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Processo di Brescia, Maggi teorizzava l’uso di bombe per le stragi

Da Bresciaoggi del 12 maggio:

«Maggi teorizzava l’uso delle bombe»

LA TESTIMONIANZA. Davanti ai giudici l’ex membro del gruppo milanese «La Fenice» che nel dicembre del 1973 divenne latitante e fu ospitato a Venezia

Pietro Battiston, residente in Venezuela dal 1977 ricorda i rapporti con il leader di Ordine Nuovo: «Voleva creare un clima di caos nel paese»

  • 12/05/2010

Il 20 aprile era stato bloccato in Venezuela dalla nube di cenere del vulcano islandese, ma ieri Pietro Battiston ha testimoniato al processo per la strage di piazza della Loggia e alcuni suoi ricordi, alcune affermazioni, hanno fatto terra bruciata. I ricordi di Battiston sono incandescenti soprattutto per Carlo Maria Maggi, leader di Ordine Nuovo in Veneto, uno dei cinque imputati chiamati a rispondere della morte di otto persone e del ferimento di altre 103.
Arrivato dal Venezuela, dove vive dal 1977 dopo una latitanza di qualche anno tra Venezia, Grecia e Spagna, Battiston ha ricostruito i suoi anni Settanta, la sua partecipazione a la «Fenice» di Giancarlo Rognoni e il legame tra il movimento milanese e il gruppo veneto di Ordine Nuovo.
SENZA ALCUNA esitazione Battiston ha ribadito quanto già dichiarato in dibattimento (nel processo per la strage di piazza Fontana) e nei vari verbali di interrogatorio, resi anche nel 1995 davanti ai pm bresciani Roberto Di Martino e Francesco Piantoni.
«Maggi era l’unico favorevole all’uso della violenza – è la dichiarazione di Battiston -. Tra le persone con responsabilità politiche era l’unico che propugnava l’uso delle bombe per ottenere risultati politici. Nel ’73 ricordo che partecipò a un incontro con mio padre e fece un discorso sulla strategia della tensione e fu allontanato dalla riunione: il suo discorso trascendeva i limiti dell’accettabile».
Della sua propensione alla violenza pare che Maggi non facesse mistero.
«MAGGI LO DICEVA – ha proseguito Battiston -, l’ha detto anche a me, anche mentre giocavamo a carte, sapevo che ne parlava e che aveva una posizione molto radicale». Il dottore di Venezia, secondo il ricordo di Battiston, teorizzava la necessità di stragi e attentati per creare il caos e formare un terreno fertile per favorire una rivoluzione di destra. «Era un discorso che destava stupore anche nel nostro ambiente – ha riferito Battiston, scavando tra ricordi che risalgono a più di 35 anni fa -, Maggi ne parlava tranquillamente anche se gli altri non lo facevano. Rognoni, qui sta la differenza, sosteneva la necessità di sfruttare gli attentati fatti da altri, ma non di fare le stragi, mentre Maggi voleva fare gli attentati. L’unica persona di Destra che ho sentito parlare di strage è il Maggi»».
Idee chiare per Battiston anche sul fine perseguito da Maggi: «Voleva il collasso dello Stato e l’intervento militare o con un golpe o per frenare l’inevitabile reazione che ci sarebbe stata da parte della Sinistra. Ma per tutto il periodo in cui io ho fatto politica Ordine Nuovo non ha mai avuto contatti con le forze armate, il gruppo mirava, piuttosto, a creare una nuova coscienza nella gente».
I ricordi di Battiston confermerebbero parte della ricostruzione dell’accusa che attribuisce a Maggi un ruolo chiave nell’organizzazione della strage di piazza della Loggia.
FONDAMENTALE la testimonianza di Battiston anche per svelare il legame sull’asse Venezia-Milano dell’eversione nera e per la disponibilità di esplosivo al gruppo ordinovista.
Partendo dai ricordi della frequentazioni con Maggi e Digilio tra il ’73 e il ’74, nel periodo della sua latitanza in Veneto, e successivamente, tra il ’76 e il ’77 durante il periodo del servizio militare a Treviso, Battiston ha ricordato le confidenze ricevute da Carlo Digilio: parecchio esplosivo era custodito in laguna e destinato, secondo il ricordo del teste, a Maggi. L’esplosivo di cui parlava Digilio, però, Battiston non l’avrebbe mai visto. «Digilio mi parlava di gelignite, diceva che “trasudava”, ma non me l’ha mostrata – ha ricordato Battiston -. Digilio mi spiegò che doveva trattarla con carta e argilla perchè non esplodesse; credo che servisse per attentati dimostrativi».
E Digilio parlò anche di detonatori con Battiston: «Ricordo che su richiesta di Maggi stava lavorando per modificare i detonatori tradizionali a miccia in detonatori con impulso elettrico. Mi spiegò che c’era la possibilità di trasformarli con una resistenza che incendiasse un po’ di polvere da sparo nel detonatore o con lampadina dei flash delle macchine fotografiche. Digilio aveva molta pratica di esplosivi, era un esperto».
Battiston frequentò Maggi, Digilio e conobbe anche Delfo Zorzi, ma non ebbe mai alcuna frequentazione con Pino Rauti, pure lui imputato nel processo con Maggi, Zorzi, Francesco Delfino e Maurizio Tramonte. «Che io sappia – ha ricordato Battiston -nessuno andava a parlare con Rauti, non era al nostro livello, lui era il capo. I nostri referenti erano Maggi e Signorelli».
«E se qualcuno voleva far arrivare una proposta a Rauti» hanno chiesto i pm? «Non c’è mai stata esigenza dicomunicazione con Rauti» ha concluso Battiston.
Wilma Petenzi

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