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Fecero salire migranti su una nave italiana, poi li riportarono in Libia. Calpestati i diritti, è violenza privata. La procura di Siracusa incrimina funzionari del Viminale

Qualcosa si è inceppato nella politica dissennata dei respingimenti di migranti. Lo stop stavolta viene da un procura, quella di Siracusa, che ha ritenuto illegittimo e da sanzionare il comportamento del dirigente del Viminale Ronconi e del generale Carrarini della Guardia di Fionanza: fatti salire a bordo di un mezzo italiano i migranti furono poi riportati in Libia. In sostanza, dal momento che erano in territorio itaiano, sono stati privati dei loro diritti, primo quello di poter chiedere asilo.
Da Repubblica online del 22.4.2010:

RESPINGIMENTI

A giudizio il direttore dell’ufficio immigrati
E’ accusato di concorso in violenza privata  

Si tratta di Rodolfo Ronconi, alto funzionario del viminale e del generale della guardia di Finanza, Vincenzo Carrarini. Rinviarono in Libia 75 immigrati. Solo nel 2009 furono rimandati in Libia 834 persone

SIRACUSA – La Procura della Repubblica di Siracusa ha disposto il giudizio per concorso in violenza privata del direttore della direzione centrale dell’immigrazione e della polizia delle Frontiere del ministero dell’Interno, Rodolfo Ronconi, e del generale della guardia di finanza, Vincenzo Carrarini, in qualità di capo ufficio economia e sicurezza del terzo reparto operazioni del comando generale delle Fiamme Gialle.
La richiesta riguarda il respingimento di 75 immigrati che, tra il 29 e il 31 agosto del 2009, furono intercettati da unità navali della guardia di finanza al largo di Portopalo di Capo Passero e che furono riportati in Libia su una nave della Gdf.

Prosciolti i finanzieri sulla nave. La Procura di Siracusa ha invece prosciolto i militari della Guardia di Finanza che intervennero sul posto “in considerazione del fatto che avevano operato per ordini superiori non manifestamente illegittimi”. Il processo a Ronconi e al gen. Carrarini si celebrerà davanti il Tribunale di Siracusa, in composizione monocratica, che non ha ancora fissato la prima data dell’udienza.

Quella notte in mezzo al mare. Quella notte fra il 30 e il 31 agosto dell’anno scorso, un gommone con a bordo 75 migranti, compresi alcuni bambini, partita dalla Libia fu bloccata da unità navali della Guardia di Finanza in acque internazionali, al largo di Portopaolo di Capo Passero. Sembrava l’ennesima operazione di soccorso di clandestini impegnati nel viaggio della speranza verso la Sicilia, porta d’Europa. Gli extracomunitari furono fatti salire sulla nave Denaro della Finanza, ma invece di condurli in Italia li riportò in Libia, affidandoli alle autorità locali. Lo scorso anno sono state nove le operazioni di respingimento nel Canale di Sicilia, con le quali sono stati riportati in Libia 834 immigrati.

Le indagini.
La notizia fu riportata da numerosi quotidiani e il procuratore capo di Siracusa, Ugo Rossi, aprì un’inchiesta conoscitiva e poi dispose indagini sul conto di diversi militari della Guardia di Finanza. Gli ordini di respingimento, secondo la ricostruzione della magistratura siracusana, che li contesta ritenendo la nave territorio italiano in cui si applica la legge italiana, arrivarono direttamente da Roma e per questo la Procura ha disposto la citazione a giudizio, per violenza privata, del direttore di polizia per l’immigrazione, Rodolfo Ronconi e del generale della guardia di finanza Vincenzo Carrarini.

Il giudice monocratico. Al centro del reato non è il “respingimento in se” – spiegano in Procura a Siracusa – ma la mancata applicazione della legge italiana sul territorio nazionale, così come è considerata una nave della Guardia di Finanza. Il processo per violenza privata del direttore di polizia per l’immigrazione, Rodolfo Ronconi e del generale della Guardia di Finanza, Vincenzo Carrarini, disposto dalla Procura senza passare dalla decisione del Gip, è prassi giuridica in caso di reati valutati dal giudice monocratico.

L’abuso dei pubblici ufficiali. Secondo la Procura della Repubblica di Siracusa, i due imputati “con abuso delle rispettive qualità di pubblici ufficiali” avrebbero tenuto una “condotta violenta” nel “ricondurre in territorio libico, contro la loro palese volontà, 75 stranieri, non identificati, alcuni sicuramente minorenni, intercettati in acque internazionali su un natante proveniente dalle coste libiche”. Il reato, secondo la Procura è scattato quando gli immigrati sono stati “fatti salire a bordo della nave della Guardia di Finanza ‘Denaro’ e dunque su territorio italiano”.

In contrasto con l’ordinamento. Il comportamento nei confronti dei 75 migranti, che in quel momento, sostiene l’accusa, è come se fossero stati nel nostro Paese, sarebbe stato “in aperto contrasto con le norme di diritto interno e di diritto internazionale recepite nel nostro ordinamento”. Tanto da “impedire loro l’accesso effettivo alle procedure di tutela dei rifugiati e più in generale di avvalersi dei diritti loro riconosciuti in materia di immigrazione”.

Gli accordi Italia-Libia non c’entrano. La Procura nel capo d’accusa sottolinea che “l’imputazione non concerne direttamente la cosiddetta ‘politica dei respingimenti’, ed in particolare non attiene alla legittimità in sè degli accordi sottoscritti tra l’Italia e la Libia” ma, appunto,  a “una violenza privata, poichè non eseguiti nel rispetto della normativa italiana, conforme tra l’altro agli accordi internazionali”.

Gli 834 respingimenti nel 2009.
Nove sono state le operazioni di respingimento nel Canale di Sicilia con le quali sono stati riportati in Libia 834 immigrati. C’è poi chi ha calcolato che – dal 1988 in poi – sarebbero circa 15 mila le persone morte nel tentativo di raggiungere l’Europa via mare.  Ecco qui di seguito gli episodi relativi al 2009.

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