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Pipì per strada: pugno duro della Cassazione contro un poveraccio di Teramo…C’è un giudice a Roma, oh sì…

Lo Stato quando vuole mostra i suoi muscoli. L’ha fatto con un signore di Teramo condannato per aver fatto pipì in strada. Così la suprema corte di Cassazione. E’ tutt’altro che un fatto di lieve entità, così dicono i supremi giudici.

Buone notizie dunque per la grande delinquenza, quella che ha finora trovato  porte aperte nel clima di deregulation berlusconiano. Già, dove erano i supremi giudici quando veniva depenalizzato il falso in bilancio? Dove erano i supremi giudici quando 13 personaggi condannati con sentenze definitive venivano ricandidati da Berlusconi?  Dove erano quando quest’ultimo si è inventato lo scudo fiscale per far tornare dalle isole Cayman ecc i capitali sottratti al fisco italiano? Ecc ecc ecc. Parlano di scorie lasciate per strada. Ma allora che cosa bisognerebbe fare a chi inquina le falde acquifere – cioè l’acqua che è di tutti – con i peggiori inquinanti trasformandole in fiumi di veleni puri, come succede tutt’intorno a  Malagrotta? Lì i supremi giudici non vedono nessun problema di scorie?

Ecco l’articolo sul poveraccio di Teramo. Lo pubblica la stampa online di oggi 14.11.11. Insomma guai a chi fa pipì all’aperto. Manca solo la scritta: “Morte ai prostatici…”.

News

13/11/2011 –

Fa un “bisognino” in strada: condannato

La morale ha da fare i conti con l’evoluzione dei tempi. Volente o nolente. Ma sempre senza esagerare… Perché determinati limiti non possono essere superati. L’ultimo esempio arriva da una sentenza della Cassazione (21845/11) che ha azzerato una precedente pronuncia del Giudice di Pace di Teramo, ribadendo il valore della «pubblica decenza» come soglia da non oltrepassare nella vita di tutti i giorni.
Una camminata per le vie della città, poi un’improvvisa esigenza e, messo di fronte alle strette, la scelta meno ortodossa: mi scappa, la faccio in strada… Per questo motivo, un cittadino era stato accusato di avere oltrepassato il limite della pubblica decenza, tanto da ritrovarsi, nelle vesti di imputato, di fronte al Giudice di Pace di Teramo. Lì, però, era arrivata la sorpresa: assoluzione. Con le aggiunte della esclusione di un’offesa al comune sentimento della decenza, da un lato, e della considerazione che l’atto incriminato non era stato visto da alcuno, dall’altro.

Il caso

La vicenda, però, non si è conclusa a Teramo. Anzi, da lì è partita per arrivare sino a Roma, dinanzi ai giudici della Cassazione, su iniziativa del Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di L’Aquila. Per quest’ultimo, la scelta di farla in strada rappresenta una condotta offensiva della pubblica decenza e costituisce, quindi, un comportamento che suscita riprovazione nella collettività. Senza dimenticare gli «effetti collaterali», ovvero cattivo odore e residui poco piacevoli per le persone che passeggiano.

Le valutazioni del Procuratore Generale sono state sostanzialmente accolte dalla Cassazione. Per i giudici di piazza Cavour, il fatto incriminato è solo in apparenza di lieve entità, e comunque rientra nella nozione di pubblica decenza, tutelata dall’articolo 726 c.p.. Come conferma anche la giurisprudenza, secondo la quale vanno tenuti presente anche quelle azioni che «prescindendo dalla sessualità, provocano nei consociati un senso di disgusto, disagio, disdegno o disapprovazione». Secondo i giudici della Cassazione, è assolutamente secondario il fatto che nessuno abbia visto l’uomo utilizzare la strada pubblica come bagno privato. Anche tenendo presenti le «scorie» che hanno insozzato la strada.

Accoglimento pieno del ricorso: questa la decisione della Cassazione. Che ha sottolineato l’ampiezza della nozione di «pubblica decenza», anche all’inizio di questo terzo millennio. Ora, però, la palla ripassa al Giudice di Pace di Teramo, la cui decisione è stata annullata e al quale toccherà il compito di portare avanti un nuovo esame, anche tenendo in considerazione i rilievi mossi da piazza Cavour.

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