Zorzi, un essere ripugnante, uccise a calci un gattino e spense una sigaretta addosso a uno
sabato, 13 Marzo, 2010Riprendo da Bresciaoggi del 13 marzo 2010 il resoconto dell’udienza del processo sulla Strage di Piazza della Loggia
IL PROCESSO IN ASSISE. Prosegue il procedimento ai cinque imputati accusati dell’attentato del 28 maggio ’74
Strage, «Tritone inattendibile»
Wilma Petenzi
Del Vecchio, ex uomo del Sisde, conobbe Tramonte nel ’93: «Voleva soldi per rivelare cose che non aveva ancora detto»
· Sabato 13 Marzo 2010
· CRONACA,
· pagina 12
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I giudici togati e popolari della corte d’assise di Brescia FOTOLIVE
«Fonte Tritone» non è attendibile. È la convinzione di Fausto Del Vecchio, ex funzionario del Sisde, fino al dicembre del ’92 braccio destro di Bruno Contrada, che ebbe modo di approcciare Tritone, alias Maurizio Tramonte, nel 1993 a Matera. Del Vecchio ha testimoniato ieri al processo per la strage di piazza della Loggia che vede Maurizio Tramonte imputato insieme a Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi, Francesco Delfino e Pino Rauti.
Sulle dichiarazioni rilasciate e poi ritrattate da Maurizio Tramonte, fonte del servizio segreto con il nome in codice di «Fonte Tritone» è basata buona parte della ricostruzione dell’accusa che attribuisce a una collaborazione tra i movimenti della destra eversiva veneta e ai servizi segreti deviati la realizzazione dell’attentato costato la vita la mattina del 28 maggio 1974 a otto persone. Ma quanto detto da Tramonte è credibile o no?
Del Vecchio non è entrato nel merito di quanto riferito a suo tempo da Tramonte, ma ha riferito ai giudici della corte d’assise di Brescia l’impressione che ha avuto nel suo veloce incontro. Un’impressione talmente negativa che Del Vecchio, sentito il capocentro, fece sapere a Tramonte che le sue dichiarazioni non interessavano.
«HO INCONTRATO Tramonte nella sua casa di Matera nel marzo-aprile del 1993. Mi aveva fatto sapere tramite il suo socio, che era una mia fonte, di avere cose da dire riguardanti Brescia. Mi ha riferito che aveva già parlato con il giudice istruttore Zorzi, ma che non aveva detto tutto quello che sapeva. Si dichiarò disposto a parlare in cambio di denaro e del dissequestro di alcuni suoi mezzi per la movimentazione di terra. Mi raccontò alcune cose che aveva già riferito a Zorzi per accreditarsi, le altre cose le avrebbe dette dopo il pagamento. Parlò di eventi che erano successi a Brescia e che aveva già riferito. Mi disse di avere cose importanti da dire, cose che avrebbero potuto dare un’impronta a questa indagine».
Ma Del Vecchio ha anche riferito della brutta impressione che gli fece Tramonte in quell’incontro. «Ricordo che mi fece capire di aver avuto contatti con i servizi segreti e con altre forze di Polizia. Ma il fatto che me lo dicesse così, al primo incontro, non mi fece una bella impressione: chi parla troppo mi ha sempre fatto una brutta impressione. Per me non era una persona completamente sincera, mi ha dato l’impressione di essere scarsamente attendibile».
Dopo il colloquio
Del Vecchio ha riferito al suo capocentro «a cui comunicai anche la mia cattiva impressione».
«Il mio superiore – ha ricordato del Vecchio – mi disse di far sapere a Tramonte di continuare a collaborare con Zorzi».
