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Processo Rostagno: Patti e Marchese, due pentiti, raccontano i delitti di mafia, la cupola che comandava a Trapani, il tiratore scelto Vito Mazzara…

32° udienza del processo per l’omicidio di Mauro Rostagno, Aula Falcone, Trapani, 20 giugno 2012 (nel fotokit Matteo Messina Denaro).

Aula di Corte di Assise di Trapani..Solo due testi., Antonio Patti e Giuseppe Marchese.
Rispetto ai testi assenti il cancelliere afferma che Francesco Elmo ha prodotto certificato medico per giustificare l’assenza….
Oggi sono stati citati Mutolo, Marchese e Patti…..E’ impedito per ragioni di salute Gaspare Mutolo,  gli altri due sono presenti
Si comincia con Antonio Patti (sentito in videoconferenza):
Le domande dell’avv Vito Galluffo difensore dell’imputato Vito Mazzara……La storia di Antonio Patti….Marsalese….”Oggi sono libero, ho avuto condanne per omicidio”.
A suo carico una quarantina di omicidi o direttamente o contribuendo…..Condannato per omicidi e associazione mafiosa…
”Ero uomo d’onore, appartenevo alla famiglia di Marsala, ero in Cosa nostra ….Ho fatto giuramento nella famiglia di Marsala quando capo era Vincenzo D’Amico con la santina che bruciava tra le mani ….presenti erano i componenti della famiglia di Marsala….affiliazione avvenuta nel 1979….il giorno che faceva il compleanno mio cognato Titone Antonino…rimasto dentro Cosa nostra fino al 1995….ero capo decina della famiglia di Marsala….avevamo rapporti con tutte le famiglie mafiose della provincia ….i rapporti erano intensi….poi a me mi chiamavano sempre….io ero uomo di fiducia di Ciccio Messina di Mazara detto u muraturi….conoscevo bene Ciccio Messina Denaro….Matteo Messina Denaro….abbiamo fatto pure qualche cosa assieme…omicidio….ricordo che una volta andammo a Partanna a fare un omicidio e ci eravamo nascosti in una casa dove abbiamo aspettato per due o tre giorni la persona che dovevamo ammazzare….c’erano anche Vito Mazzara, Giovanni Leone,  c’era Ciruzzu un ragazzo di fiducia di Matteo, poi c’era Pandolfo un dottore. Questo delitto interessava a lui…due omicidi nella stessa mattinata….siamo andati in questo posto, un imprenditore dovevamo ammazzare, avevamo un furgone, Ciruzzu guidava una macchina e Matteo Messina Denaro era con Ciruzzu…ricordo abbiamo fatto questo delitto eclatante…ho commesso omicidi a Marsala, Partanna, a Partanna ho partecipato ma non ho ucciso io….Campobello, Alcamo, a Trapani no….anche a Rimini…..A Partanna usammo anche un kalashnikof……A Vito Mazzara in quell’occasione vidi usare un fucile, era abile lui, era campione di tiro a volo…”.
Domanda dell’avv. Galluffo sulla collaborazione……”Io ho collaborato con tutto il cuore”, risponde Patti
Il difensore ha esaurito le domande….Tocca al pm Del Bene
Patti: “Non so nulla del delitto Rostagno”.
“Io con Mariano Agate mi frequentavo, lui aveva una cantina a Mazara e lì lo andavo a trovare…si parlava del più o del meno.,…ma di Rostagno non mi ha mai parlato….Ciccio Messina u muraturi aveva rapporti con Totò Riina, Riina lo voleva bene…..Ciccio Messina diceva che era uomo di fiducia di Riina, si frequentavano, assieme a Riina ho partecipato a riunioni….”.
Francesco Milazzo lo conosce? “Io Vincenzo Milazzo lo conoscevo, era il rappresentante di Alcamo…”.
E Vincenzo Virga? “Era il rappresentante della città di Trapani ma con lui non ha mai fatto niente…..Mi è stato presentato così…lui mi conosce bene…..mi fu presentato nel periodo del 1980….negli anni 80 prima a Trapani c’era un vecchio rappresentante, Totò Minore, che poi hanno fatto sparireAl posto di Minore arrivò Virga…”.
Il pm chiede: un omicidio fatto a Trapani da chi doveva essere autorizzato?
“Dal rappresentante di Trapani…”. E nel 1988 chi era il rappresentante? “Io dal 1986 al 1989 ero in carcere, ma lo stesso sapevo che Virga comandava a Trapani….”.
Ma se lei era nel 1988 in carcere come faceva ad incontrare Agate? “Io a Mariano Agate l’ho incontranto nel 1989/1990…”.
Lei nel 1988 era libero o detenuto? “Detenuto”,  (quindi all’epoca del delitto Rostagno Patti era in carcere)…..
“Nel 1988 capo di Trapani era Vincenzo Virga…..e Vincenzo Virga lo sa…”.
