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Non è reato chiamare Erich Priebke “boia”. Così la Cassazione

Non è reato chiamare Priebke “boia”. Lo ha stabilito ieri la Cassazione, che ha così confermato i primi due gradi di giudizio. A ricorrere contro Repubblica erano stati Priebke e il suo difensore-ospite Giachini. Ecco Gabriele Isman su repubblica..it del 10.4.13:

ERICK Priebke «eseguì sentenza di morte» alle Fosse Ardeatine, e la definizione di boia non è quindi diffamatoria: a stabilirlo è stata ieri la Terza sezione civile della Cassazione, bocciando il ricorso presentato da Paolo Giachini, avvocato dell’ex nazista che a luglio compirà 100 anni. Analoga decisione era arrivata nei primi due gradi di giudizio.

Il legale aveva presentato una richiesta di danni per diffamazione, chiedendo un risarcimento di oltre 120 mila euro — ovvero 250 milioni delle vecchie lire — a Repubblica per un articolo del 2001.

L’espressione «boia» era stata ritenuta diffamatoria da Priebke e da Giachini (che ne è anche il tutore): già nel 2007 la Corte d’appello della Capitale aveva osservato — dizionario alla mano — che era legittima «la definizione tecnicolinguistica del termine boia» che indica «colui che ha l’ufficio di eseguire le sentenze di morte», ovvero ancora secondo i giudici d’appello «esattamente l’attività svolta da Priebke nel corso della seconda guerra Mondiale».

Ieri Priebke è stato anche condannato a pagare 2.100 euro di spese processuali, e la Cassazione ha sottoscritto il giudizio dei colleghi della Corte d’Appello: «Nessuno dei motivi di doglianza — osservano i magistrati — risultano minimamente idonei a scalfire la stringata quanto lapidaria ed incensurabile motivazione adottata dalla corte d’Appello che, con il semplice quanto efficace richiamo al significato lessicale del termine così come rinvenuto in un noto vocabolario della lingua italiana, ha condivisibilmente escluso ogni valenza ed ogni contenuto diffamatorio nell’espressione».

(10 aprile 2013)

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