Informazioni che faticano a trovare spazio

Francesca Scopelliti e le scuse del Pm Diego Marmo che fece condannare Enzo Tortora. “Paradossale: parole inadeguate, tardive, non riabilitative…”

Trent’anni fa Diego Marmo era il pubblico ministero che formulò pesantissime accuse contro Enzo Tortora, poi assolto con formula piena perché il presentatore di Portobello non faceva parte della Camorra. Ma di quelle accuse Tortora morì, e mai nessun magistrato di quel processo aveva pubblicamente manifestato pentimento o rimorso.

Oggi Marmo in una intervista al “Il Garantista”, il nuovo quotidiano di Piero Sansonetti, ammette di avere sbagliato e chiede scusa alla famiglia: “Adesso dopo trent’anni è arrivato il momento. Mi sono portato dentro questo tormento troppo a lungo. Chiedo scusa alla famiglia Tortora per quello che ho fatto”. Durante la requisitoria, nel 1985, Marmo descrisse il giornalista Rai come “un cinico mercante di morte”, riferendosi alla presunta (e inesistente) attività di trafficante di cocaina.

“Mi feci prendere dalla foga”, dice ora al quotidiano. E spiega di non avere parlato prima perché “ho creduto che ogni mia parola non sarebbe servita a niente. Che tutto mi si sarebbe ritorto contro. Ero Diego Marmo, l’assassino morale di Tortora e dovevo tacere”.

Marmo è tornato all’attenzione della cronaca la scorsa settimana, quando è statonominato assessore alla legalità a Pompei. Molti commentatori lo hanno criticato per non avere mai pronunciato parole di scuse per l’arringa con la quale voleva inchiodare Tortora a reati mai commessi. Oggi quelle parole sono arrivate.

Fin qui l’Huffington post di oggi, 27 giugno, e quel che manca è la risposta di Francesca Scopelliti, la compagna di Tortora, che ha accolto queste parole di Diego Marmo con grande nervosismo. Le giudica “inadeguate, tardive, non riabilitative”. Dice che è “paradossale”. Ecc.

Ma prima bisogna pure ricordare il contesto di cui si avvalse Diego Marmo, giovane inquisitore che si lasciava prendere dalla foga. Aveva alle spalle una Procura che non fece mai alcun riscontro sulle parole dei pentiti, in un’inchiesta in cui fioccarono le omonimie (oltre un centinaio).

Mi dice il collega Giuliano Gallo che all’epoca seguì il processo di primo grado che in aula i giornalisti erano schierati quasi tutti col teorema della Procura. Alla sentenza una giornalista stringendo i pugni esclamò: “E vai…”. Alla sera ci fu un brindisi a cena.

Non andò meglio per l’appello. C’era chi scriveva pezzi da bordo piscina dell’Hotel Royal, mentre la fidanzata sguazzava nell’acqua: bastava ricopiare l’Ansa.

E dunque sentendo ora al telefono ciò che mi dice Francesca Scopelliti il commento che più colpisce è: “Marmo ha continuato a fare carriera e incredibilmente gli è stata affidata la legalità….Le sue scuse sono finalizzate al mantenimento della nuova carica”.

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