Informazioni che faticano a trovare spazio

Ale Tecce: difficile per me stare con Emergency

Ripubblico questa nota di Ale Tecce inviatami ieri mercoledì 14 su Facebook. Più una mia risposta. Tutto il dibattito è sul mio profilo in Fb.

Difficile per me stare con Emergency.
Ieri alle 23.47

Grande mobilitazione in difesa di Emergency. Molte lance spezzate in suo favore. Io non me la sento di farlo, perché penso che il ruolo di Emergency in Afghanistan sia stato ambiguo. Ma soprattutto ho trovato il comportamento di Gino Strada e di Emergency, nella vicenda del rapimento di Daniele Mastrogiacomo, a dir poco criticabile ma più spesso insopportabile per i toni e poco chiaro, troppo poco chiaro nella vicenda della mancata liberazione di Adjmal Nashkbandi, l’interprete di Mastrogiacomo, il ragazzo di 23 anni sgozzato dal mullha Dudallah. Allora, nei giorni seguenti la morte di Adjmal, scrissi anche una lettera al direttore di Repubblica. Non l’ho mai mandata, forse vigliaccamente. Un po’ mi mancò la voglia di accodarmi al coro sfacciatamente strumentale della destra, un po’ mi sembrò davvero impossibile che in quel momento: a) fosse pubblicata; b) ci potesse essere una risposta da La Repubblica, inevitabilmente coinvolta in prima persona e debitrice certamente a Strada della vita di Mastrogiacomo.
Ma quella vicenda non si è ancora affievolita nei miei sentimenti, e spesso mi è capitato con amici che elogiavano Emergency, o addirittura proponevano Strada per il premio nobel, di accalorarmi nel porre domande su quei tragici giorni che ancora oggi non hanno risposta e non ne avranno mai, nella migliore tradizione del nostro paese.

Alcune premesse:
a) credo che Emergency abbia dei grandi meriti per l’attività dei suoi ospedali, in Afghanistan ma non solo;
b) mi sembrano incredibili le accuse del governo afgano agli operatori di Emergency arrestati;
c) anche nella lettera che avrei voluto indirizzare al direttore di Repubblica, dicevo di condividere pienamente la premessa dalla quale partiva il suo editoriale: stavamo piangendo la morte di due persone, Sayed Agha e Adjmal Nashkbandi, e a nulla sarebbe servito piangere anche la terza, Daniele Mastrogiacomo.
d) credo che un’organizzazione umanitaria che operi in situazioni di conflitto debba mantenere una neutralità tra le parti in campo, pena l’impossibilità di operare e di essere riconosciuta come un posto sicuro, per quanto le circostanze lo permettano, dalla totalità dei bisognosi che debbano ricorrere a lei.

Quest’ultimo punto è stato sempre rivendicato da Emergency, pur nella ferma ripulsa della guerra. Mai Emergency si è descritta come una sorta di “volante rossa”, dedita alla cura esclusiva di una delle parti in conflitto, magari a quella che qualcuno potrebbe considerare “insorgente” contro un attacco delle potenze occidentali. Quest’ultimo punto a me pare non sia stato rispettato nella vicenda del ragazzo Adjmal, e che per un qualche motivo quella vita sia scivolata troppo leggermente tra le mani di chi in qualche modo se ne era fatto garante, così come si era fatto garante dall’altra parte del rispetto dei patti da parte dell’odioso Karzai. Leggermente dico, diversamente dalle vite di uomini, ragazzi e bambini che vediamo distesi, feriti, nell’ospedale di Lashkar Gah o di Kabul, tenacemente assistiti in condizioni terribili.

Questa mia convinzione si è formata semplicemente ascoltando le dichiarazioni di Gino Strada o di altri di Emergency e leggendole sui giornali, in particolare Repubblica.

