Informazioni che faticano a trovare spazio

All’Ambasciata Argentina, tra storie di “nietos” ritrovati. Con la madre del cileno Josè che senza gambe organizzava le corsie d’ospedale e col deputato Horacio che ha ritrovato i corpi dei suoi veri genitori

Si chiamava Josè Poblete, era un cileno, militante del Mir (movimiento de la izquierda revolucionaria, un’organizzazione di estrema sinistra ai tempi di Unidad Popoular), in un incidente ferroviario perse a sedici anni le gambe, finì in un ospedale di Buenos Aires in Argentina.

E lì Josè, senza gambe, a metà degli anni ’70 – in patria c’era stato il golpe – si dette da fare organizzando gli altri degenti. Poi s’innamorò di un’infermiera, GErtrudis,  da cui ebbe una figlia. E poi nel ’76, col golpe dei militari argentini, si ritrovò di nuovo perseguitato. Josè è uno dei 30  mila desaparecidos d’Argentina.

La sua storia me la racconta la madre Roa Buscarite (nella foto qui sopra,al centro: da destra Estela Carlotto, Erminia Gianfelice, Roa e Suor Geneviève),  una delle Abuelas de la Plaza de Mayo. E’ a Roma insieme alla presidente dell’associazione,. Estela Carlotto. Estela come sempre è raggiante, Roa l’affianca. Siamo all’ambasciata argentina, piazza dell’Esquilino, per la festa dell’Argentina. E Roa racconta la sua storia che le ha permesso di ritrovare la figlia di Josè, Claudia Victoria Poblete, uno dei 500 bambini sottratti ai desaparecidos e dati a famiglie compiacenti, una dei 105 “nietos” che con la prova del dna hanno ritrovato le loro radici e la loro storia.

A Roma martedì alla Camera (ore 14,30, sala stampa di via della Missione 4) Estela e Roa, con altri, presenteranno il portale italiano con cui permettere ai giovani argentini nati negli anni della dittatura e dubbiosi delle proprie origini di poter indagare (col dna) sulla propria vera famiglia.

Roa racconta. E accanto c’è il deputato argentino Horacio Pietragalla, un altro dei 105 “nietos” che hanno ritrovato le loro vere origini.

Horacio è figlio di Horacio, un dirigente “montonero” desaparecido nel 1975 – prima ancora del golpe che è del ’76 -, allora giovane studente di sociologia di 27 anni, eliminato a Cordoba nell’ottobre del 1975. Sua madre Eliana, anche lei dei “montoneros”, è stata invece uccisa in provincia di Buenos Aires nell’agosto del 1976. Quando Eliana viene uccisa il figlio ha appena 5 mesi e viene affidato dai militari alla famiglia Castillo, legata ai militari golpisti, che lo ribattezza come Cesar Sebastgian Castillo.

Il giovane all’età di  27 anni – era il 2003 –, poco convinto delle proprie origini (“i miei presunti genitori erano piccoli di statura, io invece sono alto due metri”, spiega) ha avviato la ricerca sulle proprie origini, dubitando di ciò che era. E il dna gli ha permesso di riscoprire non solo se stesso ma anche i genitori, ai quali è stata data finalmente una sepoltura. Ora ha ripreso il nome di suo padre, Horacio. E il padre ha oggi una tomba nel cimitero di San Vicente: ritrovato in una fossa comune di 200 corpi è uno dei 12 riconosciuti.  Sua madre Eliana è uno dei corpi recuperati dai depositi giudiziali, il dna del figlio ha combaciato col suo.

Due storie che vengono dall’Argentina e che ci riguardano da vicino. Se non altro perché Pietragalla era una famiglia originaria di Potenza, la madre del deputato faceva invece Beretti…

(nella foto Estela a destra con Roa al centro)

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