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Bidelli: storia di Rocco, ogni giorno 600 km per andare a lavorare in un liceo di Roma…

Il bidello del liceo Visconti si alza alle quattro del mattino per venire da un paese del salernitano a Roma. Ogni giorno, per 956 euro al mese di cui quasi metà se ne vanno per le spese di viaggio. Probabilmente Rocco Pesce – questo il suo nome – non avrà apprezzato la Finocchiaro a Porta a Porta, ma magari dormiva già visto le levatacce che deve fare ogni giorno.

Dunque la sua storia l’ho raccontata qualche anno fa sulle pagine romane del Corriere. Giustamente gli fu dedicata quasi una pagina. Perché? Per la vita pazzesca che doveva fare per raggiungere e lasciare Roma, giorno dopo giorno, in un ping pong di centinaia di chilometri tra casa sua e il liceo del Collegio Romano.

Dunque si trattava – vado a memoria – più o meno di questo: alzarsi alle 2,30, raggiungere da casa in auto una stazioncina, da lì prendere un primo treno per Salerno, cambiare a Salerno salendo su un treno del Sud per arrivare a Roma verso le 7,40.

Correre poi  trafelato dalla Stazione Termini con un autobus fino alla fermata del Plebiscito, accanto a piazza Venezia, perlomeno finché c’era la fermata perché poi Berlusconi tramite il prefetto Pecoraro riuscì ad eliminarla per qualche anno per ragioni di sicurezza (!).

Dalle otto alle due lavorare quindi come bidello, nella caciara degli studenti del liceo più blasonato della città e poi tornare a Termini e rifare la trafila di ritorno. Cena alle 19 e poi a letto, per rialzarsi alle quattro di notte. Ecc ecc.

Direbbe il nostro: “Siamo bidelli, mica parlamentari…”. Già, appunto. Per meno di 900 euro al mese. Pagandosi l’abbonamento e non gratis come fanno i signori e le signore di Montecitorio e Palazzo Madama. Usando una propria auto su cui pagare la benzina e mica su un’auto blu con autista. Consumando a pranzo un panino portato da casa e non andando di certo al ristorante del Senato che è così poco caro e ha talmente portate interessanti. Ecc ecc.

Grazie, bidello, che vieni dal salernitano a Roma, tra i ragazzi che sono passati dal Visconti ti sei fatto molti amici riconoscenti. E grazie al tuo lavoro riesci perfino a non vedere Vespa e i suoi clienti affezionati.

LA STORIA : Rocco Pesce

«Io, bidello pendolare, avvilito dai falsi colleghi»

«Questa storia dei bidelli falsari mi avvilisce. Sentire che vengono come me dalla Campania mi fa rabbia. Sapevo di qualcuno che in passato era stato allontanato dal liceo. Io invece sono qui, col mio diploma di scuola media e una vita d’ inferno. Ogni giorno vengo dalla provincia di Salerno, 600 chilometri avanti e indietro. Mi alzo alle 2.30 del mattino…» Lo scandalo dei bidelli e un bidello in carne e ossa come Rocco Pesce, del liceo Visconti, con una vita tutta in salita da raccontare. LA STORIA «Io, bidello onesto, su e giù da Salerno a Roma per 956 euro» Vita da bidelli. Francesco, Renzo e Angela sono gli unici tre, su dieci, che abitano a Roma. Gli altri sette sono tutti pendolari: Giuseppe viene da Ostia, Mirella da Ladispoli, Antonio da Orte, Giovanna da Rieti, Cinzia da Cavignano (Rieti) e Carmela da Aversa. E poi c’ è Rocco, il recordman, che viene addirittura da Asiano, in provincia di Salerno, compiendo ogni giorno avanti e indietro 600 chilometri, usando la sua vecchia auto a gas, poi un faticoso treno della notte partito da Reggio Calabria e infine il pullman dell’ Atac per ripetere la stessa trafila all’ inverso per il ritorno. Sono dieci i bidelli del liceo ginnasio statale Ennio Quirino Visconti. Ma è Rocco Pesce, 45 anni, bidello da cinque nel liceo più rinomato della città, ad essere una sorta di record umano vivente. Ogni giorno affronta oltre 7 ore di viaggio da pendolare (ma a volte sono anche di più, a seconda dei ritardi) che si vanno ad aggiungere alle 6 di lavoro contrattuale, totalizzando sul tragitto casa-casa una quindicina di ore che iniziano con la levata delle 2,30 di ogni mattina e terminano al pomeriggio alle 17,30. Una vita da inferno in cambio di 956 euro al mese, con spese da pendolare che raggiungono quota 430 euro. In tasca a Rocco Pesce di euro ne restano poco più di 500. Più la rabbia di ritrovarsi oggi confuso con i bidelli inquisiti per le falsificazioni dei loro presunti titoli con cui si sono infiltrati negli istituti scolastici romani. «Nella vita mi mancava questa storia dei bidelli falsari della Campania – premette Rocco Pesce attorniato da alcuni colleghi – Figuriamoci che rabbia mi dà. Io sono qui con la coscienza a posto e col mio diploma di scuola media. Più il punteggio che mi colloca 869° in graduatoria. Ho un contratto annuale fino al 31 agosto e me lo rinnnovano in settembre. Va avanti così, tra tante ore di sonno perse e tanta fatica, da sei anni. Altro che falsario, questo è purtroppo il mio pane quotidiano… E poi se volevo rubare lo avrei fatto prima». «Sì, in passato avevo saputo di qualche bidello che era stato allontanato da questo liceo – prosegue Rocco Pesce – Ma non pensavo che fossero i primi sintomi di questa inchiesta che si è rovesciata purtroppo addosso su tutti noi, anche sugli onesti. Io non voglio giudicare nessuno. Però sono qui col mio fardello e già ne ho abbastanza a cui pensare…». «Ho due figli, uno di 20 che fa il volontario nell’ esercito e una figlia di 17 che studia. Mia moglie è invalida, ha il rene trapiantato, e percepisce 736 euro di pensione. Senza la sua pensione non saprei come andare avanti. Mi ero iscritto alle graduatorie del provveditorato quando ancora facevo il tappezziere, il secondo mestiere fatto dopo quello di meccanico. Era il 1986, mi hanno chiamato alla fine degli anni ‘ 90 con un telegramma. E ho accettato subito, nonostante la distanza, perché spero prima o poi di potermi avvicinare a casa. Ma ora come ora non ho alcuna possibilità di chiedere il trasferimento. Mi restano le spese per venire ogni giorno a lavorare. Un centinaio di euro per la mia Golf a Gpl con cui faccio i 20 chilometri da Asiano a Salerno, altri 150 per l’ abbonamento al treno che prendo alle 3,40 e che mi scarica a Termini alle 7,30 se va bene, i 230 per l’ abbonamento Atac. Mia moglie mi guarda al ritorno ogni pomeriggio quando rientro e scuote la testa. Ma che alternativa ho?». Gli altri bidelli che lo attorniano lo guardano mezzo ammirati. E lui conclude: «Siamo napoletani, abbiamo imparato a tirare la cinghia…». Paolo Brogi

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