Informazioni che faticano a trovare spazio

Alcuni scritti su Sergio Calore

Ancora su Sergio Calore sgozzato. Lo sgozzamento non è un rituale omicida qualunque, rinvia a culture pastorali e il Nordafrica come la Sardegna sono in pole position. Ma non è detto, il killer può avere imparato anche altrove. Però Da Repubblica online risulta che potrebbe essere stato impiegato addirittura un acuminato piccone.
Sull’uomo (sopra tra Fioravanti Giusva e Paolo Signorelli, al processo per l’omicidio dell’operaio Leandri) si è scritto parecchio. Era anche un teste da sentire nel processo in corso a Brescia per Strage di Piazza della Loggia.
Riporto qui tre stralci da documenti ufficiali, più il ritratto scritto al volo dal blog FascinAzione di Ugo Maria Tassinari. Sono sprazzi interessanti, rintracciabili tutti sul web.
Commissione parlamentare d’inchiesta sul terrorismo (a proposito di pentiti)
“Si è in genere trattato di collaborazioni che, muovendo da riferimenti iniziali a specifici episodi, hanno in seguito avuto una maturazione molto lenta, spesso fortemente condizionata da dinamiche interne al gruppo o al movimento di appartenenza, nonché dai vincoli di amicizia che fortemente ne legavano gli aderenti, sicché la progressione delle diverse collaborazioni da un lato si è determinata in termini di reciproca influenza, dall’altro assai di rado ha raggiunto il livello di una radicale rottura con il passato e quindi di un effettivo “pentimento”, dovuto vuoi ad una revisione critica della personale esperienza del collaborante, vuoi all’intento utilitaristico di avvalersi dei benefici della legislazione premiale. Tipica, come esempio, può ritenersi la figura di Vincenzo Vinciguerra, che, pure essendosi confessato esecutore materiale dell’attentato di Peteano, ha rifiutato qualsiasi beneficio derivante dalla collaborazione che ha iniziato solo dopo che la su a condanna all’ergastolo era divenuta inoppugnabile. Vinciguerra continua a definirsi un soldato politico e querela chiunque lo definisca un collaboratore di giustizia. Né si tratta di un esempio isolato. Anche Sergio Calore, ad esempio, che pure ha dato notevole contributo agli accertamenti giudiziari, ha a lungo rifiutato di considerarsi un collaboratore di giustizia, perché almeno nella fase iniziale il suo interlocutore non è stato il magistrato, né il suo obiettivo quello di ottenere i benefici previsti dalla legislazione premiale; il suo interlocutore è stata la stessa destra rivoluzionaria e il suo obiettivo quello di accreditarsi come combattente rivoluzionario, che ha lottato contro lo Stato con mezzi che riteneva legittimi perché diversi dallo stragismo e che ora chiamava gli altri ad un processo di chiarificazione che disvelasse i meccanismi e le ragioni della sconfitta”.
Dalla relazione della commissione stragi (sulla strage di Bologna)
“Il 10 agosto 1980 Sergio Farina, fascista del quartiere Balduina di Roma, in carcere da sei anni per violenza carnale, divenne uno dei supertestimoni sulla strage di Bologna. Agli agenti del Sisde accorsi per interrogarlo raccontò che i suoi compagni di cella Sergio Calore e Dario Pedretti erano gli organizzatori della strage con l’aiuto esterno di Francesco Furlotti. Sulla scorta di un rapporto del Sisde e dell’Ucigos, la Procura della repubblica presso il tribunale di Bologna il 28 agosto emise mandati di cattura nei confronti di Semerari, Signorelli, Calore e altri per la strage di Bologna”.