IN AULA IERI anche Daniela Siciliano che nel ’71 a Mestre sposò Leopoldo Brigantin, legato a Maggi, Zorzi, Raho, Romani e a Pino Rauti. Daniela Siciliano, vedova da anni, ha ricordato i primi anni Settanta, un incontro in via Mestrina e alcune riunioni che dal ’72 si svolsero nella sua abitazione a Marghera. La donna ha anche ricordato di un pranzo a Abano Terme a casa di Giangastone Romani con la partecipazione di Pino Rauti. «Pino Rauti era sicuramente l’ideologo del gruppo» ha ricordato in aula la donna, che non ha però partecipato attivamente alle riunioni del marito e di camerati «poi in ordine di importanza c’erano Maggi e Romani». Daniela Siciliano ha ricordato anche Delfo Zorzi: «Era considerato un essere superiore, ma per me era ripugnante e crudele. Ricordo che uccise un gattino con un calcio e che spense la sigaretta sul’orecchio di un amico che si era allenato male in palestra».
Sulle dichiarazioni rilasciate e poi ritrattate da Maurizio Tramonte, fonte del servizio segreto con il nome in codice di «Fonte Tritone» è basata buona parte della ricostruzione dell’accusa che attribuisce a una collaborazione tra i movimenti della destra eversiva veneta e ai servizi segreti deviati la realizzazione dell’attentato costato la vita la mattina del 28 maggio 1974 a otto persone. Ma quanto detto da Tramonte è credibile o no?
Del Vecchio non è entrato nel merito di quanto riferito a suo tempo da Tramonte, ma ha riferito ai giudici della corte d’assise di Brescia l’impressione che ha avuto nel suo veloce incontro. Un’impressione talmente negativa che Del Vecchio, sentito il capocentro, fece sapere a Tramonte che le sue dichiarazioni non interessavano.
«HO INCONTRATO Tramonte nella sua casa di Matera nel marzo-aprile del 1993. Mi aveva fatto sapere tramite il suo socio, che era una mia fonte, di avere cose da dire riguardanti Brescia. Mi ha riferito che aveva già parlato con il giudice istruttore Zorzi, ma che non aveva detto tutto quello che sapeva. Si dichiarò disposto a parlare in cambio di denaro e del dissequestro di alcuni suoi mezzi per la movimentazione di terra. Mi raccontò alcune cose che aveva già riferito a Zorzi per accreditarsi, le altre cose le avrebbe dette dopo il pagamento. Parlò di eventi che erano successi a Brescia e che aveva già riferito. Mi disse di avere cose importanti da dire, cose che avrebbero potuto dare un’impronta a questa indagine».
Ma Del Vecchio ha anche riferito della brutta impressione che gli fece Tramonte in quell’incontro. «Ricordo che mi fece capire di aver avuto contatti con i servizi segreti e con altre forze di Polizia. Ma il fatto che me lo dicesse così, al primo incontro, non mi fece una bella impressione: chi parla troppo mi ha sempre fatto una brutta impressione. Per me non era una persona completamente sincera, mi ha dato l’impressione di essere scarsamente attendibile».
Dopo il colloquio
Del Vecchio ha riferito al suo capocentro «a cui comunicai anche la mia cattiva impressione».
«Il mio superiore – ha ricordato del Vecchio – mi disse di far sapere a Tramonte di continuare a collaborare con Zorzi».
IN AULA IERI anche Daniela Siciliano che nel ’71 a Mestre sposò Leopoldo Brigantin, legato a Maggi, Zorzi, Raho, Romani e a Pino Rauti. Daniela Siciliano, vedova da anni, ha ricordato i primi anni Settanta, un incontro in via Mestrina e alcune riunioni che dal ’72 si svolsero nella sua abitazione a Marghera. La donna ha anche ricordato di un pranzo a Abano Terme a casa di Giangastone Romani con la partecipazione di Pino Rauti. «Pino Rauti era sicuramente l’ideologo del gruppo» ha ricordato in aula la donna, che non ha però partecipato attivamente alle riunioni del marito e di camerati «poi in ordine di importanza c’erano Maggi e Romani». Daniela Siciliano ha ricordato anche Delfo Zorzi: «Era considerato un essere superiore, ma per me era ripugnante e crudele. Ricordo che uccise un gattino con un calcio e che spense la sigaretta sul’orecchio di un amico che si era allenato male in palestra».
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