.

Lasciatosi alle spalle l’uragano della Notte di San Valentino, a metà anni ’80 l’anziano boss Nick Rizzuto decise di passare il comando della “cellula” canadese nelle mani del figlio Vito; fece ritorno in Venezuela, dove sarà arrestato nel febbraio 1988 e condannato a cinque anni di carcere per possesso di cocaina. Il 22 novembre 2006, Nicola “Nick” Rizzuto venne raggiunto da un nuovo mandato di cattura in Canada, nell’ambito dell’inchiesta denominata Project Colisee su un grosso traffico di cocaina che vede indagati una novantina di persone, tra i quali alcuni funzionari dell’aeroporto internazionale di Montreal che avrebbero utilizzato lo scalo per i trasferimenti di droga. L’organizzazione criminale avrebbe pure importato negli Stati Uniti enormi quantità di marijuana attraverso il parco naturale di Akwesarne. Nicola Rizzuto fu pure accusato di estorsione e gestione di scommesse sportive clandestine. Tre anni più tardi l’epilogo. Prima il dramma dell’assassinio dell’omonimo nipote. Poi la sua brutale eliminazione a 86 anni di età.

Alle vicende della “famiglia” Rizzuto è dedicato il secondo capitolo del libro “I Padrini del Ponte. Affari di mafia sullo stretto Messina”, scritto da Antonio Mazzeo per Alegre Edizioni, Roma (2010).

Le parrain de la mafia québécoise abattu

LEMONDE.FR | 11.11.10 | 20h55  •  Mis à jour le 11.11.10 | 21h10

Il avait 86 ans. Nicolo Rizzuto, dit Nick, ou encore Le Vieux, a été abattu hier dans sa somptueuse demeure de Cartierville, à Montréal. Il se trouvait dans sa cuisine lorsqu’il a été atteint d’une à plusieurs balles. On attend l’autopsie. Les enquêteurs penchent pour l’hypothèse d’un tireur d’élite embusqué dans le petit bois, à l’arrière de sa maison.

Qui était donc ce vieux bonhomme ? Né en Sicile, en 1924, il émigre au Canada avec sa famille. Rapidement, il se lie à des mafieux italiens, notamment calabrais, les Cotroni, qui tiennent le haut du pavé à Montréal. Il fera aussi alliance, pendant un certain temps, avec les Bonanno, l’une des cinq familles de la Cosa Nostra de New York. A cette époque, le clan Bonanno tient une place prépondérante dans le trafic de stupéfiants aux États-Unis, Montréal étant considéré alors comme la base arrière du réseau. L’héroïne vient des laboratoires du sud de la France, jusqu’au jour où les Américains se fâchent. En 1971, Nixon tape du poing sur la table, et c’est le démantèlement de la French Connection – aussitôt remplacée par la Pizza Connection.

Mais dans les années 76-81, une guerre éclate entre les trois familles. Une vingtaine de morts, tant au Québec qu’en Italie. Finalement, Nick Rizzuto, ce petit homme que l’on dit illettré, remporte la victoire (ou du moins la première manche). Il a gagné sa place au soleil et devient le parrain incontesté de la mafia de Montréal.

Nick a trempé dans le scandale du village olympique de Montréal, pour les Jeux de 1976, et il a forcément croisé le chemin d’un truand français qui, lui aussi, avait mouillé sa chemise pour ce projet juteux : Gilbert Zemour. Mais celui-ci ne devait pas être de taille, car, bien vite, il est rentré au pays. “L’exportation” de la famille Zemour n’a pas fonctionné. Concurrence trop dure, sans doute.

En fait, depuis longtemps, c’est le fils, Vito Rizzuto, qui a pris les commandes. Pour l’heure, il purge une peine de prison aux Etats-Unis pour avoir occis trois membres de la famille Bonanno. Sans doute le chapitre final de la guéguerre des années 80. En réalité, il n’a été arrêté qu’en 2004, perdant du coup son surnom de Teflon Don (on n’avait jamais réussi à lui “coller” une affaire sur le dos auparavant). Du fond de sa cellule, on dit qu’il n’en continue pas moins à diriger son commerce. Tel ce fumeux projet d’investissement pour la construction du pont de Messine, le “pont de la mafia”, comme on dit en Italie. Un moyen inespéré de recycler des centaines de millions de narcodollars. En 2004-2005, une opération de grande envergure a été lancée au Canada, aux Etats-Unis, en Italie, en Suisse, en France… pour démanteler un réseau de blanchiment d’argent. Une enquête difficile, pour arriver, en 2007, à des dizaines d’interpellations dans ces différents pays. En fait, on comprend bien qu’aujourd’hui le principal souci de la mafia est de réinsérer l’argent du crime et de la drogue dans les circuits traditionnels. De le rendre licite. Ce qui nécessite une organisation internationale et des contacts à tous les niveaux. En Italie, dans cette enquête, on aurait frôlé le pouvoir politique. Dans ce bizness, il semble bien que le clan Rizzuto soit tête de liste.

On ne vit pas vieux chez les Rizzuto. Le patriarche est une exception. Ainsi son gendre, Paolo Renda a été enlevé… On ne l’a jamais revu. L’un de ses lieutenants, Agostino Cuntrera, pressenti pour prendre du galon, a été assassiné. C’est tellement chaud dans la “famille” que, lors d’une arrestation, les policiers ont eu la surprise de constater que plusieurs de ses membres portaient un gilet pare-balles, sous le costard. Ce qui ne devait pas être le cas de son petit-fils. L’insouciance de la jeunesse (42 ans)… Il a été tué en décembre dernier. Plusieurs balles, en pleine rue. Le suspect, dont on sait juste qu’il est noir, n’a pas été identifié. Du moins pour la police. Car, trois mois plus tard, une fusillade, rue Saint-Jacques, à Montréal, avait pour cible un certain Joseph Ducarme, que l’on présente comme l’ancien chef de l’ancien “Gang des 67”, que les journalistes appellent dorénavant le “Gang de la rue”. Il s’en est tiré sans bobo, mais il y a eu deux morts. Dans son camp, d’autres n’ont pas eu sa chance. Plusieurs sont décédés de mort violente et un autre circule en fauteuil roulant.

En fait, les autorités locales semblent compter les coups. Une véritable guerre des gangs a débuté, mais il reste encore des doutes sur l’identité du véritable challenger de la Rizzuto and Sons. Car le Gang des rues ne serait que la partie visible de l’iceberg. Une autre famille pourrait bien être à l’affût, planquée derrière la glace : celle des Calabrais. Ils ont une revanche à prendre. En attendant, le clan des Siciliens contre le Gang de la rue, ça parle au diable, non !

Georges Moréas

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