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C’è Umarov dietro l’attentato sanguinoso di Mosca?

Un anno fa sembrava fatta, Putin aveva  revocato il regime di alta sicurezza in Cecenia, il suo “uomo” Kadyrov appariva in sella, gli indipendenti quasi scomparsi, uno degli ultimi leader ribelli ancora in vita – Sulim Iamadaiev – ucciso a Dubai.

Alle spalle due guerre cecene (1994-1996 e 1999-2004) che hanno provocato forse 100 mila morti. Per un paese che contava all’inizio degli anni ’90 un milione e centomila abitanti i  morti sono un’enormità, il 10% della popolazione. Di fatto i numeri più certi riguardano la prima guerra cecena, con 7500 soldati russi morti, 4000 ribelli morti, 35.000 civili uccisi.  Ma forse la cifra più spaventosa, dopo la duplice distruzione di Grozny, sono quei 20.000 bambini che si stimano morti nelle due guerre cecene.
E poi eccoci agli attentati: sui primi, quelli che portarono alla ripresa della guerra del ’99, indagava anche Anna Politkoskaia. Sono attentati rimasti oscuri, di certo c’è che hanno preceduto di poco la ripresa dell’intervento armato russo in Cecenia. Il resto vede in crescendo una forte infiltrazione islamica, soprattutto nella forma degli attentati kamikaze e dell’uso delle donne kamikaze. Queste dunque le premesse di una lunga scia di sangue, sul suolo russo, che ha prodotto ormai in quindici anni, bomba dopo bomba,  1340 morti e circa duemila feriti.
Tutto inizia nel 1991. Con la dissoluzione in corso dell’impero sovietico la Cecenia attraverso il leader autonomista Dudaev si proclama indipendente. La Russia reagisce con l’invio di 40 mila uomini. E’ la guerra, che divampa nel 1994. Dudaev verrà ucciso nel 1995. Sale da quel momento l’astro di Shamil Basaev, che guida il primo blitz terroristico a Budiennovsk, un’azione che porta alla fragile pace stipulata nel ’96 tra i ceceni e  Cernomyrdin-Eltsin.
Tre anni dopo le ostilità sono già riesplose, la guerra riprende. Basaev si avvale di appoggi nel confinante Daghestan, nell’ottobre del 1999 Grozny la capitale è rasa al suolo dalle truppe russe. A far scatenare la guerra hanno contribuito due oscuri attentati a Mosca e in  altre città che hanno provocato vittime civili russe.  I russi accusano i ceceni, i ceceni i servizi segreti russi. Ma intanto è guerra e si moltiplicano gli abusi, proprio quelli che sono stati  denunciati con forza da Anna Politkovskaia, la giornalista di Novaia Gazeta uccisa a Mosca nel 2006, e per i quali Mosca è stata ripetutamente condannata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.
E’ lo scenario che riguarda Vladimir Putin, salito formalmente al potere il 20 marzo del 2000. Non è un trionfo, il suo, ha solo il 52%, la guerra in Cecenia serve a rafforzarlo. Così in giugno Putin nomina Ranzan Kadyrov a capo della Cecenia, una nomina contestata dagli indipendenti ceceni. La guerra perciò va avanti, senza tregua, finché a Beslan nell’Ossezia del Nord durante un’azione di sequestro da parte di separatisti ceceni si conclude con una carneficina che fa inorridire il mondo. Poi nel 2005 viene ucciso Maskadov, il 9 luglio del 2006 viene ucciso in Inguscezia Shamil Basaev. La guerra sembra finita. Un attentato nel 2006 nel grande mercato di Cerkizovski  risulta opera non di ceceni, ma di un gruppo xenofobo russo. Poi però ecco altri due attentati ai treni e oggi l’improvviso attentato alla metropolitana, a due passi dalla sede centrale del servizio segreto russo. Il Caucaso resta una ferita aperta.

Ed ecco ora emergere Doku Umarov, nuovo stratega del terrorismo ceceno. Lo danno per morto a più riprese, invece sembra vivo e vegeto. C’è lui dietro l’attentato di Mosca? Doku “Dokka” Khamatovich Umarov anche noto col suo nome islamico Dokka Abu Usman (13 aprile 1964) è uno dei principali comandanti dei ribelli in Cecenia ed ex Emiro dell’Emirato del Caucaso. Dal 2006 al 2007 è stato presidente della Repubblica secessionista cecena di Ichkeria attraverso il suo movimento di lotta armata. In seguito, ha fondato l’Emirato del Caucaso nel Caucaso Settentrionale, uno Stato Islamico non riconosciuto. È ricercato in Russia per i reati di sequestro, omicidio e tradimento.  È uno dei maggiori leader attivi nella lotta armata in Russia, e si è assunto la responsabilità dell’attentato del 29 marzo 2010 alla Metropolitana di Mosca, dove rimasero uccisi 40 civili e ferite oltre un centinaio di persone.

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