Informazioni che faticano a trovare spazio

Clemente Manenti

Clemente Manenti viveva a Pisa in vicolo Vernaccini al 2, in una palazzina in cui abitano altri compagni. Ed era la vicina Elena a fare la colazione con lui, a preparargli le medicine (che spesso non prendeva), ad occuparsi al mattino della sua vita. Poi come hanno raccontato queste donne straordinarie ieri al momento di ricordo che gli è stato dedicato presso la Pubblica assistenza pisana, interveniva Marilisa, la compagna di Sergio Gattai, che cercava di verificare se nel frigo c’era qualcosa.
Nella sua piccola casa ordinatissima e raccolta sono restati tutti i suoi libri, molti in tedesco, molti con sottolineature e inserti di vario genere tra una pagina e l’altra. Un migliaio di libri, a occhio e croce, che andranno raccolti e destinati a lettori interessati.
In cucina Clemente aveva impilato sul tavolo un po’ di monete, accanto a una mappa di Livorno (aveva amici da andare a trovare lì…), una bottiglia di vino rosso regalata da una delle sue amiche e che lui ha lasciata chiusa nella credenza, le scatole delle medicine sempre in credenza…
Aveva rinnovato il passaporto da poco, la scadenza è beffarda (il 2026), chissà forse sognava un viaggio come quelli che sono documentati nelle foto che teneva in una scatola o in quelle che ha portato Gabriele dalla Germania. Le foto con un asino in Mauritania, in cima a isole vulcaniche, in giro per l’Europa, sempre con camicie ben stirate. Clemente era una persona elegante.
Nel giardino sottostante casa sua continua a svettare un esile sorbo, un cane ieri abbaiava per mostrarsi non molto convintamente operativo, dall’altra parte le finestre chiuse della casa di Serena, avanti e indietro Carlo Alberto, Alessandra Peretti arrivata in bicicletta…
Tra i libri ne ho visti vari su Ludwig Wittgenstein, l’ho accennato agli amici accorsi alla Pubblica assistenza, con le pagine più “interpellate” (almeno ad occhio) su quella fase in cui il giovane filosofo austriaco appena uscito dalla Grande Guerra si spossessò di tutti i suoi beni viennesi e andò a vivere in una capanna in Norvegia. Una scelta di povertà, non di indigenza…
Ieri sono risuonate anche pagine lontane, come la poesia di Montale che Lia Marianelli gli ha inviato e che Francesca Susini ha letto, ma soprattutto il breve e drammatico ricordo che Francesca Costantini ha avuto la forza e il coraggio di mettere a nudo in un forte atto di condivisione e liberazione su anni ormai assai distanti eppure così vicini.
Ho guardato le facce che c’erano intorno, abbiamo scherzato sulle delegazioni venute dal litorale spezzino e massese (Lidia Nardi, Amilcare Grassi Celè, Umberto Roffo, Mimmo Tognini con la moglie…) come dalla non lontana Emilia e Romagna (Beppe Ramina, Gianni Saporetti, Massimo Tesei…). C’erano compagni del Valdarno come Giovanni Cardinali e Patrizia, di Firenze come Guelfo Guelfi, Matteo e Fausto Cangelosi, il Marchi…, di altre realtà toscane, di Livorno come Paolo e Clara, di Pistoia come Beppe Ancilli, soprattutto Pisa con Soriano Ceccanti e Mebe, Renzo Lulli e Piero Nissim e tantissimi altri, compresi Nicola Piegaja del Victoria, Carlo Martini di Di qua d’Arno, camerieri e barman del bar Sottobosco di Borgo Stretto (che Clemente frequentava, bisogna avere un bar nella propria vita…), Davide Guadagni, Davidino e Diano, Grog, Angiolino e Mauro, Gianna Stella, Tonino Giulietti con Angelica Vitiello, Ciccio Baldacci e Carla Pochini, Vittorio Gattai, Ico e Pietro Gattai con Sergio, Angelo Marinelli, Miki Didaskalou, Sergio Lenci e Mavì, Maria Valeria Della Mea, Francesca Susini con Mirco Vettori e Marco Bignardi, Luigi e Daniela Lucatti, Riccardo Forletta, Carlo Alberto Bianchi, Andrea Menzione, Nello Di Prete, Andrea e Marta Battistoni, Pino Rossi e Dinora, Carlo Papini, Lionello Massobrio…
Ma c’erano anche Cesare Moreno da Napoli, Guido Viale da Milano, Franco Travaglini arrivato dall’Umbria, Sergino Sinigaglia da Ancona, Daniela Garavini e Alberto Collo da Torino-Lucca, Luca De Donatis partito da Portovenere con moglie e le due belle e giovani figlie, Nora Barbieri e Carlo Degli Esposti da Roma, Adriano Sofri sceso da qualche montagna, Piero De Vitis venuto da Berlino con Arianna da Roma, Settimio Conti Tit con la moglie, Anna Padovani con me ecc ecc (purtroppo ne avrò dimenticato chissà quanti, chi vuole si aggiunga da solo, è il benvenuto ).

