Informazioni che faticano a trovare spazio

Lamberto Sechi

Piccolo di statura, occhiali squadrati, grande determinazione, acume. Soprattutto un’idea fissa, copertine con belle donne. E un antico gusto per lo sberleffo, anche se era più noto per “i fatti separati dalle opinioni”. È morto Lamberto Sechi, storico direttore di Panorama. Sechi, nato a Parma nel 1922, aveva assunto nel 1965 la direzione della rivista Mondadori “Panorama” – allora mensile – ed aveva coniato lo slogan per la pubblicazione “i fatti separati dalle opinioni”. Lasciato Panorama nel 1979, Sechi era stato in seguito direttore di quotidiani come “La Nuova Venezia” e di altri settimanali come “L’Europeo”, oltre che direttore editoriale dei periodici Rizzoli.

L’ho avuto come direttore dell’ultimo Europeo, Lamberto Sechi era stato chiamato al capezzale dell’illustre settimanale che la Rizzoli non voleva più tra i piedi. Lamberto Sechi si era portato dietro due nuovi giornalisti come Alessandro Gilioli (ora all’Espresso) e Riccardo Bocca. Era arrivato un po’ giù di tono, non riuscì a dare un nuovo tono. Cattivo per antonomasia era diventato, con i suoi occhiali quadrati, un buon vecchio del giornalismo. Una cosa credo gli abbia avvelenato il sangue, vedere Panorama che berlusconiano sempre più era diventato illeggibile.

Ma da dove era venuto Sechi? Da Bologna, età del dopoguerra, dove con Massimo Rendina e Indro Montanelli si potevano concepire imprese ineguagliabili. Come quella che li vide, armati di  divise rosse garibaldine, puntare su San Marino che volevano occupare in vista dell’elezione del nuovo presidente della repubblica. In quel ’46 avevano da lanciare  un loro candidato, Calamandrei mi pare, ma al primo tornante per salire verso la repubblichetta del Titano trovarono i carabinieri che avevano saputo dell’impresa. Fine dell’evento.

Lamberto Sechi sospeso tra Milano, Nizza e Venezia. Era anche su quell’autobus che sempre nel ’46 portava un gruppo di giornalisti a visitare nel bolognese la nuova bisca di un amico. Passarono per un paese, c’era in piazza la Camera del Lavoro, uno di loro si sporse e fece il gesto dell’ombrello ai lavoratori. Era Massimo Rendina, Sechi sghignazzava a crepapelle accanto a lui. Più tardi Fellini, appreso il gesto, chiese e ottenne di poterlo far suo ne “I vitelloni”.

Ecco, Sechi e i suoi amici. Gente d’altri tempi.

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