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Spielberg e Tintin, un incontro ravvicinato di che tipo?

Incontri ravvicinati di terzo tipo? L’incontro di Steven Spielberg con Hergé, al secolo Georges Remi creatore di “Tintin” ha un po’ questo sapore irrisolto (se ne parlerà al Festival internazionale del Film di Roma, 27 ott-4 nov?).

Hergé al termine della guerra fu perfino arrestato e restò un giorno in carcere per collaborazionismo, ma poi gli stessi inquirenti si resero conto che era un po’ troppo, arrestare il papà di Tintin suonava un po’ r ridicolo.

In effetti Hergé ha però costruito le sue 23 storie e mezzo dentro l’involucro di un giornale della destra cattolica “Le Vingtième Siècle”. L’eroe gli fu commissionato da un caporedattore abate che chiedeva un giovane eroe dai sani principi cattolici. Lui ci aggiunse un cagnolino, un terrier, Milou. Il resto venne poi con i Soviet e Hitler a far da sfondo alle prime storie. Il peggio Hergé lo passò poi sotto l’occupazione nazista quando lavorava a “Le Soir”.

Resta il sapore amaro di un’accusa di fascismo che il tempo ha evaporato ma che un po’ è lì per l’aria. Intanto chi sono i modelli a cui si è ispirato? Uno è un campione di fascismo avventuriero e avventuroso come Henri de Monfreid, giornalista e traffichino veliero, ammiratore di Mussolini  e a lungo nel Corno d’Africa. Anche Hugo Pratt forse ci ha fatto un pensierino per il suo Corto Maltese.

L’altro modello è invece è un fascistaccio vero che si chiamava Leon Degrelle. Perché quando Hergé si chiamava ancora Georges Rémi, si sarebbe ispirato proprio a Degrelle, come lui ex scout, come lui in forze, nel 1929, nella redazione del quotidiano cattolico Le Vingtième Siècle. Vero? Falso? Boh…

Certo l’aria è quella di una certa destra cattolica che al meglio assume la forma del vecchio gollismo. Hergé riesce a nascondere i suoi fili grazie a un panorama curioso affidato alla sua cosiddetta “ligne claire” del suo modo di disegnare storie e ai calembours di tipi come i Dupond e Dupont che nel nome della Sureté ripetono sempre le stesse fesserie duplicate. Certo, gratta gratta, c’è antiamericanismo e un pizzico di antisemitismo, ma i tempi non erano certo favorevoli ad Hergé.

E così c’ è anche chi rinviene queste tracce in alcune tavole uscite durante l’ occupazione tedesca, come L’ Etoile mystérieuse, dove gli amici di Tintin provengono tutti dai paesi dell’ Asse e i nemici sono smaccatamente americani.

Un dazio da pagare? Probabile. I fumetti sotto il fascismo con le avventure di Romano il Legionario o Dick Fulmine (ma anche perché dimenticarli Mimmo Piangimai, Fasciolino di Muggiani, Lio di Rubino, Peperino di De Seta, Bobo, Saetta, Sì e Se, i due fascisti dal volto umano, uno alto e magro, l’altro tondo e grassoccio, e ancoirea La famiglia Cocorito, Capottino, ragazzo maldestro, Pasqualino e Pasqualone, Massadeo e Massadea, due coppie paesane sempliciotte, Michelangelo  Leonardelli, inventore giramondo…) lasciano parecchio a desiderare. Provincialotti, in orbace e camicia nera, l’appeal è decisamente piccino.

Hergé ha un livello differente, cosmopolita e giramondo, il suo ragazzo dal ciuffetto è abbastanza curioso e intelligente da non prestarsi a opere di bassa manovalanza fascista. Tutt’al più eccolo come rappresentante di quella destra lealista e conservatrice, comunque piuttosto libera e giramondo, che assume il volto di un giovincello audace.

Conclusione, Tintin è assolto.

Probabilmente di tutto queste Steven Spielberg neanche se ne è accorto…

Paolo Brogi

(pubblicato su Noproblem)

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