I fatti sono noti: il 5 marzo 2007 Daniele Mastrogiacomo viene rapito dai talebani insieme al suo autista Sayed Haga e al suo interprete Adjmal Nashkbandi. Il governo italiano (guidato da Prodi) decide di affidare la trattativa a Emergency, visto il suo forte radicamento nella zona. Dopo giorni di trattative, durante i quali l’autista Sayed Haga viene sgozzato di fronte a Mastrogiacomo e ad Adjmal, vengono liberati quattro dei cinque talebani richiesti dal mullah Dudallah. Il quinto, un talebano pentito, riesce a non farsi “liberare” per non incappare in un destino peggiore della detenzione. Lo stesso giorno, il 19 marzo viene liberato Daniele, insieme ad Adjmal. Ma mentre Mastrogiacomo arriva all’ospedale di Emergency a Lashkargah, di Adjmal si perdono le tracce.

A questo punto le cose si confondono, e parecchio. Non c’è dubbio che la situazione non sia facile e che qualcosa possa essere andato storto, ma a me viene da pensare che se uno è un operatore umanitario in Afghanistan, che ha a cuore le sorti degli afghani travolti dalla tragedia, dovrebbe essere lui il primo a disperarsi non solo perché un giovane afghano è di nuovo in pericolo di vita, ma anche per un tale esito di tutta la vicenda. Non potrebbe essere altro che odioso agli occhi degli afghani assistere ad una trattativa nella quale quattro talebani vengono liberati per la vita salva del giornalista occidentale ma i due afghani muoiono nel modo peggiore! Infatti, l’8 aprile 2007 Adjmal, ventitreenne giornalista e traduttore, nipote di un alto funzionario della polizia afghana, viene ucciso anche lui. Ma in quei momenti, in quei giorni, resi ancora più drammatici dall’arresto di Rahmatullah Hanefi, il collaboratore di Emergency che è stato protagonista delle trattative per il rilascio di Mastrogiacomo, Strada si esprime così nelle cronache giornalistiche di quei giorni:

La Repubblica – 21 marzo 2007

“Ma poco e niente si sa ancora su Adjmal Nashkband, l’ interprete che si è avventurato con Daniele nei territori del Taliban. Dov’ è? Risponde Gino: «E chi lo sa. È stato liberato e poi ripreso: adesso è in mano o ai servizi segreti o ancora ai talebani». Di come è arrivato ieri pomeriggio a Kabul, si limita a dire: «Via aerea». Di come è stata condotta la trattativa nei dettagli non può entrare. Parla del poco tempo che ha sempre avuto per cercare di salvare la vita a Daniele: «È stato un incubo. Il nemico era proprio il tempo con il governo afghano che creava sempre ostacoli». È stata l’ ultima frase di Strada in questa strana giornata di Kabul. Con Daniele finalmente libero ma con tanti fantasmi che si aggirano fra Kabul e Lashkar-Gah.” – DAL NOSTRO INVIATO ATTILIO BOLZONI

La Repubblica – 21 marzo 2007

“Gino Strada, fondatore di Emergency, che della liberazione di Adjmal sarebbe dovuto essere garante, allarga le braccia. «Per noi – dice – è stato liberato. Il che non vuol dire che poi qualcun altro non l’ abbia ripreso». Quindi, aggiunge che nei “patti” non era prevista la sua riconsegna all’ ospedale di Lashkar Gah, «non essendo sicuro che lui lo volesse». Un fatto è certo: il destino di Adjmal non è evidentemente soltanto questione di rigore etico, di obbligo morale nei confronti del tormento che vive in queste ore chi, a casa, aspetta di riabbracciarlo, come l’ anziano padre Ghulam e il fratello Mounir (che, ieri, hanno protestato sui gradini del ministero dell’ informazione di Kabul, chiedendo con rabbia «quanti Taliban saranno rilasciati» per il loro ragazzo).” CARLO BONINI

In una intervista a RepubblicaTV, ancora reperibile sul sito:

http://tv.repubblica.it/home_page.php?playmode=player&cont_id=8823&ref=search

nei giorni in cui Hanefi è ancora in prigione, Gino Strada, a proposito di Adjmal, dichiara come lui fosse sicuro della sua presenza, insieme a Mastrogiacomo nell’ospedale di Emergency, avendolo scambiato con un autista che avevano assunto qualche giorno prima, dato che non aveva mai visto una foto di Adjmal (!). Solo in seguito Hanefi gli avrebbe detto che Adjmal, rilasciato, era andato via con un altro gruppo (!).

