Da Bresciaoggi del 17.3.2010 riprendiamo il resoconto dell’udienza di ieri nel processo di corte d’assise per la Strage di Brescia:
LA TESTIMONIANZA. L’investigatore dei Ros che ancora sta effettuando ulteriori accertamenti per la procura di Brescia ha ripercorso parte dell’inchiesta
Giraudo: «Maggi era pronto a collaborare»
Wilma Petenzi
«Lo avvicinai a Venezia, ma cambiò idea dopo aver parlato con Digilio in questura: quell’incontro venne solo registrato ma senza ripresa video»
· Mercoledì 17 Marzo 2010
· CRONACA,
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Il tenente colonnello Massimo Giraudo nell’aula d’assise FOTOLIVE
Carlo Maria Maggi, il medico di Mestre imputato con Delfo Zorzi, Maurizio Tramonte, Francesco Delfino e Pino Rauti per la strage di piazza della Loggia, è stato a un passo da diventare collaboratore di giustizia. Per un soffio le dichiarazioni della figura apicale di Ordine Nuovo, reggente nel Triveneto, non sono entrate nell’inchiesta condotta dalla procura di Brescia, non sono agli atti del processo in corso davanti alla corte d’assise di Brescia. È stato a un passo da confidare quello che poteva sapere sulla strategia della tensione, sull’esplosivo, le bombe, sulla collaborazione tra la destra e i servizi segreti deviati che puntavano a militarizzare il Paese. Ma non ha detto nulla. Maggi cambiò atteggiamento dopo un incontro con Carlo Digilio, informatore della Cia con il nome in codice di «Zio Otto», che dopo l’arresto nel ’92 decise di collaborare. Maggi dopo l’incontro con Digilio tronca ogni rapporto, le sue verità finora non le ha svelate a nessuno.
È IL TENENTE colonnello Massimo Giraudo, uomo dei Ros che dal ’92 si è occupato della destra eversiva e ha condotto per la procura bresciana alcuni accertamenti (e ancora sta effettuando indagini e verifiche su delega dei pm Roberto Di Martino e Francesco Paintoni) a svelare in aula i rapporti con Maggi avvicinato mentre collaborava con il giudice Guido Salvini che indagava sulla strage di piazza Fontana.
Con il medico di Mestre Giraudo usò la sua frase-grimaldello: «Sono un ufficiale di polizia giudiziaria dei Ros è il momento di fare chiarezza sul passato». «Chiamai Maggi al telefono (era il primo dicembre 1994) e non mi disse di no». Il primo incontro tra Maggi e Giraudo si concretizza il 7 dicembre a piazzale Roma a Venezia: «Aveva un atteggiamento sprezzante, duro, disse di non sapere neppure quando era stata la strage di piazza Fontana». Gli incontri si susseguono, l’atteggiamento di Maggi cambia. E per essere rassicurato Maggi chiede di poter incontrare Carlo Digilio, che collaborava già con la giustizia e era gestito dalla Digos di Venezia. «L’incontro si fece il 2 febbraio ’95 alla questura di Venezia: Maggi e Digilio erano soli in una stanza. La conversazione venne registrata, ma non furono ripresi. E dopo quell’incontro l’atteggiamento di Maggi mutò, tornò ad essere come nel primo incontro, duro e sprezzante. Mi arrabbiai molto e lo dissi a Salvini: l’incontro doveva essere ripreso, dovevano essere posizionate delle fibre ottiche per riprendere le mani e le facce dei due. Ma l’organizzazione era stata lacunosa». Morale Maggi decide di cambiare atteggiamento e nell’ultimo incontro con Giraudo, tenutosi come i precedenti all’aeroporto, si limita a regalargli un libro e «non accetta come in precedenz
a di bere la solita China calda».
PERSO MAGGI ai Ros il giudice Salvini riaffida Digilio, che Giraudo aveva avuto modo di incontrare nel ’92, subito dopo l’arresto all’estero. Sulle dichiarazioni di Digilio è basata buona parte della ricostruzione dei pm Di Martino e Piantoni, le verità di Digilio, morto nel dicembre del 2005, sono affidate a un incidente probatorio che è negli atti del processo.
