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Analisi del voto francese. Ci prova Antonio Demuro, residente italiano

Se c’è una conclusione da tirare dopo le elezioni francesi è che il risultato del 1° turno fotografa una società sempre più sclerotizzata e ripiegata su se stessa.

Dicevo ieri che la Francia resta un paese strutturalmente ancorato a destra, e questo è vero non solo perché le cifre non sono opinabili (28,63% di Hollande + 11,11 di Melénchon + 2,31% della verde Joly + 1,15% del trotskista Poutou, fanno al massimo  43,2%), ma anche, e soprattutto, perché quelli che votano a destra sono veramente di destra. Sono cioè uomini e donne che aderiscono in pectore a valori di destra: il nazionalismo, la paura dell’altro, un certo perbenismo, il culto del lavoro, il rispetto della gerarchia, il militarismo, l’ossequio del potere, per dirne solo alcuni. Che abbiano votato Sarkozy, Le Pen o Bayrou, le molle che sono scattate al momento del voto sono state quelle.

Si parla di voto di protesta per quanto riguarda Marina Le Pen. E’ vero senz’altro, almeno per una parte di quei 17,9%. Ma chi voleva protestare l’alternativa a sinistra l’aveva ed è stata chiara, portata avanti con entusiasmo da centinaia di migliaia di persone e perfino amplificata ad un certo punto da media e sondaggi, era quella del Front de Gauche e di Mélénchon. Non l’hanno scelta, questo è il fatto! E non per svista o perché non ci vedevano più dalla rabbia, ma semplicemente perché –anche se in modo confuso– i valori, i metodi, le logiche, i principi difesi da Marina Le Pen avevano per loro una attrazione ben più grande di qualunque altra.

Per i centristi di Bayrou il discorso è analogo. Solo che quella è la destra dei tiepidi, la destra parrocchiale, quindi senza denti sempre pronti a sbranare. Ma che ha comunque al cuore del programma il “produrre e consumare francese”, la grande preoccupazione della “GRANDEUR DE LA FRANCE”, come appare in lettere maiuscole sui loro manifesti, quello che vogliono è essere primi in Europa e se fosse possibile nel mondo semplicemente perchè si considerano i migliori.

Se quindi il 6 maggio Hollande vince. Sarà lui a vincere e non la sinistra. E vincerà andando a cercare voti, magari anche uno ad uno e con qualche abile tatticismo, nelle file dell’estrema destra e fra gli apatici del centro. Ed una volta eletto dovrà ben tener conto della maggioranza che lo ha eletto. Il peso di quella maggioranza sarà la sua palla al piede, ammesso e non concesso che abbia veramente voglia di applicare il suo programma e che quel programma sia adeguato all’ampiezza e alla drammaticità della crisi francese e europea.

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