In visita al Cie di Ponte Galeria: la storia di Joy, la nigeriana che ha denunciato il tentato stupro di un poliziotto a Milano
martedì, 23 Marzo, 2010STORIE INVISIBILI: IL CASO DI JOY DA VIA CORELLI A PONTE GALERIA
di Ambra Murè – Articolo 21
Qualcuno di noi la ricorderà. Qualcun altro l’avrà già dimenticata. Perché Joy è un personaggio scomodo. 28enne. Nigeriana. Un passato da parrucchiera, in patria. Un altro da prostituta sfruttata, in Italia. Un presente da “clandestina” sballottata da un Cie all’altro. Un futuro incerto. Fin qui, una storia purtroppo simile a tante altre. A rendere speciale Joy è il fatto di aver trovato il coraggio di denunciare, durante il processo per le rivolte nel cie milanese di via Corelli, le violenze e i soprusi che avvengono all’interno di mura ancora più impenetrabili di quelle delle carceri.
La verità di Joy è una verità che fa male alle nostre orecchie. Abbiamo deciso comunque di ascoltarla. In questa lunga intervista, lei racconta tutto dall’inizio. Racconta del presunto tentativo di stupro subito da parte dell’ispettore di via Corelli Vittorio Addesso, tentativo da lei denunciato durante il processo e costatole una contro-denuncia per calunnia.
“Si è sdraiato sopra di me, ha cominciato a toccarmi le tette. Io mi sono messa a gridare. ‘Sto solo scherzando’, mi ha detto”. E racconta anche della notte d’estate (13 agosto 2009) in cui gli immigrati inscenarono una rivolta all’interno del cie al grido di “Libertà, libertà”. Quella notte, ricorda Joy, l’ispettore Addesso si presentò nella sua stanza e, senza un motivo, cominciò a picchiarla, accusandola di aver preso parte alla rivolta. Per colpa di quest’accusa, Joy è stata condannata a sei mesi di carcere. Quando le porte della prigione si sono aperte, nel febbraio di quest’anno, è stata prelevata di notte e velocemente rinchiusa in un altro cie. Questa volta a Modena. Da qui, qualche giorno fa, è stata improvvisamente trasferita a Roma, nel centro per immigrati di Ponte Galeria. Nei giorni scorsi, la voce di un suo imminente rimpatrio ha fatto il giro del web. In Nigeria, Joy non può e non vuole tornare. Laggiù l’aspettano i suoi sfruttatori, quelli che l’hanno ingannata promettendole un lavoro onesto in un paese più ricco e poi l’hanno costretta per anni a battere. Si sono già fatti vivi con i suoi familiari e adesso lei teme per la sua vita. La legge italiana dovrebbe e potrebbe proteggerla. Come spiega il suo avvocato, Eugenio Losco, Joy avrebbe diritto a ottenere un permesso di soggiorno speciale per restare in Italia. Un doppio diritto. In quanto vittima di tratta, in base all’articolo 18 del Testo Unico sull’immigrazione. E in quanto persona offesa da un reato (tentato stupro) per il quale deve celebrarsi un processo. Come andrà a finire? “Io non sono fiducioso”, confessa l’avvocato Losco. “E’ evidente che vogliono mandarla via, perché forse temono qualcosa”. E Joy? Cosa vuole lei? “Io voglio solo tornare libera. Desidero uscire da qui, trovare un lavoro normale. Cambiare la mia vita”.
http://www.articolo21.org/792/notizia/storie-invisibili-il-caso-di-joy-da-via-corelli-a.html
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