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La legge Galasso vincola l’alveo dei fiumi per 150 metri. Perché nessuno la fa rispettare?

Legge Galasso, 8 agosto 1985, numero 431: sono sottoposti a vincoli paesaggistici “i fiumi, i torrenti ed i corsi d’acqua e le relative sponde o piede degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna”.

Bisognerà che qualcuno prima o poi – ad esempio la magistratura non conosce questa legge? – spieghi perché e per come è stata sempre aggirata questa disposizione che non è mai stata abrogata. E come sia stato possibile costruire a ridosso dei fiumi se non dentro direttamente il loro alveo. In Sicilia come a Genova…

Le amministrazioni che con continuità politica  – è il caso di Genova e della Liguria – hanno gestito i loro mandati permettendo che gli alvei dei fiumi diventassero quello che sono, dovrebbero essere chiamate a giustificare il loro operato spiegando perché non sia mai stata applicata la legge dello stato chiamata Galasso.

Più in generale occorre dire basta al cemento e allo spirito palazzinaro che ha segnato così profondamente questo dopoguerra, riempiendo di orgoglio gli amministratori che con questa droga hanno rivendicato Pil in crescita (che altro non era se non il frutto miserabile di cemento su cemento, vedi il caso di Roma).

Bisogna infine abbattere e rimuovere tutte queste barriere di cemento che impediscono ai corsi d’acqua di procedere con un deflusso controllabile. Chi deve abbattere? Gli uffici antiabusivismo delle amministrazioni comunali che invece di essere depotenziati o addirittura eliminati (vedi quello che è successo a Roma con un ufficio diventato con Alemanno un fantasma: che cosa ha prodotto negli ultimi mesi? Nulla) dovrebbero occuparsi proprio di rimuovere ciò che è palesemente non solo illegale ma anche pericoloso per la pubblica incolumità. Se ne nasce un problema di diritto all’abitazione, per chi dovesse essere allontanato da questi manufatti, le amministrazioni provvedano a risolverlo trovando sistemazioni alternative.

Tutto questo dovrebbe fare un sindaco invece di andare oscillando tra il questuare pietà oppure l’assumere  posizioni arroganti col solo risultato di provocare il buonsenso le persone normali (anche se il segretario del suo partito vergognosamente dovesse difenderlo, come di fatto è penosamente successo).

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