Informazioni che faticano a trovare spazio

Processo a Trapani. Francesco Di Carlo: chiesi a Caffri e Capizzi, mi dissero che era stata cosa nostra

25° udienza deel Processo per l’omicidio di Mauro Rostagno, seconda parte. Si procede con l’audizione del testimone Francesco Di Carlo come teste assistito. Riassunto dei post messi sulla pagina Fb da Carlo Antonio Rallo:
Pm Paci: “Francesco Di Carlo, come e quando è entrato in Cosa Nostra”. Di Carlo: “Sono entrato nei primi anni sessanta nella famiglia di Altofonte, fino al 1982. Come rappresentante della mia famiglia fino al ’79, ed ero a completa d sposizione del mio capomandamento Bernardo Brusca di San Giuseppe Jato”. Pm Paci: “Cosa succede nell’82?”. Di Carlo: “Con la guerra di mafia di allora e con gli omicidi a catena senza nessuna pietà, capii che era la fine di Cosa Nostra. Ho cercato di salvare i Caruana e i Cuntrera, avendo saputo che volevano eliminarli. Ad un certo punto Totuccio Riina mi disse, se tu non sei con noi, te ne vai fuori e un giorno si vedrà. Me ne sono andato in Inghilterra a Londra, nell’82 sistemo un appartamento e avevo solo rapporti con la mia “famiglia” di Altofonte. Sono stato detenuto in Inghileterra, uyna detenzione durata 11 anni, dall’85 al ’96 quando sono rientrato in Italia. Durante questo periodo ho avuto rapporti con soldati della mia famiglia, con mio fratello e con un mio cugino, Nino Gioè”.
Pm Paci: “I rapporti con la famiglia come avvenivano? E con quale altre persone era in contatto?”. Di Carlo: “Oltre ai miei familiari, anche con Benedetto Capizzi e Giovanni Caffri, che era cognato di mio fratello Andrea. I miei fratelli, mio zio e mio nonno facevano parte di Cosa Nostra. I miei fratelli sono stati combinati da me. Quando sono arrivato in Italia dovevo scontare ancora tre anni, ed allora decisi di collaborare con la giustizia. Ho avuto una condanna a 25 anni di reclusione per traffico internazionale di stupefacenti”.
Pm Paci: “Lei ha avuto modo di conoscere soggetti e attività di Cosa Nostra trapanese?”. Di Carlo: “Quelli che mi ricordo sono Antonio Minore e Calogero suo fratello, il “baffone”. Nell 82 l’ultima volta che l’ho visto Vincenzo Virga era consigliere o sottocapo della famiglia di Trapani. E ricordo anche Nicola Buccellato, un “uomo di pace” di Castellammare. Ricordo che una volta incontrai Buccellato che venne assieme con Virga. A Marsala ricordo i D’Amico con i quali eravamo amici e a Mazara Mariano Agate e “Mastro Ciccio” Francesco Messina Denaro”. Pm Paci: “Chi era secondo il rappresentante di cosa nostra a fine anni settanta?” Di Carlo: “Era Totò Minore. Successivamente divenne il Virga capomandamento di Trapani. I capi in provincia erano Francesco Messina Denaro, Mariano Agate e Vincenzo Virga”. PM Paci: “Queste persone appartenevano ad altre associazioni segrete?”. Di Carlo: “In quel periodo si parlava di Massoneria e so che alcuni di loro ne facevano parte. Ma cosa nostra palermitana era assolutamente contraria a questo. A Trapani era invece normale”. Pm Paci: “Lei ha sentito parlare di Mauro Rostagno?”. Di Carlo: “Sì, ne ho sentito parlare attraverso la stampa ma anche all’interno di Cosa Nostra”.
Di Carlo: “Quando ho appreso dell’omicidio di Rostagno, ho capito che era Cosa Nostra,”non si muove foglia che cosa nostra non voglia”, la conferma ce l’ho. Per saperne di più ho chiesto a Caffri e Benedetto Capizzi. Ed ho detto, ma questo lavoro di Rostagno? E ho avuto risposta che l’omicidio era una cosa fatta da Cosa Nostra e non come dicevano i giornali una pista interna”. Pm Paci: “Di Carlo le ricordo che dal verbale delle sue dichiarazioni lei ha chiesto a Capizzi anche attraverso dei bigliettini”. Di Carlo: ” Sì, confermo anche la richiesta attraverso queste lettere, sono passati molti anni e non ricordavo. Non posso dire al 100%, credo sia stato Caffri che al telefono mi diede la conferma che l’omicidio Rostagno era avvenuto per mezzo di Cosa Nostra”. Pm Paci: “Caffri è stato uno dei suoi interlocutori fino a quando?” Di Carlo: “Fino al ’94 credo, perché poi mi trasferii in un posto dove non poteva raggiungermi”.
Avv. Galluffo difesa imputato Mazzara: “Lei conosceva personalmente Mauro Rostagno?”. Di Carlo:” No, ho appreso tutto dopo la morte del giornalista”. Avv. Galluffo: “perché la sua richiesta di informazioni sull’omicidio Rostagno non è avvenuta attraverso il telefono?”. Di Carlo: “Perché usavo e usavamo frequentemente come mezzo di comunicazione i biglietti, che per noi erano molto più sicuri.” Avv. Galluffo: “Perché volle sapere chi aveva fatto questo omicidio?”. Di Carlo: “Uno di cosa nostra si informa sempre, volevo sapere cosa era accaduto a Trapani, ho chiesto così: com’è la situazione Rostagno, e poi per telefono mi hanno detto che era cosa nostra. Io ero aggiornato sempre di tutto”. Avv. Galluffo: “Cosa ricorda che le dissero esattamente?”. Ora c’è totale disaccordo tra la difesa di Mazzara e il PM Paci. Il Presidente Pellino sta leggendo i verbali delle dichiarazioni di Di Carlo.