Ma un delitto commesso a Trapani o in altro luogo veniva comunicato alle altre famiglie? “No”, risponde Patti…..”Bisogna vedere però che omicidio si commetteva….se è importante bisognava essere autorizzato dalla cupola provinciale”.
Vito Mazzara lo conosceva? “Si,  era della famiglia di Valderice”.
“Vito Mazzara aveva un fucile suo……lui lo poteva portare in giro perché aveva un porto d’armi…era un calibro 12 mi pare 5 colpi…”..
Natale L’Ala lo conosce? “Era uno che dava fastidio a Campobello di Mazara….per tre volte dovevano ucciderlo….Poi l’hanno ammazzato….ma io non c’ero”.
Commentò con Agate questo delitto e le ragioni del delitto? “No, no….”.
Fine domande del pm Del Bene….Nessuna domanda parte civile…..Riesame dell’avv Galluffo.
“Io sono appartenuto a Cosa nostra….mafioso è una parola che non mi piace….”.
Le domande ora della Corte…..
L’Ala era dentro Cosa Nostra? “No…non so niente di questo L’Ala…”.
Lei ha detto che per omicidi eclatanti si discuteva…ci voleva qualcosa…una autorizzazione…ci spiega cosa accadeva? “In Cosa nostra si deve riunire la provincia, la provincia è composta da un rappresentante un consigliere e due capidecina…..Vincenzo Virga faceva parte della provincia, anche Agate Vincenzo Milazzo Ciccio Messina Denaro….Marsala faceva mandamento con Mazar,a noi eravamo sotto di Mazara come Paceco è sotto Trapani e Castellammare è sotto Alcamo….Questi soggetti si riunivano per decidere omicidi e clatanti…..ma io che appartenevo a Cosa nostra non dovevo sapere per forza quello che di discuteva e si decideva si capiva.”.
Giudice Pellino: nel 1988 chi era rappresentante provinciale? “Ciccio Messina Denaro, il padre di Matteo Messina Denaro….”. Nell’omicidio di Partanna con Vito Mazzara, che tipo di fucile venne utilizzato da Mazzara? “Il fucile era a canna lunga calibro 12, cinque colpi….in origine tre colpi, lui lo aveva modificato.”.  Che munizioni aveva? “Le cartucce calibro 12 a pallettoni c’erano piccole grosse….a unica palla…non so che cartucce usò…”. Che dinamica usarono? “Alla guida c’era Ciruzzu, amico di Matteo Messina Denaro,  accanto a Ciruzzu c’era Matteo. Era un fiorino furgonato, noi abbiamo messo la carta per coprire i vetri….e noi eravamo dentro quel furgone, io, Vito Mazzara, Giovanni Leone…..Loro sono scesi prima, ha sparato Mazzara all’imprenditore che doveva essere ucciso, ha sparato da una quindicina di metri….tanti colpi si sono sparati, Giovanni Leone ha sparato ad un’altra persona vicino all’imprenditore, io non sono nemmeno sceso….quella scena ce l’ho davanti agli occhi….dentro il furgone c’era un ragazzo di Partanna incappucciato che ha indicato chi doveva essere ucciso….la vittima era ferma, dirigeva dei lavori in muratura….è stato un attimo, questione di minuti, manco di minuti…”.
Le armi usate che fine fecero? “Le abbiamo lasciate nel furgone o se le è portate Ciruzzu…..non ricordo…..
Domanda avv Crescimanno: lei era armato? “Una 38 avevo….”. Domanda avv Galluffo: ricorda complessivamente quante armi e quali armi c’erano? “Un fucile calibro 12, una pistola, un kalashnikof, Matteo Messina Denaro aveva una 357 magnum, eravamo in sei tutti armati….tutti con armi diverse…”.
Fine dell’esame di Antonio Patti.
Adesso tocca a Giuseppe Marchese, anche lui pentito.
Teste Marchese Giuseppe.
Domande dell’avvocato Vito Galluffo: lei apparteneva a Cosa Nostra? “Appartenevo a Cosa nostra negli anni 80….uomo d’onore nella fine 80 inizio 81….facevo parte della famiglia di corso dei Mille mandamento Ciaculli capeggiato da Michele Greco detto il papa, c’era mio zio…..Sono stato soldato semplice…killer….ero il killer della famiglia…..ho partecipato a parecchi omicidi, la guerra di mafia dalla morte di Bontade e Inzerillo…..non mi ricordo quanti omicidi ho commesso….non me lo posso ricordare di preciso….saranno 15, venti omicidi…..tutti delitti nel palermitano, anche nelle provincie, ne ho fatti anche diverse lupare bianche a San Giusppe Jato….in provincia di Trapani,  a Catania…mio padre a Trapani ha fatto latitanza, mio cognato leoluca bagarella stava a Trapani, molti erano legati a Mariano Agate braccio armato di Riina, c’era Milazzo Vincenzo, Peppe Ferro, erano con l’ala corleonese…Bagarella era cognato di Riina. Bagarella era sposato con mia sorella Vincenza Marchese….la mia combinazione doveva essere riservata..”.
