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Fermati tre giovani della Magliana. La denuncia dei bengalesi

Fermati tre giovani di quartiere dsai carabinieri per il raid antibengalesi alla Magliana, dove oggi alle 17 si terrà una manifestazione di protesta. Ieri sul Corriere della sera online i bengalesi avevano denunciato i numerosi precedenti con le aggressioni messe in atto nei loro confronti da alcune bande di quartiere. Ecco l’articolo.

DOPO IL RAID CONTRO IL LOCALE BENGALESE ALLA MAGLIANA

Il racconto della comunità: in due anni
almeno 50 aggressioni

Parla il portavoce dei bengalesi: sono sempre gli stessi, ci aspettano, ci insultano, ci rapinano e ci picchiano

ROMA – Abitano alla Magliana da parecchi anni, chi dieci, chi cinque, ma tutti sono stati rapinati e malmenati nel corso di questi ultimi tempi. Gli immigrati del Bangladesh sono raccolti intorno a Batchu, il soprannome con cui è noto Siddique Nure Alam portavoce storico della comunità bengalese di Roma e animatore dell’associazione di immigrati Dhuumcatu. Raccontano in bengali e lui traduce.

Batchu, portavoce della comunità bengalese (Brogi)
Batchu, portavoce della comunità bengalese (Brogi)

LE AGGRESSIONI – Alla Magliana dove vivono circa cinquecento bengalesi, sui 27 mila a Roma secondo la stima di Batchu, la scena riferita è sempre la stessa: quattro, cinque bande di giovani della Magliana appostati di sera nei punti di passaggio, a pesca di bengalesi che rientrano dai turni di lavoro. E poi provocazioni, botte, rapine. «E’stato un continuo in questi ultimi anni – spiega Batchu, mentre si svolge il presidio di solidarietà per il raid contro il fast-food Brother di via Murlo alla Magliana -. In due anni forse gli episodi sono stati una cinquantina. Denunce rare, perché i bengalesi non ripongono troppa fiducia in questo. I posti? Via Pescaglia verso il fondo, l’incrocio di via Cutigliano col mercato, via Impruneta, piazza De André. Ti vengono addosso in sei o sette, con i motorini, i caschi in mano, qualche coltello sguainato. Cominciano chiedendoti una sigaretta. Oppure qualche euro. Non glieli dai? Giù botte. Poi ti rapinano quello che riescono a prendere, magari anche solo il cellulare. Questi gruppi stazionano vicino a un bar nei pressi del supermercato Pam, ma anche davanti ad altri bar nelle vicinanze. Tutti li conoscono qua…”.
«STAVOLTA RAID VERO E PROPRIO» – Batchu racconta che poi qualche volta il livello sale, il fast-food era stato già preso di mira un paio di volte, ma ora sembra che qualcuno abbia voluto spingere un po’ di più sull’acceleratore. «Stavolta hanno compiuto un raid vero e proprio, hanno imitato altri episodi avvenuti a Roma», aggiunge Batchu. E poi comincia a disegnare la mappa di una diffusa intolleranza nei confronti della «nostra comunità che è universalmente conosciuta come laboriosa e desiderosa di integrazione» ma che forse, proprio per questi connotati umili, è stata scelta come «un comodo bersaglio».
LAKY – Punto di partenza delle aggressioni subite dalla comunità bengalese è Laky, il nome di un giovane immigrato del Bangladsesh «ammazzato a botte – ricorda Batchu – nell’indifferenza generale il 2 gennaio di un anno fa a Rebibbia, malmenato da una banda di giovani». E poi? «Poi due mesi dopo ecco tre bengalesi molto giovani massacrati all’Acqua Bulicante, a Torpignattara. A maggio sempre in zona l’attacco al negozio della famiglia Begum. Nello stesso mese ecco poi l’attacco fascista ai nostri stand di Villa Gordiani dove volevamo celebrare il capodanno bengalese. A settembre tocca a Fiumicino, dove due bengalesi che distribuiscono volantini pubblicitari per strada vengono aggrediti improvvisamente da cinque giovani scesi da un’auto. A ottobre una banda giovanile attacca il banco di un bengalese a Torbellamonaca… Ecco quanto, e questo è solo il 2009». E prima? «Beh, l’anno precedente c’era stato il raid del Pigneto. Bilancio, un bengalese ferito, un paio di negozi devastati…».

Paolo Brogi
15 marzo 2010© Corriere della Sera RIPRODUZIONE RISERVATA

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