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Gli ebrei del 25 aprile

E’ da anni che l’Anpi, in particolare a Roma, viene gestita in modo assai mediocre. E assai poco è stato fatto per migliorare questo bassissimo profilo.

Ed è da anni che la Comunità Ebraica ne ha subito le scelte. Però la Comunità Ebraica non ha fatto granché per impedire lo strappo che alla fine ha compiuto, all’apparenza felice di essersi sganciata dall’Anpi.

Per anni ho assistito in occasione del 25 aprile all’invereconda contestazione delle bandiere della Brigata Ebraica fatte da centri sociali e da organizzazioni filopalestinesi.

Nella più completa ignoranza dei fatti veniva assimilata la bandiera scelta nel ’44 dai combattenti ebrei antifascisti con quella dello stato ebraico nato nel ’48.

Non solo: i filopalestinesi hanno finora fatto finta di non conoscere la posizione filonazista della massima autorità palestinese degli anni ‘30, il gran Muftì di Gerusalemme, creatore di truppe palestinesi inquadrate nelle Waffen Ss.

E ora in un estremo colmo d’ignoranza distribuiscono perfino volantini in cui parlano di novemila palestinesi combattenti in Italia nel ’44, confondendoli con gli ebrei della Jewish Brigade nata dal Palestinian Regiment in cui nella proporzione di due terzi contro un terzo di arabi erano inquadrati prima di formare la Jewish Brigade e sbarcare a Taranto.

La Jewish Brigade è nata per il desiderio degli ebrei della Palestina, vanamente contrastato dalle autorità inglesi, di prendere parte alla lotta contro il nazifascismo in Europa.

I loro caduti sono in vari cimiteri dell’Emilia, principalmente in quello di Piangipane (nella foto). Chi diluisce la portata di questa partecipazione volontaria, paragonando la Brigata Ebraica a quella Garibaldi e dicendo che il paragone non si può fare come mi è capitato di leggere oggi sul Manifesto, mostra di non aver capito granché dalla storia della Resistenza.

In una dello contestazioni degli anni passati ricordo che Massimo Rendina, allora presidente dell’Anpi, fu perfino sfiorato da un candelotto fumogeno mentre cercava di placare gli animi.

La posizione di Rendina, allora, non era quella che si è incrostata successivamente nei dirigenti dell’Anpi.

L’Anpi quindi che si riempie oggi la bocca di inviti alla comunità palestinese senza ricordare queste premesse farebbe meglio a rivedere le proprie carte.

Ciò detto la Comunità Ebraica di Roma ha fatto delle contestazioni filopalestinesi la sua occasione di prendere il largo dal 25 aprile come festa collettiva della Liberazione.

Pochi anni fa lo ha fatto ingaggiando alla metro Colosseo uno scontro con i filopalestinesi, premessa delle scelte successive che non sono andate migliorando ma peggiorando. Fino a questa separazione.

Eppure molti ebrei, come è noto, indipendentemente dalle Jewish Brigade, erano inquadrati nelle formazioni partigiane italiane e molti di loro hanno dato la vita combattendo sotto quelle bandiere.

Non vengono ricordati molto, è vero, ma c’erano e ci sono stati, eccome.

Circa 1000 ebrei italiani clandestini – pari al 4 per cento della popolazione ebraica italiana, percentuale superiore a quella degli italiani – entrarono nella Resistenza, inquadrati come partigiani. Tra loro si ricordano Eugenio Curiel, Vittorio Foa, Pino Levi Cavaglione, Liana Millu, Enzo ed Emilio Sereni, Umberto Terracini, Leo Valiani, Elio Toaff.

Molti ebrei tornarono appositamente dai luoghi di emigrazione o di rifugio, come Enzo Sereni, poi morto in deportazione, che era in Palestina, e Gianfranco Sarfatti, morto in combattimento, che si trovava in Svizzera.

Gli ebrei italiani furono tra i primi ad arruolarsi nelle bande partigiane e già il 9 settembre 1943 Emanuele Artom annota nel suo diario: «La radio tedesca annunzia che verranno a vendicare Mussolini. Così bisogna arruolarsi nelle forze dei partiti e io mi sono già iscritto».

Circa 100 ebrei caddero in combattimento oppure furono arrestati e uccisi nella penisola o in seguito alla deportazione nei lager nazisti. Sette di loro furono insigniti di medaglia d’oro alla memoria: Eugenio Calò, Eugenio Colorni, Eugenio Curiel, Sergio Forti, Mario Jacchia, Rita Rosani e Ildebrando Vivanti.

E dunque? Come è possibile separare tutta questa storia. Non è possibile. L’Anpi ha fatto un gravissimo errore. La Comunità Ebraica anche.

Veniamo alla Palestina. Chi ne invoca la presenza al corteo del 25 aprile insieme ad altre comunità oppresse, come quella curda, intende puntare il dito contro lo Stato di Israele. Non contro il governo come quello Nethanyau in carica, e già sarebbe una posizione non si capisce a quale titolo legata, ma contro lo Stato. Operazione assai assurda, soprattutto quando essa fa da trampolino – come è avvenuto – alle posizioni più vietamente antisemite. E’ quello che si voleva ottenere? L’Anpi l’ha ottenuto, dovrebbe vergognarsene così come dovrebbe vergognarsi dei partigiani ebrei che ha evidentemente dimenticato.

 

 

 

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