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La mafia che ti fa anche i regali di compleanno

La mafia che ti fa anche i regali di compleanno

di Rino Giacalone

Quindici maggio 2013, aula bunker del Tribunale di Trapani. Udienza del processo per il delitto del sociologo e giornalista Mauro Rostagno. Un omicidio che risale al 26 settembre del 1988, 25 anni fa. Imputati due soggetti, Vincenzo Virga e Vito Mazzara, che sono mafiosi con tanto di sigillo giudiziario, le “voci” intercettate sul loro conto, altri mafiosi, hanno svelato quanto i due siano “intoccabili” pezzi da 90, Vito Mazzara in particolare, “è un pezzo di storia, va protetto” dicono un giorno due che lo conoscono bene e che addirittura pensano di farlo evadere dal carcere dove si trova. Vincenzo Virga e Vito Mazzara, mandante e sicario secondo i magistrati della Dda di Palermo. L’udienza del 15 maggio è dedicata all’esame della super perizia balistica che i giudici della Corte di Assise hanno affidato al maggiore dei Ris, Emanuele Paniz, e ad un perito catanese, Santi Gatti. I giudici visti i contrasti tra i consulenti di accusa e difesa hanno deciso di disporre una super perizia, sono arrivate le risposte, non sono state risposte certe, ma non c’è la prova delle prove che si cercava e cioè che su quei reperti balistici oltre alla firma della mafia ci fosse in modo indiscutibile anche l’impronta del killer Vito Mazzara. Restano però i contorni, gli scenari che riconducono a Mazzara ex campione di tiro a volo, che andava in giro assieme a Matteo Messina Denaro a fare omicidi per la provincia di Trapani. Era un campione nell’uso del fucile, si allenava andando ad ammazzare “cristiani”, tra i killer era l’unico a potersi muovere in tranquillità portando il suo fucile calibro 12 nel portabagagli della sua auto, “se ti fermano” gli chiese un giorno il boss Antonio Patti, che poi pentito raccontò la chiaccherata, “posso dire che sto andando ad allenarmi” rispose Mazzara. I suoi, quando si allenava, erano però per lo più bersagli mobili, un giorno suo bersaglio doveva essere anche il procuratore Paolo Borsellino, a lui la mafia di Mazara del Vallo gli aveva affidato il compito di uccidere Borsellino allora procuratore a Marsala. Lui con i mafiosi di Mazara era in ottimi rapporti. E i mafiosi di Mazara hanno un loro spazio nello scenario del delitto di Mauro Rostagno. Lui infatti dagli schermi di Rtc aveva preso di mira, per dovere di cronaca giornalistica, il capo della mafia mazarese, Mariano Agate, “don Marianino”, massone e mafioso, e “don Marianino” gli aveva mandato a dire di non continuare “a dire minchiate”. Erano i tempi del processo per il delitto del sindaco di Castelvetrano Vito Lipari, dove Agate era imputato con i mafiosi catanesi che imputati per quel delitto spiegarono che quel giorno di agosto del 1980 quando furono fermati a poche ore dal delitto si trovavano in zona perché erano venuti a comprare cocomeri da Mariano Agate che ufficialmente però vendeva cemento. Una versione, quella dell’acquisto dei cocomeri, che in un primo momento  venne creduta da un carabiniere, chissà potrebbe essere questo un episodio della interminabile trattativa tra stato e mafia in Sicilia, tra pezzi dei carabinieri e Cosa nostra. L’ordine di uccidere Mauro Rostagno, puntualmente eseguito, giunse dal patriarca della mafia belicina Francesco Messina Denaro, disturbato anche lui dell’attività giornalistica di Rostagno e di quelle sue attenzioni per don Marianino. Pochi mesi dopo l’omicidio di Mauro Rostagno fu ammazzato  un dipendente Enel, Vincenzo Mastrantonio. Anche questo delitto fu eseguito, Mastrantonio era l’autista di Vincenzo Virga e in giro, pur sempre nell’ambito di Cosa nostra, andava raccontando del delitto Rostagno, rompendo ogni regola si silenzio, e per questo fu ammazzato, e a volere la sua morte fu la mafia di Mazara del Vallo. L’omicidio di Mauro Rostagno doveva essere top secret, “don Marianino” poi aveva determinato il passaparola sul perché Rostagno era stato ucciso, a chi incontrandolo gli aveva chiesto se sapeva qualcosa lui rispose dicendo “questione di corna fu”, e così in tanti hanno pensato per quasi 25 anni, e alcuni vogliono pensarlo ancora oggi. Aveva 15 anni il 26 settembre 1988 Maddalena Rostagno, la figlia, di Mauro e Chicca Roveri. Lei l’ultima volta che vide il padre fu quella mattina, litigarono, come possono litigare un padre e una figlia che si vogliono bene, perché lei, già da allora un gran bel caratterino, aveva