Informazioni che faticano a trovare spazio

Maletti dal Sud Africa non ricorda di aver detto dei legami Cia Ordine Nuovo

da bresciaoggi del 24 aprile:

Maletti dal Sud Africa, amnesie e smentite
Wilma Petenzi
L’ex numero 2 del Sid, direttore del controspionaggio non ha confermato le dichiarazioni del Duemila: «Legami Cia-Ordine nuovo? Non l’ho mai detto»
·         Sabato 24 Aprile 2010
·         CRONACA,
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Il monitor per il collegamento con Maletti in Sud Africa FOTOLIVE
Tante dimenticanze, poche conferme, nessuna accusa circostanziata, nessun j’accuse ai servizi segreti nè italiani, nè stranieri, un’assoluzione completa anche della Cia, nonostante l’attegiamento di arroganza riservato ai colleghi italiani.
Si possono riassumere così le oltre otto ore di deposizione del generale Gianadelio Maletti, ex numero due del Sid, direttore del reparto D – controspionaggio – tra giugno del 1961 e ottobre del 1975, in piena strategia della tensione, quando il freno all’avanzata della sinistra puzzava di tritolo. Maletti, cittadino sudafricano dal 1981, condannato per falso ideologico in atto pubblico e favoreggiamento personale nei confronti di Guido Giannettini e Marco Pozzan, rientrato in Italia nel 2001 grazie a un salvacondotto per testimoniare al processo per la strage di piazza Fontana, ieri è stato testimone nel processo per la strage di piazza della Loggia.
SENTITO in videoconferenza dal Sud Africa, Maletti ha trascorso l’intera giornata in un ufficio giudiziario di Johannesburg. Ad affiancarlo Marco Giungi, ministro consigliere dell’ambasciata italiana di Pretoria, che ha avuto il non facile compito di riferire a Maletti che, a quasi 89 anni ha qualche problema di udito e ha ammesso di avere qualche difficoltà anche a ricordare, le domande dei pubblici ministeri Roberto di Martino e Francesco Piantoni. Per quasi otto ore i due pubblici ministeri hanno interrogato l’ex numero due del Sid, ma le conferme attese non ci sono state.
Maletti, con voce piuttosto metallica, non ha confermato quanto dichiarato nel luglio 2000 al giornalista de «La Repubblica» Daniele Mastrogiacomo e pubblicato nell’intervista il 4 agosto con il titolo «Maletti, la spia latitante. La Cia dietro quelle bombe». Rivelazioni scottanti che fecero finire il giornalista davanti ai carabinieri il 7 agosto e di cui ieri i pm bresciani hanno chiesto conto. «Nell’intervista – ha detto Maletti, che non ha chiesto alcuna rettifica al quotidiano – c’erano alcune cose che non erano esattamente come avevo detto e alcune cose che possono essere state aggiunte per creare maggiore attenzione nel lettore».
Nell’intervista Maletti parla di un coinvolgimento della Cia nelle stragi compiute dai gruppi di destra: secondo Maletti non sarebbe stata determinante nella scelta dei tempi e degli obiettivi, ma avrebbe fornito a Ordine Nuovo attrezzature ed esplosivo (proveniente dalla Germania), tra cui, in base alle indagini effettuate a suo tempo dal Sid, anche quello impiegato nella strage di piazza Fontana. Secondo Maletti lo scopo di questo comportamento era quello di creare un clima favorevole ad un colpo di stato simile a quello avvenuto nel 1967 in Grecia. Maletti nell’intervista ha anche riferito che al Sid, nonostante questo avesse informato il governo di quanto scoperto, non fu mai chiesto di intervenire e che la Cia, tramite infiltrati e collaboratori, fungeva da collegamento tra diversi gruppi di estrema destra italiani e tedeschi. Affermazioni che Maletti avrebbe parzialmente confermato nel processo per la strage milanese.
DICHIARAZIONI di peso per i pm che attribuiscono la strage del 28 maggio 1974 a un’organizzazione sinergica tra ordinovisti veneti e servizi segreti deviati, ma affermazioni che Gianadelio Maletti non ha confermato. Negli appunti di Mastrogiacomo della conversazione con Maletti si fa riferimento al legame tra Cia e Ordine Nuovo: su On la Cia aveva il pieno controllo – è stato letto in aula -, la Cia era molto infiltrata in Ordine Nuovo, che era un gruppo giovane e molto motivato. «Non ricordo di aver fatto il nome di Ordine Nuovo – ha detto Maletti -. Non mi risultano contatti diretti tra la Cia e gruppi estremisti».
