Pomeriggio inusuale di fronte a Sant’Apollinare, subito dietro piazza Navona a Roma. Finchè poi non è piovuto a scatafascio, ma ormai l’incontro era andato in porto. Con importanti accuse (nelle foto di Simona Granati i convenuti: da destra Rino Monaco, l’attrice che leggeva i testi, Emilio Radice, Angela Camuso, Valentino Parlato e Paolo Brogi, più tardsi si è aggiunto Luca Tescaroli).
Si è parlato di riciclaggio del denaro sporco nello Ior, la banca del Vaticano, del delitto Calvi e del sequestro “misterioso” di Emanuela Orlandi, soprattutto della sepoltura del boss della Banda della Magliana, Enrico De Pedis, nella cripta della basilica. L’occasione è stata l’incontro pubblico promosso da Editori Riuniti per il libro sulla Banda della Magliana “Mai ci fu pietàù” di Angela Camuso.
Il libro è la storia della banda della Magliana, fedele, in ogni dettaglio, ai documenti giudiziari. Alla luce di centinaia di verbali di interrogatori inediti e di informative riservate di polizia giudiziaria l’autrice descrive e fa parlare i protagonisti senza omettere nomi, luoghi e circostanze in una sequenza agghiacciante e avvincente di delitti, intrighi e misteri raccontata dalla parte dei banditi assassini, figli maledetti del popolo e della miseria, che iniziano la loro sanguinosa parabola nell’ultimo scorcio dei turbolenti anni ’70 per arrivare ai giorni nostri, allorché gli orfani superstiti della banda occuperanno ancora un posto nell’Olimpo della nuova malavita imprenditoriale. Ai loro esordi poco più che ventenni, spietati e boriosi, subdoli ma anche eccezionalmente intelligenti, i capi della banda della Magliana conquistarono Roma eliminando i concorrenti sul mercato dell’eroina e mantennero saldo quel potere di morte grazie al fiuto per gli affari di uno dei suoi capi, Enrico De Pedis.
La banda finì per autodistruggersi, decimata prima da una faida interna e poi da una catena di clamorosi ‘pentimenti’, che getteranno luce su tanti misteri d’Italia: sebbene gelosi della loro autonomia, i protagonisti di queste straordinarie imprese furono spregiudicati abbastanza per vendere l’anima a Cosa Nostra, camorra, terrorismo neofascista, P2, Servizi Segreti deviati, politici corrotti ma anche magistrati, avvocati, carabinieri, poliziotti e alti prelati che per denaro o per potere scesero a patti con il diavolo.
L’incontro ha visto il pm Luca Tescaroli e l’ex questore Rino Monaco discutere se fu o non fu una vera banda o piuttosto una “batteria”, ma è stato poi un sequestrato come il gioielliere Giansanti ad intervenire per dire che il suo sequestro era stato pianificato in un panorama cittadino in cui – così sentì dire lui stesso da sequestratori – non doveva essere preso né rilasciato nessuno. Insomma comandavano loro.
L’occasione di Sant’Apollinare ha permesso di ricordare lo stuolo di sacerdoti che sono stati coinvolti nella vicenda, da monsignor Pietro Vergari – rettore della basilica e gran seppellitore di De Pedis – a monsignor Gianfranco Girotti che all’epoca era superiore di Vergari e cappellano poi “inquisito” di Regina Coeli e che in seguito è diventato il responsabile delle Penitenzieria Vaticana, e che ha affiancato nel ’98 il cardinal Sodano per seppellire lo scandalo “pedofilo” Murphy a Chicago.
Sant’Apollinare è stato definito dal sottoscritto il vero muro di gomma, il Papa è stato invitato ad occuparsi dello scandalo di questa sepoltura di un bandito dentro la basilica, poi l’acqua ha avuto il sopravvento e l’evento si è concluso.
Questa è stata con tutta probabilità la prima conferenza stampa che si sia mai tenuta di fronte a una chiesa come Sant’Apollinare, una basilica in cui – non senza mistero – è stato accolto un gran bandito. Accanto c’è il collegio da cui uscì la povera Emanuela Orlandi mai più trovata.