Informazioni che faticano a trovare spazio

Il farmacista-sceriffo che elimina i sampietrini della memoria e non si sente antisemita

La vicenda dei sampietrini di via di Santa Maria in Monticelli 67, a due passi dal Ministero di Grazia e Giustizia, è ufficialmente risolta da un’indagine lampo dei carabinieri. E’ un farmacista quarantenne il condomino “innervosito” dai sampietrini dei deportati ad Auschwitz. E davanti ai militari della Stazione di Piazza Farnese si è assunto tutta la responsabilità del gesto. Ne ha ricavato una denuncia per danneggiamento. Attenuata dalla immediata offerta di “scuse” da fornire a tutte le istituzioni coinvolte nella vicenda.

“Sono stato io”, ha detto il farmacista. “Ero perfino inciampato su quei sampietrini – questo il succo della posizione assunta -. Poi altri condomini mi hanno confermato di non vederli di buon occhio e di non esserne stati minimamente informati. Così ho deciso di toglierli. Dove ho gettato quelle lastre? Nelle vicinanze …Poi ho cercato di mascherare quello che restava con un po’ di resina”.
Dopo il gesto l’uomo è partito per Milano, così non avrebbe saputo del clamore provocato dal suo intervento. Tornato si è ritrovato però convocato presso i carabinieri che stavano effettuando indagini. Pensava, così avrebbe detto, che si trattasse di una ex dipendente in causa con lui. E invece ha appreso dei sampietrini. A quel punto l’ammissione: “Sono stato io”. Prontamente seguita dalla successiva offerta di fornire scuse ufficiali a tutte le istituzioni che ha scoperto coinvolte e mobilitate dall’accaduto.

Qualche osservazione: il condomino sceriffo ci tiene a far dire dal suo legale che non c’è alcuna vocazione di antisemitismo in tutto questo. Secondo lui “scapitozzare” targhe con su scritto i nomi con le date di morte e il posto che è Auschwitz (Elvira Spizzichino) o Bergen Belsen (le altre due sorelle) e poi gettare le lastre da qualche parte – almeno così dice il condomino – è un atto di pura estetica. Forse davvero questo signore non crede di essere antisemita, forse pensa di essere un cultore del decoro, forse pensa che il suolo pubblico gli appartenga, forse pensa che sentirsi spalleggiato da altri consimili gli consenta di fare quel che vuole. Ma lo vada a raccontare ai parenti delle povere sorelle Spizzichino che in quel palazzo il 4 maggio del 1944 – ad appena un mese dalla imminente “liberazione” di Roma – furono tradite da una spiata di un altro condomino di allora. Si intascavano cinquemila lire al tempo per ogni scalpo ebreo consegnato ai nazifascisti…

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