Informazioni che faticano a trovare spazio

Il Fatto quotidiano torna su Calabresi. Dopo Travaglio, Massimo Fini. Ma i lettori di sinistra del quotidiano non ne sono stufi?

Mi sono chiesto se valesse la pena commentare la pagina che il Fatto quotidiano tramite il collaboratore Massimo Fini ha dedicato oggi a “Sofri Calabresi vi racconto la storia”. Ho aspettato sera per non contribuire ulteriormente alla diffusione di questo giornale che peraltro ha tra i suoi acquirenti anche lettori di sinistra, ragione per la quale scrivo. E a loro mi rivolgo.

Ringalluzzito evidentemente da una penosa fiction televisiva il Fatto quotidiano ha già registrato la sortita del suo vicedirettore al quale ho risposto nei giorni scorsi, se non altro per come ha trattato la morte di Giuseppe Pinelli risolta dal vicedirettore con la vergognosa formula della “tragica fine”. Stop.

Ora siamo a un nuovo capitolo, con ulteriori exploit. Non che m’interessi più di tanto, ma del cosiddetto polemista Massimo Fini leggo sulla sua scheda di Wikipedia che immagino abbia controllato: “Nel 2005 ha fondato un movimento politico-culturale chiamato Movimento Zero…”. Roba oltre la destra e la sinistra “pur riconoscendosi – aggiunge la scheda – anche nelle posizioni di Alain de Benoist, inntellettuale francese fondatore della Nouvelle Droite…”.

Ecco con chi presumibilmente abbiamo a che fare. Dopo il vicedirettore, che col suo lapsus polemico contro “la stampa di sinistra” si è collocato ovviamente da un’altra parte, eccoci a un epigono piazzato presumibilmente nei dintorni. E fin qui pazienza. A briglia sciolta però l’epigono riformula fantasie come quella di un Direttivo di Lotta continua che voleva attribuirsi la paternità dell’omicidio Calabresi, eventualità che semplicemente non solo non è mai esistita così come lo stesso sunnominato Direttivo ma che soprattutto non c’è nel dibattimento processuale.

Per ulteriore scrupolo ho chiesto all’avvocato Marcello Gentili, difensore di Adriano Sofri, ed ecco la sua risposta: “No, non mi risulta che se ne sia mai parlato nel processo”.

Non è l’unica perla, questa. Ciò che in fin dei conti sembra più importare a Massimo Fini è il vecchio e consunto canovaccio della differenza classista tra i borghesi di Lotta continua e il “plebeo” Marino che secondo Fini non aveva alcun interesse a denunciare ciò che ha denunciato (già, al termine di quel mese segreto passato in compagnia dei carabinieri, avendo alle spalle varie rapine…).

Nella partitura c’è, in ultimo, spazio perfino per una descrizione fisica tanto gratuita quanto offensiva di Adriano Sofri. Ma insomma: Massimo Fini non si è mai guardato allo specchio? Forse qualche lettore impietosito potrebbe regalargliene uno. 

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