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Brescia, cresce la protesta degli immigrati per i permessi

Chi ha vissuto la stagione di lotta di dieci anni fa, quando gli immigrati bresciani occuparono Piazza Loggia in sciopero della fame a staffetta per oltre un mese, racconta che “oggi è tutto diverso, è incredibile come la vita passata insieme abbia fatto saltare molti steccati tra le comunità, e l’età media è più giovane“. Anche se, oggi come ieri, sono molto poche le donne che possono partecipare alle manifestazioni. Al presidio attivo da una dozzina di giorni in via Lupi di Toscana, a Brescia, di fronte agli uffici della Questura per il rilascio di documenti ai cittadini stranieri, si lotta, si mangia, si dorme, si discute.

Venerdì sera una cena interetnica, in cui persone provenienti dall’Egitto e dal Marocco riempivano il piatto anche a chi aveva già preso l’ottimo e speziatissimo riso indiano, perché “non puoi non mangiare il nostro cous cous!“. Un ragazzo più scuro di carnagione, forse proveniente dallo Sri Lanka, passava a riempire d’acqua i bicchieri. “Che acqua è? Quella del fiume qua sotto?“, si scherza mostrando i rimasugli del torrente Garza, non esattamente il simbolo di un paesaggio bucolico.

La lotta degli immigrati bresciani è scoppiata l’ultimo martedì di settembre, quando diverse decine di egiziani hanno organizzato un presidio manifestazione per chiedere il rilascio dei permessi di soggiorno dopo aver chiesto di essere regolarizzati attraverso la sanatoria del 2009. È un segreto di Pulcinella: il Governo aveva aperto la possibilità di avere i documenti solo a colf e badanti, ma decine di migliaia di immigrati si sono fatti assumere da amici e parenti (purtroppo in molti casi anche da veri e propri aguzzini) come colf per poter ottenere il permesso di soggiorno.

Chi sono queste colf e badanti? Sono i carpentieri, i saldatori, i giardinieri, i parcheggiatori delle discoteche, i buttafuori dei locali, i muratori che ogni giorno rischiano la vita lavorando sui tetti delle persone perbene senza nessuna misura di sicurezza. Hanno pagato almeno 500 euro per la sanatoria, ma in realtà molti di più per i contratti di lavoro. Soldi che non rivedranno mai, nemmeno se la loro domanda verrà respinta. Delle 11.300 richieste di permesso di soggiorno presentate a Brescia oltre mille sono state respinte dalla questura, altre 4 mila rischiano di fare la stessa fine.

Ci sono storie incredibili ma verissime: immigrati che hanno dato centinaia e centinaia di euro ad avvocati solo per chiedere se il loro permesso era pronto, perché non sapevano a quale ufficio della Questura rivolgersi. Ragazzi di 28 anni che vivono in Italia da diversi anni e che non conoscono loro figlio: “ogni tanto chiede alla mamma: dove è papà? E la mamma risponde: in Italia. Certo non pensavo di arrivare e fare questa vita, ho già provato tre volte la sanatoria, e sempre ho pagato“. Gli è già costata 5mila euro, questa regolarizzazione negata.

Dopo il presidio in piazza Loggia, gli immigrati hanno piantato le tende fuori dagli uffici in fondo al Ring di Brescia. All’alba di mercoledì sono stati sgomberati, sono state sequestrate tende, sedie, persino i vestiti di alcuni di loro, ma già alle 11 stavano bloccando la circolazione stradale sul Ring, manifestavano per le vie del quartiere multietnico Carmine e poi di nuovo sotto gli uffici della prefettura. La sera stessa il presidio era di nuovo in piedi e la voce si è sparsa rapidamente, tanto che alcune migliaia di immigrati hanno partecipato alla manifestazione per i diritti di tutti di sabato 2 ottobre.

Da sabato a oggi, il presidio si è rafforzato, sono stati affittati dei box per permettere alle persone di non dormire completamente all’addiaccio, e tutti possono andare a portare solidarietà (sia morale che concreta, dato che i box costano e per ora li stanno pagando le associazioni vicine alla lotta, come Diritti per tutti, il centro sociale Magazzino 47, la Cgil). Chiedono che vengano accettate tutte le domande di regolarizzazione, che non vengano respinte quelle di chi aveva già avuto ordini di espulsione o condannato per clandestinità (un reato strumentale, creato solo per costringere la gente a lavorare in nero per tutta la vita e per essere eliminata quando non serve più ai padroni senza scrupoli), che il tribunale insomma accetti i ricorsi di chi si è visto respingere la domanda di emersione. Se non fossero “clandestini”, perché dovrebbero fare domanda di emersione? Dalle poche decine, sono passati da diverse centinaia. A staffetta, come nel 2000, la prima lotta di immigrati vittoriosa in Italia, dato che furono rilasciati migliaia di permessi di soggiorno.

di: Francesco Zimbelli (da Bresciaoggi)

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