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In visita al Cie di Ponte Galeria: la storia di Joy, la nigeriana che ha denunciato il tentato stupro di un poliziotto a Milano

“Joy e le altre ragazze nigeriane, trasferite qualche tempo fa dal Cie di Modena a quello di Ponte Galeria, non vogliono tornare in Nigeria dove rischierebbero la vita”. E’ quanto afferma la consigliera regionale di Sinistra e Libertà, Anna Pizzo, che questa mattina, nel Centro di identificazione romano, ha incontrato Joy, la ragazza che ha denunciato un tentato stupro da parte dell’ispettore capo di polizia del Cie milanese di via Corelli.

“In merito alla loro situazione – ha affermato la consigliera – ho ottenuto delle rassicurazioni da parte del vice prefetto, la dottoressa Varvazzaro, secondo la quale, almeno per il  momento Joy e le sue amiche non dovrebbero essere rimpatriate”.
“Nel reparto maschile – continua Anna Pizzo – ho riscontrato una situazione altrettanto drammatica soprattutto per quel che riguarda la storia di un recluso algerino, da 15 giorni in lo sciopero della fame. L’uomo, che ha già perso 10 kg,  rischia ora il collasso. Sono comunque riuscita a ottenere ampie rassicurazioni da parte del personale sanitario di un costante monitoraggio del suo stato di salute. Secondo quanto mi è stato riferito, se le sue condizioni dovessero aggravarsi sarà possibile procedere attraverso l’alimentazione forzata oppure le dimissioni dal Cie. Considerate le motivazioni dello sciopero della fame, ovvero la lontananza dal figlio di sei anni che vive a Milano insieme alla nonna perché la madre è ricoverata in ospedale, auspico che si opti per le dimissioni”.
“Per quel che riguarda le condizioni più generali del Cie di Ponte Galeria, che questa mattina contava 164 uomini e 138 donne, non sono certo delle migliori: la tensione, soprattutto dopo la protesta di sabato 13 marzo scorso, è ancora palpabile e il prolungamento di sei mesi dei tempi della detenzione contribuisce solo a esasperare gli animi”, conclude la consigliera Pizzo.
Di Joy il blog Zeroviolenzadonne.it pubblica la storia.

STORIE INVISIBILI: IL CASO DI JOY DA VIA CORELLI A PONTE GALERIA

di Ambra Murè – Articolo 21

Qualcuno di noi la ricorderà. Qualcun altro l’avrà già dimenticata. Perché Joy è un personaggio scomodo. 28enne. Nigeriana. Un passato da parrucchiera, in patria. Un altro da prostituta sfruttata, in Italia. Un presente da “clandestina” sballottata da un Cie all’altro. Un futuro incerto. Fin qui, una storia purtroppo simile a tante altre. A rendere speciale Joy è il fatto di aver trovato il coraggio di denunciare, durante il processo per le rivolte nel cie milanese di via Corelli, le violenze e i soprusi che avvengono all’interno di mura ancora più impenetrabili di quelle delle carceri.
La verità di Joy è una verità che fa male alle nostre orecchie. Abbiamo deciso comunque di ascoltarla. In questa lunga intervista, lei racconta tutto dall’inizio. Racconta del presunto tentativo di stupro subito da parte dell’ispettore di via Corelli Vittorio Addesso, tentativo da lei denunciato durante il processo e costatole una contro-denuncia per calunnia.
“Si è sdraiato sopra di me, ha cominciato a toccarmi le tette. Io mi sono messa a gridare. ‘Sto solo scherzando’, mi ha detto”. E racconta anche della notte d’estate (13 agosto 2009) in cui gli immigrati inscenarono una rivolta all’interno del cie al grido di “Libertà, libertà”. Quella notte, ricorda Joy, l’ispettore Addesso si presentò nella sua stanza e, senza un motivo, cominciò a picchiarla, accusandola di aver preso parte alla rivolta. Per colpa di quest’accusa, Joy è stata condannata a sei mesi di carcere. Quando le porte della prigione si sono aperte, nel febbraio di quest’anno, è stata prelevata di notte e velocemente rinchiusa in un altro cie. Questa volta a Modena. Da qui, qualche giorno fa, è stata improvvisamente trasferita a Roma, nel centro per immigrati di Ponte Galeria. Nei giorni scorsi, la voce di un suo imminente rimpatrio ha fatto il giro del web. In Nigeria, Joy non può e non vuole tornare. Laggiù l’aspettano i suoi sfruttatori, quelli che l’hanno ingannata promettendole un lavoro onesto in un paese più ricco e poi l’hanno costretta per anni a battere. Si sono già fatti vivi con i suoi familiari e adesso lei teme per la sua vita. La legge italiana dovrebbe e potrebbe proteggerla. Come spiega il suo avvocato, Eugenio Losco, Joy avrebbe diritto a ottenere un permesso di soggiorno speciale per restare in Italia. Un doppio diritto. In quanto vittima di tratta, in base all’articolo 18 del Testo Unico sull’immigrazione. E in quanto persona offesa da un reato (tentato stupro) per il quale deve celebrarsi un processo. Come andrà a finire? “Io non sono fiducioso”, confessa l’avvocato Losco. “E’ evidente che vogliono mandarla via, perché forse temono qualcosa”. E Joy? Cosa vuole lei? “Io voglio solo tornare libera. Desidero uscire da qui, trovare un lavoro normale. Cambiare la mia vita”.
http://www.articolo21.org/792/notizia/storie-invisibili-il-caso-di-joy-da-via-corelli-a.html

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