Nessuna informazione da Maletti sulla strage di Brescia. «Per la strage di piazza Loggia – ha dichiarato Maletti – il reparto D non fece molto. Ricordo molto poco di quell’evento. Per quanto riguarda la strage di Brescia ho forti dubbi che la Cia abbia avuto un ruolo».
Maletti ha anche detto di non ricordare alcuna «Fonte Tritone», al secolo Maurizio Tramonte, uno dei cinque imputati del processo, informatore del Sid infiltrato in On. «Fonte Tritone non mi dice nulla». Nessun ricordo nonostante ci sia una sua annotazione firmata diretta al numero uno del Sid, Vito Miceli, per informarlo della collaborazione con il centro spionaggio di Padova di un’ottima fonte – Tritone per l’appunto – «che potrebbe essere bruciata da una tempestiva segnalazione all’autorità giudiziaria. Nessun ricordo nemmeno del capitano «Palinuro», per l’accusa l’ex generale Delfino, pure lui imputato. Otto ore non sono state sufficienti e Maletti sarà sentito ancora il 4 maggio.
Il Tir con l’esplosivo
e l’allarme «cestinato»
·         Sabato 24 Aprile 2010
·         CRONACA,
·         pagina 15
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«Un camion carico di esplosivo, che dalla Germania via Brennero entrò in Italia». L’informazione che il generale Gianadelio Maletti è convinto di aver ricevuto dal centro spionaggio di Padova nel 1972 e non negli anni successivi, «quasi da escludere nel ’74», per i pm sarebbe un importante riscontro a quanto contenuto nelle veline della «Fonte Tritone», l’imputato Maurizio Tramonte, presente ieri.
NELLE VELINE i riferimenti a Tir con armi compaiono in ben due note informative della fonte del Sid: il 16 giugno del ’74 Tritone riferisce della presenza a Brescia di un camerata di Mestre, collaboratore di Maggi, presente alla riunione del 25 maggio di Abano dove, secondo l’informatore si decise la strage, per incontrare un camerata bresciano, di un ulteriore spostamento a Salò per incontrare un altro camerata bresciano con Porsche nera e due bionde vistosamente truccate al seguito che consegnò al mestrino un voluminoso pacco di documenti, e poi il ritorno in autostrada con sosta in una piazzuola prima di San Bonifacio e prelievo, da un camion con targa tedesca, di una grossa cassa.
«La mia comunicazione sul tir credo sia giunta nel ’72 – ha precisato Maletti – e nell’informativa che ricordo non si parlava di prelievo di una cassa». Tritone torna a parlare di camion e di casse anche in una velina del 16 luglio ’74 che narra di un incontro di un mestrino a Salò con un camerata e alle 24 tappa in autostrada vicino a due tir olandesi, con prelievo di una cassa.
Maletti non ricorda le veline di Tritone, ma qualche ricordo gli torna alla mente mentre il pm Piantoni legge la nota che fa sintesi di quanto successo il 29-30 giugno dopo il ritorno di Gastone Romani da Roma per un incontro con Pino Rauti. «Nel commentare i fatti di Brescia Maggi ha detto – si legge nella nota – che non deve restare un fatto isolato. L’obiettivo è quello di aprire un conflitto interno risolvibile solo con lo scontro armato. Maggi e Romani volevano far arrivare alla stampa un documento in cui si annunciavano azioni terroristiche di grande portata da compiere a breve scadenza». Maletti ha ricordato che allertò subito il capo del servizio e le autorità militari.
«La segnalazione è sicuramente arrivata all’Arma di Padova» è convinto Maletti. Ma i pm negli accertamenti non hanno trovato traccia della segnalazione. O meglio, le uniche notizie che rimbalzano dall’Arma al Sid sono solo quelle del progetto di costituzione di cellule eversive e del traffico di armi con camion, ma senza nomi e senza il collegamento con la strage. «Se c’è stata distruzione dell’informazione è stata operata da altre mani e non direttamente dal centro spionaggio di Padova». Ma chi «snellì» le informazioni per smorzare l’allarme? W.P.

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