Il tenente colonnello, che verrà sentito anche nell’udienza di domani, ha avuto contatti anche con Clara Tonoli, la ex convivente di Gianni Maifredi, imputato nel processo per la strage, ma scomparso lo scorso luglio. Giraudo ha raccolto le confidenze di Clara Tonoli e gli accertamenti hanno consentito anche di trovare la telescrivente – era a casa del figlio di Maifredi – che molti testi hanno dichiarato di aver visto a casa dell’uomo che l’allora capitano Francesco Delfino aveva infiltrato nel Mar di Carlo Fumagalli.Giraudo ha raccontato anche di accertamenti effettuati sull’ex generale Delfino. Per l’investigatore è normale che Delfino avesse rapporti con il generale Palumbo, che comandava la divisione Pastrengo a Milano, ma è singolare che avesse rapporti stretti con l’ambasciatore americano in Italia e con un giornalista – Pepper Bill Curtis Gordon – che era un uomo della Cia che non operava sotto copertura. Per Giraudo i rapporti tra Delfino e l’uomo Cia sono «la punta di un iceberg di rapporti sottesi in termini di intelligence».
È IL TENENTE colonnello Massimo Giraudo, uomo dei Ros che dal ’92 si è occupato della destra eversiva e ha condotto per la procura bresciana alcuni accertamenti (e ancora sta effettuando indagini e verifiche su delega dei pm Roberto Di Martino e Francesco Paintoni) a svelare in aula i rapporti con Maggi avvicinato mentre collaborava con il giudice Guido Salvini che indagava sulla strage di piazza Fontana.
Con il medico di Mestre Giraudo usò la sua frase-grimaldello: «Sono un ufficiale di polizia giudiziaria dei Ros è il momento di fare chiarezza sul passato». «Chiamai Maggi al telefono (era il primo dicembre 1994) e non mi disse di no». Il primo incontro tra Maggi e Giraudo si concretizza il 7 dicembre a piazzale Roma a Venezia: «Aveva un atteggiamento sprezzante, duro, disse di non sapere neppure quando era stata la strage di piazza Fontana». Gli incontri si susseguono, l’atteggiamento di Maggi cambia. E per essere rassicurato Maggi chiede di poter incontrare Carlo Digilio, che collaborava già con la giustizia e era gestito dalla Digos di Venezia. «L’incontro si fece il 2 febbraio ’95 alla questura di Venezia: Maggi e Digilio erano soli in una stanza. La conversazione venne registrata, ma non furono ripresi. E dopo quell’incontro l’atteggiamento di Maggi mutò, tornò ad essere come nel primo incontro, duro e sprezzante. Mi arrabbiai molto e lo dissi a Salvini: l’incontro doveva essere ripreso, dovevano essere posizionate delle fibre ottiche per riprendere le mani e le facce dei due. Ma l’organizzazione era stata lacunosa». Morale Maggi decide di cambiare atteggiamento e nell’ultimo incontro con Giraudo, tenutosi come i precedenti all’aeroporto, si limita a regalargli un libro e «non accetta come in precedenz
a di bere la solita China calda».
PERSO MAGGI ai Ros il giudice Salvini riaffida Digilio, che Giraudo aveva avuto modo di incontrare nel ’92, subito dopo l’arresto all’estero. Sulle dichiarazioni di Digilio è basata buona parte della ricostruzione dei pm Di Martino e Piantoni, le verità di Digilio, morto nel dicembre del 2005, sono affidate a un incidente probatorio che è negli atti del processo.
