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Formazione del nuovo governo tunisino, le manovre degli islamisti di Ennahda

Governo tunisino in formazione, cosa sta succedendo? Che ci prepara il partito islamista Ennahda? Ecco il quadro tracciato da Raja ElFani , che ha già pubblicato su questo blog le sue analisi. 

Polittico a mille scomparti

di Raja ElFani

Rimandata l’inaugurazione ufficiale dell’Assemblea tunisina al 22 novembre, ma dei pronostici appaiono qua e là sulla spartizione dell’esecutivo. Sembra che le negoziazioni procedano a buon ritmo. Marzouki e Ben Jaafar, dei due partiti moderati, puntano alla Presidenza della Repubblica mentre Jebali, del partito vincitore, si aggiudica in anticipo la poltrona di Primo Ministro. Le forze centriste e conservatrici si consultano per ora amabilmente, i neoparlamentari rilasciano dichiarazioni con una corretta anti-ideologia. La nomina dei ministri rappresenterà il primo prodotto politico della coalizione e rispecchierà una volontà comune, tralasciando le questioni teoriche. Regna l’intesa professionale.

Ma qualcuno dei membri dei partiti è già sul campo. Ennahda assale i templi laici, incitando a confronti nelle università, o ottenendo la chiusura simbolica di qualche impresa e radio. Il tono è quello della predica. La favorita di Ennahda al ministero della Donna, la farmacologa Souad Abderrahim lancia la prima pietra per una istituzionalizzazione degli affari morali e non incontra una vera rivalità nelle associazioni progressiste. Il partito islamista professa una purificazione della società moderna, compito dei filosofi e degli artisti in tempi più lucidi. C’è chi vorrebbe che Ghannouchi condannasse gli estremismi ormai usciti dalle moschee, quando lui è già chiamato Cheikh e quasi canonizzato. Chissà se tutto quel semplicismo basti davvero a muovere la cultura secolare. Tutti i partiti, compreso Ennahda, esperimentano il proprio fragile equilibrio.

Sul fronte degli investimenti statali e del rilancio economico, Ennahda manifesta la propria affinità con i paesi arabi, mentre si ha qualche giusta preoccupazione per quanto riguarda l’afflusso di aiuti europei. Ennahda, che conta membri formati nelle grandi capitali mondiali, afferra il potere con un prontuario di azioni. Dopo che è scoppiata una polemica sul nuovo codice dei giornalisti, Jebali pensa già alla privatizzazione dell’organo pubblico della stampa per eludere la libertà d’espressione. Se non altro, il programma è prevedibile. Spetta all’opposizione nutrire il dibattito della resistenza culturale, ammonire sui pericoli e sensibilizzare le coscienze.

Dal canto suo, l’élite tunisina struttura la frustrazione di non partecipare al governo coltivando la vigilanza. Le istituzioni apolitiche della transizione riassestano la propria collocazione cercando di mantenersi al centro della scena. L’ISIE di Jendoubi, che ha appena pubblicato il rapporto definitivo sullo svolgimento delle elezioni di ottobre, rivendica l’importanza suprema di sussistere almeno fino alle elezioni decisive del 2012. Mohsen Marzouk dell’Alta Istanza per la Democrazia incoraggia un bisogno nazionale di azioni parallele, e lancia il movimento “Costituzione Civile” volto a controllare l’elaborazione a huis-clos della nuova Costituzione. Da lì nasce la Coordinazione per la Giustizia Transitoria, costituita da 14 associazioni di diritti di nuovo in guardia. È previsto un sit-in alla sede vecchia della Camera, al Bardo, dove si darà avvio al solenne lavoro legislativo. In palio l’imminente identità musulmana. 

 Raja ElFani

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