Un bel film su Marzabotto. Ma anche alcune distorsioni storiche
domenica, 31 Gennaio, 2010
Il film “L’uomo che verrà” è bellissimo e intenso. Straordinaria la bambina muta, la piccola Greta Zuccheri Montanari (nella foto), che “accompagna” la storia, trasparentemente quella della strage di Marzabotto. Però il film appare riduttivo rispetto alla vicenda storica, che non è stata minimamente una scena di reciproci inneschi tra partigiani e spietati tedeschi. Nel senso che la storia della “16a Panzergranadier Division” e del suo comandante Walter Reder, il monco, è quella di una lunga marcia della morte iniziata in Versilia e poi attraverso gli Appennini, di strage in strage, conclusa a Marzabotto. Non furono i partigiani di Marzabotto a fare a ping pong con i boia di Reder, ma i boia di Reder arrivarono lì già con un tappeto di morti alle spalle pronti a concludere in grande la loro immane opera di stragi. Riporto qui la ricostruzione della mattanza di Marzabotto fatta dal presidente Anpi di Pianoro. Coincide col resoconto che mi fu fatto in loco anche dai pochi sopravvissuti di Marzabotto, nel corso di un viaggio della memoria compito con le scuole di Roma. Ecco ciò che ha scritto Atos Benaglia, all’indomani della sdentenza sui fresponsabili della strage.
La strage di Marzabotto sessant’anni dopo
Dopo 63 anni e dopo l’incredibile scoperta dei documenti nascosti per mezzo secolo nell’ “armadio della vergogna”, il Tribunale militare della Spezia ha condannato dieci ex Ss all’ergastolo e ne ha assolti altri sette per la strage di Marzabotto, avvenuta tra il 29 settembre e il 5 ottobre del 1944.
Il pm aveva chiesto 15 ergastoli per le anziane SS : i sergenti comandanti di plotone Josef Baumann, 82 anni,Wilhelm Kusterer, 85 anni, Max Roithmeier, 85 anni, Max Schneider, 81 anni, Heinz Frits Trager, 84 anni, Geirg Wache, 86 anni, Helmut Wulf, 84 anni, per il maresciallo delle SS Hubertt Bichler, 87 anni, il maresciallo capo Adolf Schneider, 87 anni, il soldato Kurt Spieler, 81 anni, il caporale Franz Stockinger, 81 anni, il caporalmaggiore Gunther Finster, 82 anni, e il caporale Albert Piepenschneider, 83 anni .
Marzabotto fu la tragica tappa finale della «marcia della morte» che era iniziata in Versilia ed ebbe la sua tragica apoteosi il 29 settembre 1944 .
La Linea Gotica, l’inverno e perverse convenienze politiche, avevano fermato gli alleati, così il maresciallo Kesserling potè dare seguito al progetto «terra bruciata» e combattere alla sua maniera l’«incubo» dei Partigiani. Nessun’altra strage superò per dimensioni e per ferocia quella che assunse simbolicamente il nome di Marzabotto, anche se i paesi colpiti furono molti di più. Albert Kesserling ne fu il criminale mandante e scelse lo spietato esecutore, che si chiamava Walter Reder, perché considerato uno «specialista» in materia … Reder, maggiore delle SS soprannominato «il monco», da quando aveva perso il braccio sinistro in Ucraina, combattendo sul fronte orientale .
Il “16° Panzergrenadier Reichsfuhrer”, iniziò il 12 agosto una marcia che lo porterà dalla Versilia alla Lunigiana e al Bolognese, lasciando dietro di sé una terribile scia di dolore, insanguinata da tremila corpi straziati, di uomini, donne, vecchi,bambini e anche di cinque sacerdoti .
In Lunigiana si erano uniti alle SS anche elementi delle Brigate nere di Carrara, quindi Reder continuò a seminare morte anche con con la collaborazione dei fascisti in camicia nera del territorio toscano ed emiliano . Sant’anna di Stazzema, Gragnola, Monzone, Santa Lucia, Vinca … un elenco di incredibili stragi, tra l’altro immotivate : nella zona non c’erano i Partigiani .
Nella sentenza di condanna di Reder si legge : « Non c’erano combattenti. Nei dirupi intorno al paese c’era soltanto povera gente terrorizzata … » .
A fine settembre la “ compagnia della morte ” arriva in Emilia, ai piedi del monte Sole, dove si trovava la brigata Partigiana Stella Rossa . Marzabotto, Grizzana e Vado di Monzuno, subirono per sei interminabili giorni la feroce rappresaglia di Reder e dei suoi spietati assassini . I nazisti irruppero nella chiesa di don Ubaldo Marchioni, in località Caviglia, dove il sacerdote aveva radunato i fedeli, per recitare il rosario . Furono tutti sterminati a colpi di mitraglia e bombe a mano. A Caprara vennero uccisi 108 abitanti, compresa l’intera famiglia di Antonio Tonelli . A Castellano fu falciata dai mitra una donna coi suoi sette figli … a Tagliadazza undici donne e otto bambini … a Cerpiano altri 49 morti … Ma fu proprio a Marzabotto, che i nazisti raggiunsero l’apice delle crudeltà e delle atrocità, con centinaia di uccisioni e spietate efferatezze . Furono bruciati e distrutti 800 appartamenti, una cartiera, una risiera, quindici strade, sette ponti, cinque scuole, undici cimiteri, nove chiese e cinque oratori . Tra i caduti, 95 avevano meno di sedici anni, 110 ne avevano meno di dieci, 22 meno di due anni, 8 di un anno e quindici meno di un anno. Il più giovane si chiamava Walter Cardi: era nato da due settimane .
La colonna delle SS comandata dal maggiore Reder nella sua “marcia della morte”, dalla Liguria al a Marzabotto, spezzò la vita di 1830 persone inermi .
Il grandissimo criminale Reder, prima di abbandonare i territori martoriati, li fece disseminare di mine, così nei successivi vent’anni ci furono altri 55 morti .
Dopo la Liberazione e la fine della guerra, Reder era riuscito a raggiungere la Baviera, ma fu catturato dagli americani ed estradato in Italia nel 1948, dove fu processato dal Tribunale militare di Bologna e nel 1951 condannato all’ergastolo, che scontò nel carcere di Gaeta, fino alla grazia del 1985, arrrivata per intercessione e pressione del governo austriaco.
Morì nel 1991 in Austria, senza alcun evidente rimorso e senza essersi mai davvero pentito, nonostante la lettera di perdono scritta ai familiari delle vittime durante la sua prigionia, con l’evidente scopo di vedersi accorciare la pena .
Prima della condanna del maggiore SS Reder, nel 1946, la corte d’assise di Brescia aveva giudicato due fascisti repubblichini per collaborazione nelle stragi di Marzabotto, per omicidio, incendio e devastazione.
Erano Lorenzo Mingardi, “reggente del fascio” di Marzabotto e commissario prefettizio durante la carneficina e Giovanni Quadri, brigatista nero .
Mingardi ebbe la pena di morte, poi trasformata in ergastolo.
Il secondo, 30 anni, poi ridotti a dieci anni e otto mesi.
Tutti e due, incredibilmente e gratuitamente, furono liberati per amnistia .
La sentenza di oggi, che definire soltanto tardiva sarebbe ridicolo, è comunque importante e dà il senso alla necessità che la giustizia arrivi sempre, ma grande è la frustrazione perché non sia potuta arrivata prima . Rimane soltanto il valore simbolico, ma se si fosse potuto fare giustizia 50 anni fa, il valore simbolico diventava sostanza e vera giustizia .
Atos Benaglia
Segretario A.n.p.i. di Pianoro
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