Informazioni che faticano a trovare spazio

Domenica 3 a Sant’Arpino (Caserta) per ricordare i Mille e il tenente Giuseppe Macrì (più Filumena a’ mort…)

Domenica 3 giugno a Sant’Arpino (Caserta), i Mille. Se ne parla alle 11 nel Palazzo Ducale (nella foto) Organizzato dalla Pro Loco  l’incontro sul libro “La lunga notte dei Mille”, presente l’autore, è un’occasione anche per riscoprire  un garibaldino messinese, il tenente Giuseppe Macrì, che dopo la Spedizione del 1860 si stabilì nel paese. Macrì si accompagnava a Donna Filumena a’ mort. Di loro parlerà Giuseppe Dell’Aversana.

Ripropongo qui di seguito uno scritto che mi è stato inviato da Aldo Pezzella, dirigente della Pro Loco di Sant’Arpino.

Circa la fascinosa storia del Tenente Macrì e di <<donna Filumena a’ mort>>

Le ultime vicende amministrative, che sembrano finalmente aver portato alla risoluzione dei problemi che impedivano la ristrutturazione del Palazzo Ducale, mi hanno riportato alla mente la magica figura del Tenente Giuseppe Macrì da Messina, ultimo proprietario del palazzo ducale. Molti conoscono solo di nome questo misterioso personaggio che la storia ha catapultato nel nostro paese e nonostante vi sia un circolo a lui dedicato sono in pochi a conoscere la vita di questo grande benefattore della nostra

comunità.

Ho avuto modo di conoscere a fondo la vita di questo straordinario siciliano quando nell’ottobre del 1986, assieme ad altri amici della Pro Loco, decisi di ripulire e di riattare la sua cappella al cimitero, chiusa da quasi dieci anni ed ormai ridotta in condizioni disastrose. Poiché avevo intenzione di scrivere dei cenni biografici per sistemarli poi sulla sua cappella, feci una serie di interviste agli anziani del paese e ciò insieme alla lettura del Testamento mi portò alla conoscenza di un personaggio unico che già aveva stimolato la mia fantasia per la strana forma della sua cappella. Giuseppe Macrì nacque a Messina l’8 luglio del 1843, rampollo di un’agiata famiglia siciliana, si unì alla camicie rosse di Garibaldi quando queste sbarcarono in Sicilia per liberare il Meridione dai Borboni. Arruolatosi con il grado di Sergente, seguì Garibaldi fino alla liberazione di Napoli ed alla storica battaglia sul Volturno. Molto probabilmente fu durante questi eventi che ebbe modo di conoscere Sant’Arpino. Alla fine della guerra, integrato come gran parte dei garibaldini nel neo esercito italiano, diviene Tenente dei granatieri tornando più volte nelle nostre zone fino a quando nel 1903, sessantenne, abbandonato l’esercito e passato alla’attività di agricoltore-commerciante, acquista il palazzo ducale per 14.500 lire, ormai abbandonato dai Caracciolo a cui l’immobile era passato per ragioni ereditarie. Grazie a questo nuovo lavoro riesce subito ad integrarsi nel nostro paese allora centro agricolo-canapiero, stabilendo, egli socialista razionale ed ex garibaldino, un buon rapporto con i contadini ed i lavoratori della canapa. Raccontano i più anziani che era un uomo alto, robusto, spesso vestito di bianco, parlava un italiano con forte accento siciliano, aveva un paio di baffi grandi e ben curati. Nel cortile del palazzo cresceva maiali, papere, galline, conigli e teneva delle vasche con anguille, secondo alcuni anziani aveva anche una coltivazione di bachi da seta. Mangiava spesso pan di spagna che si faceva appassionatamente preparare con le uova delle sue galline. Era solito, negli ultimi anni della sua vita, recarsi presso Napoli ed al suo ritorno alla stazione lo aspettavano gruppi di ragazzini che gli facevano compagnia fino al palazzo ove egli li compensava con i centesimi che tirava fuori dalle tasche del suo panciotto. Macrì aveva con sé una donna misteriosa, una certa Filomena Passero che egli definiva scherzosamente suo ministro degli interni. Costei, come dice una filastrocca santarpinese, ancora ricordata dai più anziani, non gli era né moglie, né sorella, né parente ma solo donna Filomena del Tenente. Donna schiva e solitaria non usciva mai dalle mura del palazzo ed era spesso oggetto di beffe e scherni da parte dei ragazzini a cui ella negava l’accesso ai numerosi frutti del giardino del cortile. Per il suo aspetto trasandato venne soprannominata << FILUMENA A’ MORT>> ed è così rimasta impressa nella memoria popolare che ancora oggi a Sant’Arpino quando si vede una donna vestita male si dice <<me pare donna Filumena d’ ‘o Tenente>>.

Si racconta che Macrì durante le feste patronali non permise mai l’ingresso della statua di S. Elpidio nel palazzo. Grande passione del Tenente era lo spiritismo che egli considerava una scienza degna delle civiltà più evolute.

Si fece costruire un tavolo rotondo apposta per le sedute spiritiche che faceva nelle stanze del palazzo ducale e ciò contribuì ad alimentare fra la gene la leggenda dei fantasmi e delle apparizioni ultraterrene nel palazzo stesso. Ancora in vita si fece costruire la cappella mortuaria con la forma di un cerchio che racchiude un triangolo ed in questa cappella priva di croci fece seppellire anche Filomena Passero morta prima di lui.

Nel suo testamento lasciò tutti i suoi beni immobili e le relative rendite al comune di Sant’Arpino il quale con tali rendite aveva l’obbligo di istituire un circolo spiritico, di fare beneficenza ai poveri ogni 2 novembre dell’anno, di elargire borse di studio per il francese ed infine di tenere sempre in stato decoroso il palazzo e la cappella.

Lasciò numerosi libri e vari mobili. Per sua espressa volontà sia lui che Filomena sono sepolti in posizione verticale anziché orizzontale. Nella sua cappella vi fece mettere la spada, le divise, numerose foto di famiglia ed altri oggetti personali; di tutto ciò quando abbiamo aperto la cappella io ed i miei amici, abbiamo trovato solo due sue foto semidistrutte fra i calcinacci che erano caduti dalle pareti.

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