Dall’istruttoria sugli attentati del 12 dicembre .12.1969, condotta a Catanzaro dal giudice istruttore dr. Emilio Le Donne nei confronti di Stefano Delle Chiaie e Massimiliano Fachini (e conclusasi con assoluzione dibattimentale).
Vi si trova che  Angelo Izzo e Sergio Calore avevano riferito di aver appreso in carcere da Franco Freda che colui che aveva fornito gli esplosivi utilizzati per gli attentati del 12.12.1969 era una persona non giovane, veneta e soprannominata Zio Otto. Tale affermazione non poteva non essere considerata sincera e credibile, tenendo presente che i due collaboratori non conoscevano la persona che Freda aveva nominato e quindi la confidenza era stata riferita dai due così come era stata ricevuta, senza la pretesa di accusare uno specifico soggetto. Sulla base di un collegamento effettuato da Vincenzo Vinciguerra nella medesima istruttoria, Zio Otto era stato individuato in Carlo Digilio, ma non erano stati comunque possibili ulteriori sviluppi.

Dal Blog “FascinAzione” di Ugo Maria Tassinari
Oggi
mercoledì 6 ottobre 2010

L’omicidio di Sergio Calore/2- Una personalità nel segno della doppiezza

Questo è il ritratto di Sergio Calore, scritto per la prima edizione di “Fascisteria”(Castelvecchi, 2001). Ho apportato solo qualche correzione in punta di fatto, su particolari rivelatisi imprecisi o incompleti.
Molti anni prima di diventare un pentito, Sergio Calore aveva già collaborato con le forze dell’ordine. Il gruppo dei Castelli romani – che è gonfio di velleità rivoluzionarie – e di cui è il massimo esponente, ha ereditato da Ordine Nuovo i rapporti con le Forze Armate, che in provincia sono rappresentate dai Carabinieri. Anni dopo Calore lo ammetterà, testimoniando, al processo di Bari, contro Freda,
che aveva fatto sfregiare – da Egidio Giuliani – nel carcere di Novara per punirlo dei rapporti con i servizi segreti, nello stesso periodo in cui stava finendo di scrivere un libro per le edizioni di AR[Sergio Calore, La società tecnologica, Edizioni di AR, Vibo Valentia 1982]. Il libro sarà  ritirato dal catalogo dopo il suo “pentimento”. Un personaggio capace di grande doppiezza, ai limiti della schizofrenia, Calore. Segnato da una presenza materna soffocante, riuscirà a sfuggirle, sul piano pratico, sviluppando una notevole capacità di menzogna (e di autoinganno) che gli ritornerà utile sul terreno della poli­tica – e poi della collaborazione giudiziaria – eppure si trascina dentro la scimmia della sua presenza che si manifesta in un’irresistibile pulsione a uccidere (simbolicamente) padri e fratelli maggiori. E in un’evidente paura delle donne che crea la diceria tra i camerati di una verginità che ha il segno dell’omosessualità male occul­tata. In una discussione/processo imbastito dal “bombarolo” del Movimento rivoluzionario popolare, Marcello Iannilli, nel G7 di Rebibbia, Calore si giustificò: se stava dietro a Valerio Fioravanti nelle sue “ricostruzioni infami e strumentali” era per ragioni di cuor
e. Il triangolo politico-sentimentale Fioravanti-Calore-Izzo era argomento primario di conversazione all’epoca (la fine dell’83) nel circuito dei carceri speciali per il diffuso, malcelato timore di un suo mutamento in aperta collaborazione (come poi puntualmente accadde per due dei tre protagonisti). La giustificazione fu accettata: chi lo conosceva confermò che già da fuori… Qualcuno ricordò che anni prima, al G9, si faceva massaggiare con i piedi da un efebico militante di Cla. Non era il solo: la fraternizzazione tra “rossi” e “neri” nell’area omogenea di Rebibbia passò anche attraverso una storia d’amore tra un leader dei Nar, bellis­simo, dichiaratamente bisessuale e un tozzissimo (baffi, nasone e pelata) dirigente di Prima Linea. Per Calore c’è infine la sfolgorante scoperta della donna, nel carcere di Palliano, la brigatista Emilia Libera che all’uscita del carcere ha sposato.