Il tenente colonnello, che verrà sentito anche nell’udienza di domani, ha avuto contatti anche con Clara Tonoli, la ex convivente di Gianni Maifredi, imputato nel processo per la strage, ma scomparso lo scorso luglio. Giraudo ha raccolto le confidenze di Clara Tonoli e gli accertamenti hanno consentito anche di trovare la telescrivente – era a casa del figlio di Maifredi – che molti testi hanno dichiarato di aver visto a casa dell’uomo che l’allora capitano Francesco Delfino aveva infiltrato nel Mar di Carlo Fumagalli.Giraudo ha raccontato anche di accertamenti effettuati sull’ex generale Delfino. Per l’investigatore è normale che Delfino avesse rapporti con il generale Palumbo, che comandava la divisione Pastrengo a Milano, ma è singolare che avesse rapporti stretti con l’ambasciatore americano in Italia e con un giornalista – Pepper Bill Curtis Gordon – che era un uomo della Cia che non operava sotto copertura. Per Giraudo i rapporti tra Delfino e l’uomo Cia sono «la punta di un iceberg di rapporti sottesi in termini di intelligence».
«Un golpe a Campione
Buzzi lo sapeva»
· Mercoledì 17 Marzo 2010
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Il pm Francesco Piantoni
Spunta anche un golpe a Campione d’Italia, l’enclave italiana sul territorio elvetico, nel processo per la strage di piazza della Loggia. E la cosa singolare è che un accenno al golpe, segretissimo, di cui aveva notizia solo il servizio segreto militare, che aveva un fascicolo intestato «Azione Giava», compare nell’agenda di Buzzi, finita negli atti del processo e esaminata ai raggi X dai Ros e dai consulenti dell’accusa.
«BUZZI nella sua agenda parla di “Azione Giava” – ha precisato in aula il tenente colonnello Massimo Giraudo -. Abbiamo verificato che Azione Giava è l’operazione per raccogliere informazioni su un colpo di Stato a Campione. Le notizie erano state portate da una fonte non identificata; al Sismi c’era un fascicolo su “Azione Giava” con dentro un bigliettino da visita che molto probabilmente riportava alla fonte, ritenuta attendibile, un medico che era legato a Gladio. Il medico, in sostanza, riferiva di una raccolta di fondi in Lombardia per occupare militarmente Campione e dare vita a una sorta di nuova Repubblica sociale. Di questo golpe lo sappiamo dal raggruppamento centro, ma tutti gli atti nella sede periferica al Cs di Milano sono stati distrutti».
Ma è non l’unica sorpresa che la figura di Buzzi riserva ai Ros. «Buzzi ha detto di un ruolo del brigatista Arialdo Lintrami il 28 maggio 1974 e anche per la questura di Milano Lintrami non sarebbe stato estraneo alla fase esecutiva della strage.».
«Buzzi nelle sue istanze sostiene di aver fatto un viaggio con Lintrami il 30 maggio ’74 e di essere uscito a Fano Romano per incontrare Esposti (che viene ucciso proprio quel giorno), ma di essere rientrati. Di questo viaggio – spiega Giraudo – non c’è alcun riscontro, ma nell’agenda di Gianadelio Maletti, ex numero due del Sid, cittadino sudafricano (sono state attivate le richieste per sentirlo in videoconferenza) il 30 maggio 1974 c’è un appunto particolare “un nero oltre a un Br”». E le coincidenze strane e misteriose continuano.W.P.
«BUZZI nella sua agenda parla di “Azione Giava” – ha precisato in aula il tenente colonnello Massimo Giraudo -. Abbiamo verificato che Azione Giava è l’operazione per raccogliere informazioni su un colpo di Stato a Campione. Le notizie erano state portate da una fonte non identificata; al Sismi c’era un fascicolo su “Azione Giava” con dentro un bigliettino da visita che molto probabilmente riportava alla fonte, ritenuta attendibile, un medico che era legato a Gladio. Il medico, in sostanza, riferiva di una raccolta di fondi in Lombardia per occupare militarmente Campione e dare vita a una sorta di nuova Repubblica sociale. Di questo golpe lo sappiamo dal raggruppamento centro, ma tutti gli atti nella sede periferica al Cs di Milano sono stati distrutti».
