Informazioni che faticano a trovare spazio

Carlo Lizzani

Ho incontrato Carlo Lizzani nel 1988, quando stava girando il suo film su Bucharin. L’aveva intitolato “Caro Gorbaciov”, non era ancora caduto il muro di Berlino, questione di poco tempo.

A Gorbaciov Lizzani mandava una lettera che Bucharin, nel 1937, prima di essere arrestato dalla Ghepeu di Stalin, aveva fatto imparare a memoria alla moglie Larina (nella foto una scena del film).

Bucharin, certo, ma anche Trotski e Bela Kun, insomma tutte i comunisti vittime dello stalinismo. Lizzani ci teneva molto a quel suo film, la lettera lanciata verso il futuro per un comunismo dal volto umano era anche la sua.

Per questo aveva fatto esordire sua figlia Flaminia nel ruolo della moglie di Bucharin, Larina. Harvey Keitel a cui era stato affidato invece il ruolo del protagonista non sarebbe poi apparso troppo convincente. Il film era comunque un film di Lizzani, il pezzo che feci per l’Europeo teneva conto del contributo dato da quell’uomo gentile e democratico.

Ora è morto come Mario Monicelli. Non so cosa abbia scritto nel biglietto che ha lasciato. Ricordo però il suo primo film, “Achtung banditi”, girato nella Valpolcevera a Genova sulla resistenza e la lotta antifascista. Lì a un certo punto c’era un partigiano ferito, finito in un fossato mentre il suo compagno era andato a cercare aiuto.

Arrivavano due soldati tedeschi, si calavano nel fosso per finirlo, ma lui toglieva le spolette a un paio di bombe e faceva saltare tutto in aria.

Forse a 91 anni la vita può assomigliare a quel fossato, chissà…

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