Dopo un infantile passaggio anarchico, Calore è iniziato alla milizia nel Circolo Drieu La Rochelle. Iscritto alla facoltà di Sociologia e poi, per scelta politica, operaio della Pirelli, è l’allievo prediletto di Paolo Signorelli. Quando il professore, trasferito a Roma, allenta la presenza a Tivoli ne è il successore naturale. Il sodalizio funziona alla perfezione. Il nucleo tiburtino, passato indenne per le maglie dello scioglimento d’ufficio d’Ordine nuovo, è la dote personale che Signorelli si gioca nell’unificazione con Avanguardia Nazionale. Non immagina che, alla prima stretta, quando Concutelli pretende la leadership dopo l’omicidio Occorsio, Calore sarà pronto a tradirlo e si schiera su­bito con il più forte. E’ soltanto il primo di una serie di giri di valzer. Dopo l’arresto di Concutelli, infatti, l’operaio volerà a Londra da Clemente Graziani, il leader ordinovista latitante, per chiedere la luogotenenza. Al rientro in Italia si sforza di garantire la latitanza di Paolo Bianchi, il “Giuda da pascolo” che ha “venduto” Concutelli. Gli trovano una foto del leader di ON per un documento falso ma non lo denunciano neanche. An­che nella vicenda di Costruiamo l’azione, il gruppo che rappresenta la continuità dell’esperienza ordinovista, divorato dalla voglia di primeggiare, Calore brucia i ponti con la vec­chia guardia per poi bruciarsi lui al debutto militare. Stringe da subito un patto di ferro con il pupillo di De Felice, Paolo Aleandri. Istruiti dalle inquietanti frequentazioni, dalla P2 ai Carabinieri, i due “marcano” a rivoluzionari duri e puri, “figli del ’77”, fautori del fronte unico con l’Autonomia operaia. Emarginano ben presto Signorelli, sfruttano politicamente un’autonoma banda armata, il Movimento rivoluzionario popolare, nata nell’area di Cla. Come racconta infatti il fondatore del Mrp, Lele Macchi, in un paio di casi, Calore sforna volantini di rivendicazione non concordati con gli operativi del Mrp, che si è specializzato in attacchi contro obiettivi simbolici del potere (il Campidoglio, la Farnesina, Regina Coeli, il Csm) eseguiti con uso di ingenti quantitativi di esplosivo ma senza fare (quasi) danni alle persone, grazie al rapporto con un professore universitario grande esperto della materia. Gli attentati sono rivendicati con brevi messaggi, usando parole d’ordine e linguaggio da “sinistra armata”. Avendo operato uno come informatore dei carabinieri, l’altro come agente di collegamento con Gelli, avranno la faccia tosta – da “pentiti” – di sostenere che hanno rotto con i vecchi leader quando si sono convinti che erano subalterni a logiche di potere. Regolati i conti con gli uomini, Calore passerà a farli con l’intero ambiente, ridefinendo la propria identità politica in senso antifascista. Signorelli, il “cattivo mae­stro”, ne conserva un giudizio positivo: “Calore, pur se autodidatta, è una mente acuta ed è persona che ha letto molto. Era un operaio ma aveva interessi culturali e un po’ per volta cominciò ad assimilare teorie recenti, come quella dei bisogni, e mi manifestò la sua convinzione che per una efficace lotta al sistema l’unica via fosse quella dell’Autonomia”. Freda, che pur si avvale della sua collaborazione per le edizioni di Ar quando già era manifesta la sua “deriva” ne prende le distanze: “Non esisteva alcun’affinità tra me e il Calore sotto il profilo dottrinario, ideologico, politico e di temperamento. La visione del mondo di Calore era opposta alla mia, perché Calore era antimetafisico, ateo, razionalista, evoluzionista, progressista, antiautoritario, anarcoide, antinazifascista. Al polo opposto mi situavo e mi situo io. Si esprimeva in termini altamente irriverenti nei confronti dei leader delle rivoluzioni nazional-popolari che io venero: Codreanu, Hitler e Mussolini”

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