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Alfio Marchini tenta lo scippo elettorale a Roma: far cadere Marino, grazie al bilancio fallimentare creato da Alemanno, in modo che Alfano nomini un commissario

Il Comune di Roma rischia il commissariamento. Default finanziario. Tutta l’attenzione, giustamente, è alla fine di un’epoca con l’imminente decadenza da senatore di Silvio Berlusconi ma dietro questo scenario principale se ne nasconde un altro, minore per così dire, che è degno di attenzione: lo scippo in corso in Campidoglio. Cioè la detronizzazione della maggioranza uscita dalle urne elettorali cinque mesi fa e la restaurazione con un commissario.

A imprimere una accelerazione nella direzione del commissariamento in Campidoglio è l’improvviso risveglio di Alfio Marchini, l’altro “miliardario ridens” come lo definisce qualcuno nella maggioranza, che ha presentato 150 mila emendamenti al bilancio capitolino. Un ostruzionismo per far sforare i tempi dell’approvazione del bilancio e innescare il conto alla rovescia del commissario prefettizio.

Il bilancio del Comune deve infatti essere approvato, salvo proroga, entro il 30 novembre.

Se non accade scattano alcuni relais istituzionali che riguardano il prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro e il ministro dell’interno delle larghe intese, Angelino Alfano.

Il primo, che viene da una lunga consuetudine operativa col precedente sindaco Gianni Alemanno, potrebbe di fronte a una fumata bianca del Consiglio concedere un ultimatum di altri venti giorni.

Il secondo, rovesciando il verdetto elettorale di giugno che ha premiato Marino, una volta constatato che il buco di bilancio non viene sanato passerebbe a far nominare il commissario.

Un pasticcio micidiale, in nome di un bilancio che – occorre ricordarlo – non riguarda neanche Marino ma il suo predecessore Alemanno. E’ lui infatti a lasciare il “buco” al successore, che ora deve farne le spese. E’ un vecchio vizio della destra, l’aveva già fatto anche Francesco Storace alla Regione Lazio lasciando alla giunta di sinistra un bel buco prodotto soprattutto dalla sanità.

L’ostruzionismo di Alfio Marchini punta in alto, in nome di quei costruttori e “palazzinari” che ora tentano di far fuori la giunta di sinistra. Il Ridge capitolino si è dunque risvegliato e punta a mandare a casa, con un cosiddetto tecnicismo, Marino votato a maggioranza dai romani.

Marino reagisce così: “L’ostruzionismo di Marchini è un ostruzionismo non simbolico che se funzionerà sarà pagato duramente da tutti i romani, perché nel prossimo mese non ci sarà capacità di spesa, non ci saranno soldi per sociale, disabili, investimenti, pmi, scuole, trasporti, né per vigili urbani e Teatro dell’Opera. Bisogna che la città lo comprenda: questo è il progetto di chi dichiara di amare Roma”.

Che cosa fanno ora i romani che hanno votato per Marino? Al momento non molto. Per mercoledì 27 novembre la convocazione contro il commissariamento è promossa dai presidenti di Municipio che alle 15.30 si sono autoconvocati in Campidoglio per dire no a questa squallida manovra.

La fragilità di Ignazio Marino è nel non avere un partito alle spalle che lo difenda, la gomitata che il rappresentante di Fratelli d’Italia gli ha inferto in testa provocandogli un bernoccolo – ma sì Fratelli d’Italia, quel partito in cui c’è La Russa, che da poco si è scoperto ampiamente riscossore di cifre a cinque zeri dai Ligresti “sono affari del passato, non di quando ero ministro”, così ha commentato – è purtroppo quasi una rappresentazione grafica del momento. Marino è vulnerabile.

I romani che a giugno hanno votato Marino – 664.490 elettori rappresentativi del 63,93% – sanno tutto ciò? E accettano questo scippo del Comune, grazie a un bilancio fallimentare ereditato da Gianni Alemanno, con la conseguenza di veder nominato da Alfano un commissario che non avrà per mesi e mesi alcuna capacità di spesa?

Domani, 27 novembre 2013, mentre tutti gli occhi saranno rivolti al Senato dove dalle 19 si decide la sorte di Silvio Berlusconi e mentre davanti a Palazzo Grazioli i suoi valvassori e valvassini strepiteranno per la sorte del loro amato leader, a poche centinaia di metri in Campidoglio i minisindaci romani saranno in piazza per impedire il commissariamento di Roma. Forse qualcuno nel centro sinistra capitolino dovrebbe avvertire la maggioranza democratica romana perché si faccia viva. Potrebbe anche succedere che la catalizzazione dell’attenzione verso il miliardario piangente e la sua prossima sorte impedisca di vedere quanto sta succedendo in Campidoglio o quantomeno ne offuschi la esatta percezione. Romani, vi stanno scippando il risultato elettorale…

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