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Israele, negata una lezione in Cisgiordania a Noam Chomsky. Lui: “Stalinismo”

Allo scrittore americano Noam Chomsky negata l’autorizzazione a recarsi a Ramallah: “Manca il permesso dei militari”. Lui attacca: “Stalinismo”. Imbarazzo sulla stampa israeliana: “Provvedimento illegale”

NEW YORK – Le autorità israeliane hanno confermato di aver impedito al celebre intellettuale ebreo americano Naom Chomsky l’ingresso in Cisgiordania e nello Stato ebraico. Una portavoce del ministero dell’interno israeliano, Sabine Haddad, si è limitata a riferire che Chomsky, fermato al valico di Allenby (tra Cisgiordania e Giordania), non è stato fatto entrare “per vari motivi”. La portavove ha aggiunto che a Chomsky potrebbe essere consentito di andare solo in Cisgiordania. L’intellettuale, noto per le sue dure critiche alla politica israeliana, intendeva recarsi all’università di Bir Zeit dove avrebbe dovuto tenere un serie di lezioni agli studenti palestinesi.
Dopo l’offensiva israeliana “Piombo fuso” contro Gaza (1.400 palestinesi uccisi) all’inizio del 2009, Chomsky dichiarò che “coloro che sostengono Israele, in realtà appoggiano la sua degenerazione morale”. “Negare l’ingresso a qualcuno perchè deve tenere una lezione a Ramallah e non a Tel Aviv è qualcosa che può accadere, forse, solo in un Paese stalinista”, ha commentato lo stesso Chomsky citato oggi da Haaretz. Il ministero dell’Interno, da parte sua, ha giustificato l’accaduto come un malinteso, sostenendo che i propri
funzionari avrebbero in realtà spiegato di poter autorizzare solo l’ingresso in Israele e non quello in Cisgiordania, per il quale serve un’autorizzazione dell’autorità militare israeliana.
Autorizzazione che – non si sa per quale motivo – non sarebbero stati in grado di reperire in quel momento. La spiegazione, tuttavia, non convince affatto Boan Okon, editorialista del giornale moderato israeliano Yediot Ahronot, che oggi rileva come il respingimento di Chomsky – cittadino Usa che non ha bisogno di visti per entrare in Israele o nei Territori – rappresenti “una grossolana illegalità”: in violazione di una sentenza della Corte suprema di
Gerusalemme secondo cui limitazioni alla libertà di espressione possono essere giustificate solo in caso di “pericolo chiaro e imminente alla sicurezza pubblica”.

Secondo Chomsky, che ha 82 anni ed è stato costretto a ripartire per gli Usa con la figlia e altre tre persone che lo accompagnavano, i funzionari israeliani gli hanno negato l’ingresso quando hanno capito che era diretto nei Territori palestinesi e che la sua conferenza non si sarebbe svolta – come inizialmente ritenevano – all’università di Tel Aviv. “Negare l’ingresso a qualcuno perché deve tenere una lezione a Ramallah e non a Tel Aviv è qualcosa che può accadere, forse, solo in un Paese stalinista”, ha commentato Chomsky citato oggi da Haaretz.

Il ministero dell’Interno ha giustificato l’accaduto come un malinteso, sostenendo che i propri funzionari avrebbero in realtà spiegato di poter autorizzare solo l’ingresso in Israele e non quello in Cisgiordania, per il quale serve un’autorizzazione dell’autorità militare israeliana.Autorizzazione che non sarebbero stati in grado di reperire in quel momento. La spiegazione, tuttavia, non convince affatto Boan Okon, editorialista del giornale moderato israeliano Yediot Ahronot, che oggi rileva come il respingimento di Chomsky – cittadino Usa che non ha bisogno di visti per entrare in Israele o nei Territori – rappresenti “una grossolana illegalità”: in violazione di una sentenza della Corte suprema di Gerusalemme secondo cui limitazioni alla libertà di espressione possono essere giustificate solo in caso di “pericolo chiaro e imminente alla sicurezza pubblica”.

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