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Autogrill licenzia 76 addetti. Il Post Viola chiama al boicottaggio della catena

A parte il nuovo motivo – i 76 licenziamenti nonostante i 6 miliardi di utili – motivi per tirar dritto sugli Autogrill ce n’erano già anche altri: tipo i prezzi esorbitanti per miseri panini con un po’ di affettato a cinque euro o giù di lì.  Ma ora si aggiunge questa occasione tipo Omsa. Ecco l’articolo dell’Espresso che dà conto della campagna di boicottaggio appena avviata dal Popolo Viola contro la catena di Benetton, il signore che possiede anche una bella fetta di Argentina.

‘C’é l’Autogrill? E tu tira dritto’

di Antonio Sciotto

Si sviluppa in Rete un’iniziativa contro la società dei Benetton che possiede i ristoranti di autostrade e stazioni: boicottare i Camogli e le Rustichelle finché non ritira i 76 licenziamenti annunciati

(Espresso, 13 aprile 2011)

Questa volta Autogrill ha scelto la linea dura. La multinazionale della ristorazione controllata dai fratelli Benetton abbandona la tradizionale linea “soft” nei confronti dei sindacati e va allo scontro: 76 lavoratrici licenziate in tre punti vendita, a Roma, Bologna e Milano. Donne che stanno dietro il bancone della famosa A con il baffo da almeno venti anni, dipendenti fedeli che guadagnano dai 550 agli 800 euro al mese. Contratti tutti in regola, ma part time: e se fino a oggi era già difficile vivere con buste paga così risicate, da domani potrebbe essere impossibile, visto che la crisi picchia duro e trovare un posto per le tante che hanno già superato i 45 anni di età sarà impresa più che ardua.
Le prime lettere di licenziamento sono recapitate in questi giorni ai dipendenti del punto vendita di Milano, dal 20 aprile potrebbe toccare alle 43 lavoratrici di Roma e dal 30 aprile ai 25 addetti di Bologna.

Nel 2011 i conti di Autogrill risultavano in attivo: 5,84 miliardi di euro di ricavi, con un più 4 per cento rispetto al 2010, e un utile netto aumentato del 26,7 per cento (a 126,3 milioni). Il gruppo vanta un portafoglio marchi ricchissimo: 350 brand, tra cui Spizzico, Ciao, Burger King, Starbucks. Ben 5300 punti vendita in 35 paesi, ristoranti, bar e duty free dislocati in aeroporti, centri commerciali, stazioni, fiere, palazzi e musei. Sono 62.500 i dipendenti nel mondo, poco più di 10 mila quelli italiani. Autogrill è leader globale del settore. Un bel quadro, decisamente, ma la parte europea è in affanno, e soffre anche quella italiana.

Si è deciso così di tagliare, chiudendo tre ristoranti che tra l’altro, venendo a scadenza le concessioni e i contratti di locazione, avrebbero presentato da quest’anno un incremento dei costi notevole. Al centro commerciale la Romanina di Roma, ad esempio, nell’ultimo anno avevano chiuso i battenti già 4 punti vendita, e ne erano sopravvissuti solo 2: una quarantina di lavoratori erano già stati ricollocati negli altri 62 ristobar Autogrill del Lazio, ed erano rimasti nel centro in 43. Quegli stessi 43 che adesso si decide di mandare a casa. Lo stesso meccanismo di chiusura e licenziamento in tronco si è ripetuto anche a Bologna e Milano.

In tutti e tre i casi, la multinazionale ha rifiutato le proposte del sindacato di trovare una soluzione alternativa: «La cassa in deroga fino a fine anno, ad esempio», spiegano Katia Della Rocca e Lucia Anile della Filcams Cgil, «o il ricollocamento in altri ristoranti del gruppo. Un passaggio che può essere graduale, anche grazie agli ammortizzatori sociali che tutte e tre le regioni coinvolte si sono già dette disponibili a mettere in campo. Tra l’altro Autogrill continua ad assumere lavoratori con contratti a termine di un mese, gli ultimi 20 a Fiumicino e 3 a Ciampino: noi diciamo allora di utilizzare le dipendenti a rischio per questo turn over. Ma l’azienda non vuole sentire ragioni: l’unico destino delle lavoratrici, per loro, è l’iscrizione nelle liste di mobilità».

A Bologna e a Milano si è tentato di piazzare le addette coinvolte  nelle imprese che dovrebbero rilevare le concessioni, Compass e McDonald’s: ma questi due gruppi hanno già dichiarato che le condizioni di cambio di appalto non rientrano negli obblighi fissati dal contratto nazionale, che imporrebbe la riassunzione di tutti i lavoratori. Per Roma, invece, non c’è ancora neanche il nome del nuovo soggetto che dovrebbe subentrare nei locali dell’Autogrill. Dunque la situazione è disperata, e si tratta di una corsa contro il tempo per non restare in mezzo a una strada.

Intanto Post Viola, blog del Popolo Viola, e il sito di informazione sul lavoro l’Isola dei cassintegrati sono pronti a lanciare una campagna di boicottaggio simile a quella messa in piedi qualche mese fa nei confronti della Omsa, che licenziava 239 lavoratrici a Faenza. In pochi giorni la pagina Facebook “Mai più Omsa” aveva sfondato le 80 mila adesioni (con annesso impegno a non acquistare le calze del marchio), e altrettanto notevole era stato il passaparola su Twitter e sui blog. E da lì erano partiti i siti di informazione, i giornali e le televisioni.

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