Marchese: “La maggior parte di tutti gli omicidi commessi li ho fatti quando ero minorenne…”.
Domanda su Mariano Agate……”Era una sorta di pacificatore, ma anche l’ala armata di Totò Riina…siamo stati assieme in carcere….anche a Trapani…”.
“Era stata progettata una fuga dall’Ucciardone attraverso un tunnel….avevano trovato i macchinari…..poi non è stato fatto più niente, Riina ha bloccato tutto perchè pensava che uscendo tutti quegli ergastolani poteva essere un pericolo per lui…”.
“Mariano Agate ha partecipato a livello operativo per uccidere in carcere Vincenzo Puccio all’Ucciardone..”.
Lei era detenuto in carcere durante il periodo in cui era sotto processo per il delitto del sindaco di Castelvetrano Lipari? “Si…”. Lei ricorda di essere stato sentito sul delitto Rostagno? “Non ricordo”. Avv.Galluffo: era il 5 maggio 1995…..Lei disse…ricordo che Agate detenuto per maxi processo a Palermo era anche sotto procesos a Trapani per il delitto Lipari…..”Si,  si, confermo”.  Domanda: parlavate spesso delle vicende giudiziarie? “Spesso capitava del maxi processo, dei miei processi..”. Ricorda se erano presenti anche altri quando parlavate di queste vicende? “Ci poteva essere Bagarella, mio fratello, altri uomini d’onore, qualche volta eravamo anche da soli…”. Agate ebbe mai a lamentarsi di Rostagno? “Non mi ricordo, spesso si parlava di vicende, non mi ricordo di preciso, sono passati tanti anni, con Agate ho avuto ottimi rapporti dentro e fuori dal carcere anche con il figlio Epifanio, con la moglie…..Avv Galluffo ricorda un interrogatorio. “Nel periodo di codetenzione ho parlato con Agate e altri compagni, non ricordo di avere saputo da Agate o da altri di lamentele in ordine a servizi giornalistici di Rostagno per il delitto Lipari.. Non ricordo di argomenti specifici si parlava del più o del meno…”.
Pm Del Bene: nel 1988 ricorda lei dove era detenuto? “Facevo spola tra Ucciardone, Voghera,  Termini Imprese, non mi ricordo dove ero detenuto nel 1988…..avevo il delitto per l’omicidio dei Pitarresi…in quel periodo forse feci finta di essere pazzo e mi portarono anche a Milano per una perizia…”. Ricorda nel 1988 dove era Agate? “Non mi ricordo…”. Agate era una persona riservata o solitamente parlava con gli altri detenuti? “Era molto riservato…..Lui stravedeva solo per poche persone, pochi fidati….spesso lui si appartava con queste persone…..come Bagarella..”. Lei rientrava in questo gruppo? “Certe volte per non dare nell’occhio non si faceva comunella…”.
“Con Agate mi sono ritrovato a parlare quando c’era da uccidere Puccio….ma se a parlare erano Agate, Pippo Gambino, Luciano Liggio quando era l’ala corleonese magari restavano solo loro a parlare senza altri, i corleonesi erano molto riservati…”. Agate doveva essere sollecitato o decideva lui di cosa parlare? “No, era lui….a decidere di cosa parlare….Lui Bagarella e Salvino Madonia erano sempre all’aria a parlare, ma erano solo loro…”.
Domanda avv Crescimanno: ha mai saputo nulla del delitto Rostagno? “Solo quando fu commesso…”.E prima? “No, non ricordo…” .Lei a Trapani era detenuto nello stesso braccio con Mariano Agate? “No, in un altro braccio, Agate mi mandava i saluti con mio fratello o con mio cognato Cagarella”.
Domande del presidente Pellino: Mariano Agate lui ha mai parlato con lei di omicidi che a lui erano interessati o interessavano? “A parte quello di Puccio….non è che si chiede del perché degli omicidi o se ne parla o non se ne parla si sa la matrice da cui viene…lui magari parlava con cagarella,  io ero un ragazzetto..”.  Sa nulla su Natale L’Ala? “Ne ho sentito parlare ma non mi ricordo..”. Puccio Vincenzo aveva agganci a Trapani? “Non lo so”.
Esame esaurito.
Prossima udienza 6 luglio…..Esame del consulente balistico della difesa…..Per Elmo si va al 18 luglio……Disposta visita fiscale per Elmo…..
Per il 18 Di Ruvo Anna Maria….anche disponendo accompagnamento….chiede avv Galluffo
18 luglio Mutolo, Di Ruvo ed Elmo…Dal 18 luglio si andrà al 26 settembre…..giorno dell’anniversario del delitto Rostagno quando saranno passati 24 anni.
Il presidente Pellino anticipa che dopo l’esame del consulente balistico si farà il punto su eventuali altre iniziative dibattimentali……(si profila un nuovo incarico di perizia)…udienza conclusa.

