Informazioni che faticano a trovare spazio

Gli avversari dello “ius soli” e del diritto di cittadinanza non sanno neanche che furono promossi da imperatori romani come Claudio e Caracalla

Sono più indietro di Caracalla. Chi? Quelli che sul diritto detto dello “ius soli”, che dà cittadinanza a chi è nato in quel luogo, non sanno neanche che gli imperatori romani come Claudio e Caracalla (nell’immagine) favorirono al massimo l’integrazione dei cittadini dell’impero facendo diventare cittadino romano chiunque vi abitasse. L’occasione per illuminare tanta arretratezza attuale è stata data dalla mostra “Roma caput mundi” tenutasi di recente tra il Colosseo e la Curia al Foro: lì i cultori del nazionalismo estremo avrebbero potuto leggere le decisioni prese dagli imperatori romani citati (e vergognarsi un po’, almeno i fascisti cultori della cosiddetta romanità, per la loro inenarrabile ignoranza).

Ecco cosa ho scritto allora (ottobre 2012) sulla mostra, che spero il ministro Kyenge abbia potuto vedere (se non altro le segnalo il contenuto che è estremamente interessante per il suo prossimo ddl sulla cittadinanza):

Sono stato nella Curia romana e in occasione di “Roma Caput Mundi” sono stati rispolverati un paio di testi della Roma imperiale che la dicono lunga sull’integrazione che era promossa a Roma e che dovrebbe far riflettere quei sepolcri imbiancati – a partire da Gianfranco Fini – che hanno firmato le leggi più restrittive sull’immigrazione.

A Roma Claudio imperatore proclamava nel 48 d.C. la cittadinanza per tutti nel suo impero. Cittadinanza romana.

Nel 48 d.C. dunque l’imperatore Claudio tenne un’orazione nel senato. Voleva convincere i senatori ad accogliere tra i loro ranghi alcuni notabili delle province della Gallia Transalpina. Il suo discorso arrivato a noi attraverso una tavola epigrafica è una grande esaltazione di “Roma città aperta”.  Può essere considerato come il manifesto dell’integrazione romana.

C’è un secondo documento a “Roma Caput Mundi” ed è dell’imperatore Caracalla.  Nel 212 d.C. Caracalla portava a compimento la visione di Claudio  con un editto, pervenuto a noi con un frammento di papiro, con cui si concedeva la cittadinanza romana a tutti gli abitanti dell’impero.

Nel suo discorso Claudio aveva sostenuto che da sempre Roma era stata aperta agli stranieri. Numa era un sabino, Tarquinio Prisco un etrusco di padre greco, Scarsa importanza avevano le condizioni sociali dei regnanti, Servio Tullio era figlio di una schiava.

I senatori protestarono, ma Claudio contrappose ai privilegi della stirpe le ragioni della storia: Roma cresceva grazie all’integrazione dei vinti.

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