Avv. Galluffo: ” Di Carlo, lei cosa aveva scritto nel biglettino?”. Di Carlo: “Sicuramente ho scritto, ma veramente è andata come dicono i giornali?”. In accordo le parti decidono di mettere agli atti i verbali delle dichiarazioni rese dal Di Carlo. Avv Galluffo a Di Carlo: “Lei ha detto che per omicidi si potevano utilizzare dei soldati esterni?”. Di Carlo: “Non sempre si utilizza questo metodo, si usava se si doveva uccidere uno di cosa nostra, ad esempio a Trapani o Marsala, che essendo piccoli posti ci si conosce tutti, allora si utilizzavano persone di fuori. Per un politico o altra persona al di fuori dell’organizzazione l’omicidio viene fatto da quelli del luogo. Ogni famiglia ha il proprio arsenale. Se si deve fare un omicidio a Trapani ad esempio, è la famiglia di quel luogo che mette a disposizione le armi”.
Avv. Mazzadini: “Quando lei doveva chiamare un esponente di cosa nostra come faceva?”. Di Carlo:  “C’era una carta e mi mettevo in contatto con loro, non so se nel centralino registravano la chiamata e nell’ultimo periodo di detenzione parlavo con mio cugino Gioè”.Avv. Mazzadini. “Quando conobbe Virga?”. Di Carlo: “Ricordo di averlo visto ad un incontro con Buccellato di Castellammare. Poi ricordo in altre due o tre occasioni. Io allora organizzavo questi incontri e allora veniva Buccellato con Messina Denaro e Virga, e una volta un certo Palmeri di Santa Ninfa”. Avv. Mazzadini: “Sa che lavoro faceva Virga e lo ricorda fisicamente?”. Di Carlo: “Non lo ricordo, aveva una statura media, era corpulento, quando l’ho conosciuto non portava occhiali.”. Avv. Galluffo Senior. “Lei che grado aveva nella famiglia?” Di Carlo: “Ho fatto tutti i passaggi di grado, da soldato semplice a capofamiglia”. Avv. Galluffo: “Quando li ha avuto questi gradi, prima o dopo il 1998?”. Per questa domanda c’è contestazione da parte del Pubblico Ministero. Avv. Galluffo: “Ci si può dimettere solo dal grado?”. Di Carlo: “Sì, ed io mi sono dimesso percéè non ammettevo degli omicidi al mio paese. Mi hanno portato davanti a Bernardo Brusca ed io mi sono dimesso perchè non condividevo il loro operato. Ho detto a Brusca di questo e mi affidano alla commissione”.
Avv: Galluffo: “Lei si è interessato nel 1988 ad altri omicidi importanti avvenuti a Trapani? Siè interessato dell’omicidio di un Giudice?”. Di Carlo “Si ho letto, tutti gli omicidi sono di cosa nostra. Io ci arrivo per mestiere, chiamiamolo mestiere disgraziatamente”. Avv. Galluffo: “Lei si è interessato degli omicidi Lima e Moro?” DI Carlo: “Si, Lima era mio amico e so tutto. Cosa nostra si voleva interessare per liberare Moro, ma non lo hanno voluto, lo ha detto Cossiga che si volevano rivolgere alla mafia”. Avv. Galluffo: “Quale era il mezzo di apprendimento delle decisioni della Commissione?”. Di Carlo: “Ero sempre con Riina, Brusca e Provenzano e sapevo direttamente da loro”. Presidente Pellino: “Di Carlo, ci vuole chiarire il passaggio del suo arrivo qui in Italia? Lei ha parlato di esponenti governativi”. “Di Carlo: “Ho conosciuto un uomo dei servizi in carcere in Inghilterra e l’ho messo in contatto con Gioè, ma cosa hanno combinato non lo so più. Poi mio cugino si impiccò o lo hanno impiccato”. Presidente Pellino: “Quali procedimenti aveva a carico in Italia?”. Di Carlo: “Associazione mafiosa, quando sono rientrato in Italia li ho scontati qui. Ho maturato la decisione di pentirmi vedendo quello che stava succedendo in Italia. Conoscevo il bambino Di Matteo, l’ho tenuto in braccio, anche per questo mi sono pentito. Io ho fatto entrare in cosa nostra tantissima gente, Nino e Ignazio Salvo ad esempio”.
Presidente Pellino: “Lei ha deciso di informarsi subito dopo la notizia o quando ha appreso che le indagini e i giornali parlavano di una pista interna?” Di Carlo: Sì, quando vedevo quello che scrivevano i giornali, allora iniziai a chiedere informazioni”. Finite le domande per Di Carlo.
Si scioglie la riserva sulle dichiarazioni rese da Rosario Spatola. Udienza Terminata, prossima il 28 marzo. Dovrebbero testimoniare i testi Cannas e Carla Rostagno.

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