Il delitto di Mauro Rostagno: Patti, ecco come Cosa nostra uccide

Di Rino Giacalone

Due testi, due collaboratori di giustizia citati dalla difesa dell’imputato Vito Mazzara davanti ai giudici della Corte di Assise che sta processando presunto mandante e presunto assassino di Mauro Rostagno. Si tratta degli ex uomini d’onore Antonio Patti, di Marsala, e Giuseppe Marchese, palermitano. La difesa di Mazzara li ha citati “a colpo sicuro”: nei verbali della istruttoria sono tra quei collaboratori di giustizia che alla domanda se sapevano qualcosa del delitto di Mauro Rostagno hanno risposto “picche”, cioè di non sapere nulla. In un processo dove c’è chi forse pensa che la mafia non dovrebbe essere imputata ma semmai parte civile, per l’attribuzione che a Cosa nostra si è fatta di questo delitto, le due testimonianze sulla carta dovevano probabilmente servire a delineare lo scenario di non colpevole per Cosa nostra e per i suoi due imputati, Virga e Mazzara, conclamati mafiosi. E invece? Non è andata proprio così.

Tutti e due, Patti e Marchese, hanno confermato ciò che tanto tempo addietro avevano detto a verbale, e cioè di non sapere nulla del delitto di Mauro Rostagno. Ma in particolare Antonio Patti pur non dicendo nulla sul delitto ha bene descritto gli scenari di Cosa nostra quando c’è da commettere un delitto eccellente, ha parlato delle abitudini di Vito Mazzara, ha ribadito il ruolo di capo mandamento di Vincenzo Virga. Vito Mazzara ha ascoltato senza battere ciglio dalla cella dell’aula: completo in blu, tipici pantaloni e camicia estiva, sono lontani i tempi in cui smagrito si presentava al cospetto dei giudici, condannato all’ergastolo per l’omicidio dell’agente penitenziario Giuseppe Montalto i primi anni in cella non debbono essere stati una passeggiata per lui, poi con l’andare del tempo le tensioni si sono allentate; tensioni che erano conosciute anche fuori dal carcere, i boss parlando di lui erano sempre preoccupati che quello che viveva in carcere poteva portarlo a pentirsi, “lui è un pezzo di storia”, questa la “certificazione” su chi è Vito Mazzara tratta dalla “viva voce” dei suoi complici, in alcune delle intercettazioni relative a indagini antimafia condotte in provincia di Trapani. Tanto importante Vito Mazzara che pensavano anche a come poterlo farlo evadere dal carcere.

Vincenzo Virga segue il processo in video conferenza invece, detenuto nel carcere di Parma, ieri con una sgargiante camicia ben stirata, colore lilla, attraverso il video lo si è potuto ben vedere, era seduto al fianco di uno dei suoi due difensori, Vezzadini, l’altro, Giuseppe Ingrassia è presente invece a Trapani, nell’aula della Corte di Assise. Virga e Mazzara tutti e due molto attenti hanno seguito l’udienza. Antonio Patti ha raccontato la sua storia di mafioso e poi di collaboratore di giustizia. Oggi è libero, vive in località protetta, reo confesso di delitti, ha scontato ogni pena. Ha spiegato perché del delitto Rostagno può non sapere nulla sebbene lui stesso ha detto di essere stato uno di quelli sempre tenuto in grande considerazione dai vertici di Cosa nostra. “I delitti eccellenti li decideva la “provincia”, della provincia facevano parte “Ciccio Messina Denaro, Vincenzo Virga, Mariano Agate…non è che per ogni decisione si sapeva qualcosa….ma si capiva quando succedeva qualcosa di eclatante che sapore aveva”. Come dire….io non so nulla del delitto di Mauro Rostagno ma nessuno ha chiesto in giro se c’entrava la mafia….”non ce ne era bisogno di chiedere”…dentro Cosa nostra altri pentiti hanno detto che la regola principale è quella di non fare tante domande. “Io che appartenevo a Cosa nostra – ha detto Patti durante la sua testimonianza – non dovevo sapere per forza quello che di discuteva e si decideva….si capiva”. Già si capiva…..nel caso per il delitto Rostagno chi doveva capire in tempo pare non capì, la mafia uccideva e chi indagava volgeva lo sguardo altrove…