Ma è non l’unica sorpresa che la figura di Buzzi riserva ai Ros. «Buzzi ha detto di un ruolo del brigatista Arialdo Lintrami il 28 maggio 1974 e anche per la questura di Milano Lintrami non sarebbe stato estraneo alla fase esecutiva della strage.».
«Buzzi nelle sue istanze sostiene di aver fatto un viaggio con Lintrami il 30 maggio ’74 e di essere uscito a Fano Romano per incontrare Esposti (che viene ucciso proprio quel giorno), ma di essere rientrati. Di questo viaggio – spiega Giraudo – non c’è alcun riscontro, ma nell’agenda di Gianadelio Maletti, ex numero due del Sid, cittadino sudafricano (sono state attivate le richieste per sentirlo in videoconferenza) il 30 maggio 1974 c’è un appunto particolare “un nero oltre a un Br”». E le coincidenze strane e misteriose continuano.W.P.
RISVOLTO. L’ufficiale dell’Arma sta ancora facendo accertamenti
«Nel borsello di Esposti
nomi di spie bulgare»
Mara Rodella
«Trovati anche prodotti Usa e una rivista americana con un numero di telefono che riporta alla Olivetti»
· Mercoledì 17 Marzo 2010
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Il presidente Enrico Fischetti
Indagini che lasciano troppe ombre, eversivi e forze dell’ordine vicini ai servizi americani ed europei. La matassa non si sbroglia, ma un capo sta nelle mani dell’accusa che, nel terzo processo sulla strage di piazzza Loggia, punta a dimostrare la complicità tra i movimenti estremisti neri e gli apparati deviati dello Stato.
UNO DEI NODI da sciogliere è la morte di Giancarlo Esposti, membro delle Sam di Milano (che stando a Digilio avrebbero ricevuto in consegna la bomba da Venezia per farla arrivare a Brescia), ucciso a Pian del Rascino, due giorni dopo la strage, in una sparatoria con i carabinieri. «Gli accertamenti su quell’episodio fanno acqua da tutte le parti, questo è un dato di fatto»: non ha dubbi Massimo Giraudo, comandante del Reparto Eversione del Ros, che, ancora, sta indagando sulla strage. «Stiamo lavorando sulle anomalie riscontrate analizzando gli atti. perchè a parlare di quel giorno sono i reperti, a cominciare dalla pistola di Esposti: 4 le armi trovate secondo la prima segnalazione dei carabinieri, solo 3 quelle sequestrate».
A COMPLICARE LE COSE è il borsello di Esposti, trovato sul tavolo autoptico all’ospedale di Rieti: dentro c’erano i biglietti da visita di due bulgari su cui nessuno, all’epoca, condusse accertamenti. «Li stiamo facendo ora – ribadisce Giraudo -, ma la cosa grave è che un semplice controllo in banca dati avrebbe dato riscontro positivo: erano spie, di cui una, tale Spasov, accertata. I servizi avevano evitato di indagare». Punto di raccordo con Esposti potrebbe essere Carlo Fumagalli, leader del Mar che, in effetti, aveva rapporti con i servizi americani e bulgari, come il suo finanziatore, Jordan Veselinoff: massone, nazista, in contatto con il Cic.
«Nel verbale su Pian del Rascino il nome di una delle due spie, Todorov, è scritto con la «f» finale, come se qualcuno li avesse dettati a chi stava scrivendo», prosegue Giraudo. Ma oltre all’arma e ai biglietti da visita, non si indagò nemmeno sui documenti falsi di Esposti: «Quello sotto il nome di Chiarini fu come dimenticato – rileva Giraudo -. Solo poi sarebbe emerso che il maresciallo di Milano in contatto con il Sid era siglato “Ch”. In pratica -incalza – i due elementi che avrebbero fomentato interesse all’epoca vennero subito tralasciati».