Clemente questa mattina è stato cremato..

(da Facebook 29 agosto 2018)

Clemente

Clemente Manenti. Nel febbraio del ’68 presi la U-bahn e passai da Berlino Ovest dove ero andato per il Vietnam Kongress a Berlino Est. Passai sotto il Muro e mi ritrovai davanti a vopos, sospettosi e arcigni, sventolai il mio passaporto e alla fine uscii su Unter den Linden. Avevo appuntamento con un pisano come me, Clemente, che da Lipsia si era appena trasferito a Berlino per la sua borsa di studio in marxismo leninismo.
Era lì per un lascito del passato, la sua militanza nel Pci da cui sarebbe stato espulso di lì a poco, “frazionismo” insieme a Lia, Guelfo e qualche altro.
Intelligente, acuto, studioso aveva ottenuto questo riconoscimento ed eccolo all’Est. Ma tutta la sera parlammo di quello che stava succedendo all’ovest.
L’ovest era in rivolta contro la guerra in Vietnam. All’est dove pure c’era qualche dimostrazione di regime la guerra era oggetto di mobilitazione. però le vere mobilitazioni erano all’ovest.
Clemente che era più vecchio di me di tre anni mi portò quella sera in un ristorante di Berlino Est, un posto in cui accettavano i voucher di cui era munito. Ricordo un posto sterminato, tipo sala da ballo senza però ballerini, e in fondo qualche tavolino. Ne occupammo uno, eravamo in pratica soli, non ricordo cosa mangiammo ma ci servì un cameriere in frack. Mi sembrò il cameriere che Tolstoj descrive in Anna Karenina durante il pranzo di Levin a Mosca all’Inghilterra…
Clemente era un giovane curioso, l’est lo turbava per la contraddizione evidente che rappresentava, era anche un rivoluzionario, dunque stava affilando le sue armi per il futuro. A spese del nemico. E con grande gentilezza.
Clemente infatti è stato sempre una persona gentile. Garbata. Elegante. Uno che misurava le parole. Il tedesco lo aiutava in questa acquisizione del presente, con nettezza filologica. Era con quei suoi occhiali piccoli e misurati, dietro cui brillavano i suoi occhi dolci, in evidente ricerca di qualcosa di utile e buono da fare.
La sua vita successiva è poi andata in quella direzione, sia che si sia ritrovato a Pisa, a Roma, a Poppi o a Berlino.
Dentro Lotta Continua, di cui è stato un dirigente intelligente, era ascoltato per i suoi contributi teorici. Lo stesso è avvenuto poi con le sue ricerche “storiche” che lo hanno portato a produrre dei bei libri sull’Ungheria e su altre storie.
A Berlino ha avuto amici che lo hanno seguito in tutti questi anni, come Piero, lo stesso è successo a Pisa dove da ultimo era tornato a vivere e dove Marilisa, Carlo Alberto, Sergio, Michele e tanti altri come Vinzia lo hanno seguito in questi ultimi anni, i più difficili per lui. Ogni tanto mi diceva che sarebbe passato da Roma. Promesse sempre più remote e perse nel tempo. Ricordo una sera a cena dove ha assaporato con estrema lentezza e parsimonia un carciofo alla romana. Clemente era un uomo assai parsimonioso, sicuramente uno dei più indigenti tra quelli della mia generazione, certamente uno dei più ricchi di idee e curiosità (finché la vita glielo ha permesso).
Mi dispiace, era una delle facce più oneste e probe che io ricordi tra i ranghi di chi è stato in Lotta Continua. Un compagno gentile, corretto, generoso. Ciao Clemente

 

(da Facebook 23 agosto 2018)

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