Ma qualche tempo dopo, nella conferenza stampa tenuta il giorno del rilascio di Hanefi, Hanefi stesso e Strada cambiano versione: nessuno ha mai parlato della liberazione di Adjmal, nessuno li aveva mai incaricati di trattare per Adjmal, anche se Emergency ha comunque richiesto la sua liberazione. Certo, il governo italiano, se avesse voluto, avrebbe potuto fare qualcosa:

http://tv.repubblica.it/home_pa
ge.php?playmode=player&cont_id=11575&ref=search

In un articolo di Carlo Bonini su Repubblica del 22 marzo, è scritto invece ” che Adjmal Nashkbandi….sia custodito da lunedì scorso in una struttura del Nsd (il servizio segreto afgano) è circostanza di cui ora si dice “certa” Emergency (con il suo vicepresidente Carlo Garbagnati e con lo stesso Gino Strada)….”

Comunque in quei giorni, anche negli appelli in TV, per esempio alla trasmissione di Fazio, il primo e spesso unico per il quale viene con forza richiesta la liberazione è Hanefi, Adjmal è sempre sullo sfondo o lo si nomina quando è il giornalista di turno a richiamarlo. Di fronte alla giusta veemenza per chiedere la liberazione di Hanefi, accompagnata da insulti e derisioni nei confronti di Karzai, sta una certa superficialità e trascuratezza nei confronti di Adjmal accompagnata da quell’ulteriore appello al mullah Dudallah che Gino Strada si dichiara “pronto a fare” (ma perché? qualcuno deve chiedere a lui, operatore umanitario, di fare un appello per la liberazione di un giovane afgano dalle mani dei talebani?). L’appello alla profonda religiosità del mullah.

Alla fine, con le solite allusioni alla mano “amerikana” tra Karzai e Prodi, la tesi finale sarà che l’operatore umanitario Gino Strada, non essendovi in alcun modo obbligato, si è fatto convincere dal guerrafondaio governo Prodi a trattare esclusivamente per la vita di un giornalista occidentale e lasciare al loro orribile destino due afgani. Che il secondo dei due è stato liberato, ma forse lo hanno preso i servizi segreti afgani, oppure se ne è andato con altri perché non voleva andare all’ospedale di Emergency e poi, strada facendo, e che strada, è stato ripreso dai talebani, che ad Emergency non hanno più dato ascolto ma lo avrebbero dato al governo italiano, forse, se quello stesso governo avesse provato a fare qualcosa.

Che dire? Ognuno è libero di credere a ciò che vuole o preferisce, ma io non sto con Emergency.

Ale Tecce

La mia risposta:
Cara Ale, la questione che poni è davvero complessa (e con altri ne abbiamo già discusso un’intera serata, tempo fa). Comprendo la tua giusta posizione su Adjmal, però tra noi e quegli avvenimenti (quindi anche tra noi e le parole riportate di Strada, convengo spesso poco brillanti) ci sono mille ostacoli e lenti deformanti. Perciò sospenderei il giudizio, in questo momento. Non posso sospenderlo invece per i tre ostaggi di Emergency in mano al governo afgano. Nè tantomeno suille parole dei nostri ministri. Su questo non ho dubbi: difendere i tre ed Emergency, in questo frangente, diventa la stessa cosa. Non sarà il meglio, ma è quello con cui abbiamo a che fare. Per difendere anche l’impegno e l’abnegazione di migliaia di volontari nel mondo, trattati troppo spesso come carne da macello.

Paolo Brogi

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