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La prima condanna per il Ponte di Messina

Ricevo da Antonio Mazzeo:

Giuseppe “Joseph” Zappia, l’anziano ingegnere italo-canadese accusato di aver fatto da “schermo” a un oscuro  tentativo d’investire 5 miliardi di euro nella progettazione e nei lavori di costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina, è stato condannato dal Tribunale di Roma a tre anni e sei mesi di reclusione e a due anni di libertà vigilata. Nel riconoscere Zappia responsabile del reato di associazione per delinquere, la Corte lo ha però assolto dall’accusa di turbativa d’asta relativamente alla partecipazione alla gara di pre-qualifica per la scelta del general contractor dell’opera di collegamento stabile tra Sicilia e Calabria. 
Il professionista era stato arrestato a Roma il 12 febbraio 2005. L’indagine aveva preso il via da una segnalazione della polizia canadese risalente all’ottobre del 2002 e relativa alle operazioni finanziarie di una delle più potenti organizzazioni criminali di stampo mafioso del nord America, capeggiata dal boss Vito Rizzuto. Una cellula del sodalizio operava anche in Italia con lo scopo di acquisire il controllo di importanti attività economiche: il referente, stando agli inquirenti, sarebbe stato proprio Giuseppe Zappia, dotato di grande esperienza internazionale nel campo delle opere pubbliche. Sin dalla metà degli anni Settanta, il professionista aveva conquistato il vertice di una delle più importanti società canadesi, partecipando alla costruzione di complessi immobiliari, ospedali e cliniche per migliaia di posti letto e, fiore all’occhiello, le due piramidi del villaggio olimpico di Montreal. Un’opera, quest’ultima, dal design certamente futurista e originale, ma che alla fine era costata 68 milioni di dollari in più di quanto preventivato. Da lì l’arresto di Zappia per estorsione e truffa. S
Scarcerato dietro cauzione, nell’aprile 1980 l’ingegnere decideva di lasciare il Canada per trasferirsi negli Emirati Arabi, ove concorreva alla realizzazione di importanti opere civili e perfino dei campi base utilizzati dalle forze armate USA per sferrare l’attacco all’Iraq durante la prima Guerra del Golfo. Dopo la caduta del muro di Berlino, Giuseppe Zappia si era inserito nel mercato dell’edilizia privata e delle reti infrastrutturali in Cecoslovacchia, Polonia e Russia. Il professionista sbarcava pure nelle isole delle Bermude, dove in società con il locale governatore John Swan, insediava alcuni complessi turistico-immobiliari. Proprio nelle Bermude l’ingegnere Zappia aveva l’opportunità di conoscere l’allora costruttore-tele editore Silvio Berlusconi, proprietario di una villa nella parte più esclusiva dell’arcipelago.
L’ingegnere, tuttavia, non era riuscito a sfuggire alsogno di fare qualcosa di grande, di eterno, per la terra propria e degli avi. «Mi ricordo – ha raccontato Zappia – che quand’ero ragazzo la gente anziana, emigrata in America nei primi anni del 1900, mi ripeteva che un giorno anche Calabria e Sicilia verranno unite da un ponte come quello di Brooklyn. Ho deciso di concludere la mia vita qui e vorrei tanto veder realizzato quel ponte sullo Stretto di Messina». Un desiderio-aspirazione che lo spingeva a farsi in quattro in vista del preannunciato bando per la scelta del soggetto unico a cui affidare, chiavi in mano, progetto, finanziamento e lavori. Per concorrere alla fase di preselezione, Zappia fondava una modestissima società a responsabilità limitata (appena 30 mila euro di capitale), la Zappia International, la cui sede veniva fissata a Milano negli uffici di uno studio legale.
Contemporaneamente l’ingegnere italo-canadese allestiva un team di professionisti internazionali che lo affiancavano nella gestione degli aspetti economici e finanziari dell’operazione. Veniva nominato consulente legale un avvocato romano  mentre i contatti con i potenziali finanziatori esteri venivano affidati ad un mediatore cingalese. Per stringere relazioni e alleanze con ministri, sottosegretari e imprenditoria capitolina, Zappia avrebbe ottenuto la collaborazione di un ex attore televisivo. Poi però ha fatto io passo più lungo deella gamba ed è finito oggetto di un’inchiesta giudiziaria per cui ora è stato condannato, il primo condannato dell’affaire Ponte di Messina.

Alle vicende giudiziarie di Giuseppe Zappia e all’interesse delle organizzazioni criminali nordamericane alla realizzazione del Ponte sono dedicati i primi due capitoli del libro “I Padrini del Ponte. Affari di mafia sullo stretto di Messina” (A. Mazzeo, Edizioni Alegre, Roma), in uscita in questi giorni.

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