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Oggi e domani, 54 nuove pietre d’inciampo a Roma…Ore 12,30, Lungotevere Sanzio

Via Piemonte 127. Giovedì 13 gennaio, ore 13,30. Due sampietrini lucenti emergeranno, in tutta la loro luce sobria ma decisa, dal marciapiede antistante l’abitazione da cui i tedeschi prelevarono il 16 ottobre ’43 Lionello Alatri, vicepresidente delle comunità israelitiche italiane, e sua moglie Evelina. Con i coniugi fu poi deportato verso la morte anche il suocero di Alatri, Eugenio Haim.

Due “pietre d’inciampo”, due nomi, le date di nascita e di morte. Più una storia, per chi voglia ricordare. E cioè che, due giorni prima di quel 16 ottobre, Lionello Alatri, ex titolare di un’azienda tessile che aveva dovuto cedere a causa delle leggi razziali del ’38, era stato portato dai fascisti a Palazzo Braschi ed era riuscito poi a farsi momentaneamente rilasciare solo in cambio di un ingente, quanto inutile, esborso di denaro. Due giorni dopo, ecco scattare la deportazione verso Auschwitz e lì, a Birkenau, il 23 ottobre la morte nelle camere a gas.

Chi passa da via Piemonte potrà ritrovare l’inizio di questa storia nei due sampietrini con i nomi degli Alatri. Le due piccole “pietre d’inciampo” di 10 cm per 10,  che insieme ad altre 52 saranno posizionate tra domani e dopodomani lungo 24 strade di cinque municipi della città (I, II, III, XI e XVII), sono innanzi tutto un piccolo risarcimento alla memoria. Ideate dallo scultore tedesco Günter Demnig, che il 12 e il 13 parteciperà a questa nuova semina di stolpersteines, sono ormai  presenti in 530 città di tutta Europa. In Italia, per il momento, solo a Roma, ma richieste sono pervenute da Torino, Milano e Bologna.

“Discreti e permanenti “, ha ricordato Adachiara Zevi curatrice della seconda stagione di queste “pietre d’inciampo” a Roma, i sampietrini lucenti non costituiscono  un’aggiunta alla città pur costituendone una parte intima. Sono capaci però di suggerire un sussulto di ricordi ma anche a volte purtroppo l’azione di un insulto.

“Una persona è dimenticata quando il suo nome è dimenticato”, ha osservato durante la presentazione alla Casa della Memoria lo storico Bruno Tobia, ricordando che questi gesti antimonumentali hanno in Europa solo un’analogia, quella targhe su un’ottantina di aste che a Berlino Schöneberg ricordano i provvedimenti antisemiti.

Le 54 nuove “pietre” fanno parte di un’istruttoria condotta su 88 segnalazioni presso lo sportello della biblioteca della Casa della Memoria. Per 34 però i dati erano incompleti oppure relativi a persone poi sopravvissute. Ma alcune istruttorie sono andate molto più a fondo di quello che era necessario per il sampietrino. Paola Corcos ha riferito del lavoro svolto intorno alla memoria di Margherita Bondì, del marito Raffaele Milano e della loro figlia Silvana, un’indagine che ha coinvolto anche alunni e docenti di Sezze di cui Margherita era originaria. Questo scavo ha permesso di mettere a fuoco anche il volto dei due “delatori” poi condannati a pene lievi nel dopoguerra, che li vendettero ai tedeschi e ai repubblichini fascisti: Luciana Ferrari di Giulianova, sedicente Contessa Marini, e un certo Antonini. Anche questo riaffiorerà dunque in via dei Querceti 24, giovedì alle 10,30, dove Bondì e Milano avevano abitato prima di trasferirsi sotto falso nome in una pensione di via Palestro in cui, traditi, furono presi per essere portati ad Auschwitz. Margherità vi morì il 23 maggio, sua figlia Silvana fu stroncata dal tifo a Bergen Belsen il 12 aprile del ’45: non aveva ancora diciotto anni.

Ecco si inizia domani (mercoledì)  a Lungotevere Sanzio alle 12,30: grazie a Sira Fatucci si ricordano i suoi nonni Angelo e Cesira, lo zio Attilio, la bisnonna Teresa Campagnano. Il giorno dopo saranno ricordati tra gli altri deportati anche i “politici”, come Filippo D’Agostino (via Bossi 8) e Valrigo Mariani (via Padova 94), quest’ultimo  ric0rdato su istanza del nipote Eugenio Iafrate.

Paolo Brogi

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