deciso che non voleva andare a scuola. Poi non lo vide più. Nemmeno da morto lo vide. Gran bel regalo le ha fatto la mafia, ammazzandole il padre quando lei stava cominciando a crescere, una sorte che con l’andar del tempo saprà di dovere condividere con altre figlie e altri figli di morti ammazzati. Questa è una storia ricca di tante coincidenze, strane coincidenze, vicende che fanno ogni tanto pensare a mani che muovono scenari anche per tirare brutti scherzi o per fare riflettere. Maddalena spesso fa l’elenco di giorni particolari della sua vita e di quella di sua madre Chicca Roveri nei quali sono avvenuti particolari accadimenti legati alla morte di Mauro. E questo è successo fino al 15 maggio scorso. Quel giorno Maddalena ha fatto il compleanno, e quel giorno era a Trapani, non era a Torino con suo figlio e sua madre. Non poteva essere altrimenti, considerata l’importanza dell’udienza, la discussione della perizia balistica, della super perizia. Da oltre due anni lei e Chicca si alternano udienza dopo udienza ad essere presenti a Trapani. Si sono costituite parte civile nel processo, e in questo Paese, per le sue leggi, accade che un mafioso imputato alla sbarra, riconosciuto povero, come Vincenzo Virga, chiede il gratuito patrocinio, e cioè gli avvocati gli vengono pagati dallo Stato, chi è vittima invece paga tutto di tasca sua. Il loro posto nell’aula bunker è in un tavolo a ridosso delle gabbie, sono a pochi metri da dove ogni volta siede Vito Mazzara, il killer. Questa la posizione di Maddalena anche il 15 maggio scorso. La mafia le ha fatto il suo regalo, nel giorno del compleanno lei si è ritrovata più vicino al sicario che le avrebbe ucciso il padre e non con i suoi familiari. Da 25 anni non ha più suo padre. Ma quel 15 maggio la mafia le ha fatto un altro regalo, doloroso regalo. Maddalena ha insistito e ha ottenuto quello che da tempo chiedeva, vedere le foto del padre raccolte nella relazione del medico legale. E’ rimasta sola davanti ad un computer ed ha visto quelle foto, da sola, una ad una, poi ha messo un paio di occhiali scuri. Gran bel regalo le ha fatto la mafia. Quel giorno lei sulla pagina dedicata al processo in corso creata su Facebook  ha scritto poche righe non per dire di quel “regalo” ma per raccontare quell’aula vuota, senza la società civile, senza quelle parte civili della società civile che si sono a suo tempo costituite e che però di rado con i loro avvocati si fanno vedere. Non c’è il pubblico, non ci sono gli studenti che qui vengono portati a vedere i processi contro i piromani e non contro i mafiosi. E’ andata via da quell’aula quasi a fine udienza senza volere rilasciare dichiarazioni ai giornalisti presenti che avrebbero voluta ascoltarla in merito alla perizia, non era per snobbare viene da pensare ora conoscendo quello che lei ha provato quel giorno, magari ogni tanto anche noi giornalisti dovremmo riflettere di più prima di scrivere, magari dovremmo pensare che dovremmo comportarci come il giornalista Mauro Rostagno che forse non scriveva nemmeno di getto quando doveva attaccare i mafiosi ed i complici dei mafiosi. A Trapani il processo per il delitto di Mauro Rostagno non interessa come non sono interessati altri dibattimenti, quello contro il capo mafia Ciccio pace si svolse senza pubblico e senza parte civili, per esempio. Il processo per il delitto di Mauro Rostagno non interessa perché colpisce la città di ieri che è la stessa di oggi, la stessa che vive nei salotti, nelle segrete stanze, nelle segreterie di politici e baroni. Emerge la Trapani che frequenta le logge della massoneria, e questa è una storia che ancora oggi non si può raccontare per bene. Perché come oggi ha appena detto un politico, un ex deputato regionale ed europeo, oggi vice sindaco a Marsala, l’on. Eleonora Lo Curto, la nostra storia la dobbiamo alla massoneria. A Marsala in questo fine settimane la massoneria internazionale è venuta a celebrare i suoi fasti e l’on. Lo Curto con tanto di fascia tricolore addosso ha voluto dire che “se siamo qui lo dobbiamo alla massoneria”. Poche parole per coprire la verità, se siamo qui lo siamo per il sangue versato dai partigiani di ieri e dagli antimafiosi di oggi. Anche grazie a Mauro Rostagno che non era né partigiano né antimafioso, ma solo cittadino, con la C maiuscola. Buon compleanno Maddalena, la vita ti ha dato il regalo che mai nessuno potrà toglierti, quello di avere avuto un grande papà.

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