Ma la testimonianza di Patti se nulla di specifico ha portato a proposito delle responsabilità dell’omicidio di Mauro Rostagno, ha introdotto circostanze lo stesso utili. Sul conto di Vincenzo Virga per esempio, “era lui dagli anni ’80 in poi il capo della mafia di Trapani”, e ad un tentativo di opposizione dell’avv. Vezzadini ad una domanda del pm Francesco Del Bene, Patti è intervenuto dicendo “…ma tanto Vincenzo Virga lo sa che lui era il capo mafia di Trapani”. E sulle abitudini di Vito Mazzara. Patti ha detto che con lui, con Matteo Messina Denaro, con Giovanni Leone, con un certo “Ciruzzu” ed un soggetto rimasto senza volto, un giovane di Partanna, partecipò ad un duplice delitto a Partanna (qulo di Giuseppe Sciacca e di Rosario Piazza ndr): “Eravamo tutti armati, per entrare in azione abbiamo atteso due giorni restando in una casa di Partanna, poi ci siamo mossi con un furgone Fiorino, guidava Ciruzzu e affianco a lui c’era Matteo Messina Denaro, io, Mazzara, Leone, eravamo dentro nella parte chiusa del furgone, al segnale sono scesi Mazzara e Leone, loro hanno sparato, io non mi sono mosso non ce ne è stato di bisogno, Vito Mazzara ha usato un suo fucile, lui aveva il porto d’armi, con questa scusa poteva camminare armato, era campione di tiro a volo, e l’ho visto sparare da vero professionista, ha colpito la sua vittima da meno di 15 metri, l’imprenditore era la vittima designata, poi Leone ha ucciso l’altra persona non c’entrava niente ma era lì”. “E’ una scena che ho ancora davanti ai miei occhi…è stata questione di minuti…anzi manco di minuti…attimi”. I tempi dei delitti di mafia, forse proprio come è successo per Mauro Rostagno. Patti ha spiegato le abitudini, che talvolta quando c’era da fare omicidi c’era chi metteva a disposizione le armi, ma Vito Mazzara camminava con un suo fucile: “Era un calibro 12, modificato, invece di sparare tre colpi, ne poteva sparare cinque”. Ha parlato senza tentennamenti, non ha suscitato dubbi, ha mantenuto fede al suo comportamento, a proposito del suo passato ha detto “…io sono appartenuto a Cosa nostra mafioso è una parola che non mi piace”, e relativamente alla collaborazione con la giustizia, “…io ho collaborato con tutto il cuore”. La difesa con le sue domande pensava di avere fatto centro quando ad un certo punto ricostruendo la tela degli incontri con Mariano Agate, Patti aveva detto che nemmeno parlando con il capo mafia di Mazara aveva saputo nulla sul delitto Rostagno, sebbene la ricostruzione fin qui emersa vuole che Rostagno con i suoi servizi giornalistici sul processo per il delitto del sindaco di Castelvetrano, Vito Lipari, dove Agate era imputato, aveva creato tanto fastidio; e invece alle domande del pm del Bene il mistero è stato risolto, nel periodo del delitto Rostagno, in quel 1988, Antonio Patti era in carcere, già dal 1986, non poteva mai avere parlato, perciò, in quel periodo, con Mariano Agate che, si sa per certo, era molto risentito dei servizi in tv di Rostagno. Giuseppe Marchese anche lui sul delitto Rostagno non ha saputo dire nulla di specifico, sul comportamento di Mariano Agate, in generale, invece qualcosa ha detto, “lui era una sorta di pacificatore ma era anche l’ala armata di Cosa nostra, l’uomo di Totò Riina”. Con Mariano Agate, Gisueppe Marchese, fratello di Vincenzina, la moglie, morta suicida, di Leoluca Bagarella, è stato per un periodo in carcere, ma anche in questo caso confidenze pochissime, ”le cose più delicate le discutevano in pochi e non c’era possibilità di chiedere…nemmeno io che ero un uomo d’onore riservato per volere di Totò Riina”.

Rino Giacalone

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