COME IL FATTO che Esposti avesse con sè prodotti americani (articoli per l’igiene orale e due Zippo legati all’Intelligence) che non erano in vendita in Italia, uno su tutti: «The Cattleman Enterprise», una rivista ad uso e consumo esclusivo dei ristoranti Usa. «I carabinieri non si sono accorti che sopra era appuntato un numero di telefono italiano che riporta alla Olivetti e su cui oggi si sta indagando: all’epoca non compariva neanche a verbale – spiega Giraudo -. Nell’accampamento di Pian del Rascino fu sequestrato anche un manuale di comunicazione in codice. Che senso ha? Un sistema di criptazione semplice ma infallibile consente di applicare una velina sulla pagina concordata di una rivista e di puntare determinate lettere. Per decodificare basta apporre il foglio sula stessa pagina. Esposti, nel borsello, aveva delle punte Acrilgraph». Solo ipotesi, ma che confermerebbero la vicinanza dell’Intelligence ai movimenti eversivi di quegli anni.
UNO DEI NODI da sciogliere è la morte di Giancarlo Esposti, membro delle Sam di Milano (che stando a Digilio avrebbero ricevuto in consegna la bomba da Venezia per farla arrivare a Brescia), ucciso a Pian del Rascino, due giorni dopo la strage, in una sparatoria con i carabinieri. «Gli accertamenti su quell’episodio fanno acqua da tutte le parti, questo è un dato di fatto»: non ha dubbi Massimo Giraudo, comandante del Reparto Eversione del Ros, che, ancora, sta indagando sulla strage. «Stiamo lavorando sulle anomalie riscontrate analizzando gli atti. perchè a parlare di quel giorno sono i reperti, a cominciare dalla pistola di Esposti: 4 le armi trovate secondo la prima segnalazione dei carabinieri, solo 3 quelle sequestrate».
A COMPLICARE LE COSE è il borsello di Esposti, trovato sul tavolo autoptico all’ospedale di Rieti: dentro c’erano i biglietti da visita di due bulgari su cui nessuno, all’epoca, condusse accertamenti. «Li stiamo facendo ora – ribadisce Giraudo -, ma la cosa grave è che un semplice controllo in banca dati avrebbe dato riscontro positivo: erano spie, di cui una, tale Spasov, accertata. I servizi avevano evitato di indagare». Punto di raccordo con Esposti potrebbe essere Carlo Fumagalli, leader del Mar che, in effetti, aveva rapporti con i servizi americani e bulgari, come il suo finanziatore, Jordan Veselinoff: massone, nazista, in contatto con il Cic.
«Nel verbale su Pian del Rascino il nome di una delle due spie, Todorov, è scritto con la «f» finale, come se qualcuno li avesse dettati a chi stava scrivendo», prosegue Giraudo. Ma oltre all’arma e ai biglietti da visita, non si indagò nemmeno sui documenti falsi di Esposti: «Quello sotto il nome di Chiarini fu come dimenticato – rileva Giraudo -. Solo poi sarebbe emerso che il maresciallo di Milano in contatto con il Sid era siglato “Ch”. In pratica -incalza – i due elementi che avrebbero fomentato interesse all’epoca vennero subito tralasciati».
COME IL FATTO che Esposti avesse con sè prodotti americani (articoli per l’igiene orale e due Zippo legati all’Intelligence) che non erano in vendita in Italia, uno su tutti: «The Cattleman Enterprise», una rivista ad uso e consumo esclusivo dei ristoranti Usa. «I carabinieri non si sono accorti che sopra era appuntato un numero di telefono italiano che riporta alla Olivetti e su cui oggi si sta indagando: all’epoca non compariva neanche a verbale – spiega Giraudo -. Nell’accampamento di Pian del Rascino fu sequestrato anche un manuale di comunicazione in codice. Che senso ha? Un sistema di criptazione semplice ma infallibile consente di applicare una velina sulla pagina concordata di una rivista e di puntare determinate lettere. Per decodificare basta apporre il foglio sula stessa pagina. Esposti, nel borsello, aveva delle punte Acrilgraph». Solo ipotesi, ma che confermerebbero la vicinanza dell’Intelligence ai movimenti eversivi di quegli anni.