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I mafiosi serbi di Nasa Stvar

La mafia serba. Un interessante pro-memoria pubblicato sul “Post Internazionale” da Federico Marzano.

Naša Stvar

di FEDERICO MARZANO

Clan mafiosi, gruppi ultrà di calcio, ex paramilitari, servizi di sicurezza deviati: la miscela esplosiva s

Geopolitica delle Organizzazioni Criminali – Lo strapotere acquisito dalle organizzazioni criminali nell’influenzare le politiche degli Stati e gli interessi economici a livello globale delle “multinazionali” del crimine sono oramai certezze nell’epoca della globalizzazione. L’attenzione di questa rubrica è rivolta proprio ad approfondire fino in fondo questi aspetti, fondamentali per completare analisi di tipo socio-politico di un paese.

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La notte del 12 ottobre, durante la partita Italia-Serbia valevole per le qualificazioni al campionato europeo di calcio 2012, gli ultras serbi hanno scatenato una serie di incidenti sia dentro che fuori lo stadio Luigi Ferraris di Genova. La partita è stata sospesa dall’arbitro dopo soli 7 minuti di gioco. Tutti noi ricordiamo il tifoso “mascherato” con un passamontagna, Ivan Bogdanov, mentre seduto sulla rete di recinzione davanti al settore occupato dai tifosi serbi urla,sbraita e incita i propri connazionali alla violenza. All’apparenza i disordini di Genova hanno tutta l’aria di avere le caratteristiche della violenza ultras, tristemente nota anche nel nostro paese. Ivan è il capo ultrà della Stella Rossa Belgrado, che insieme al Partizan sono le squadre più importanti della Serbia; è disoccupato e tifosi come lui in Serbia vengono chiamati delije, ovvero eroi. Fino a qui nulla di strano, dopo gli scontri la polizia italiana arresta circa una ventina di supporters serbi, tra cui Ivan.

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La notte degli scontri sembra archiviata e si accinge a finire in un’ aula di tribunale. Nei giorni successivi l’autorevole giornale belgradese, “Politika”, pubblica una notizia clamorosa in prima pagina: due boss mafiosi serbi avrebbero pagato circa 200mila euro a decine di hooligans, per creare disordini durante la partita Italia-Serbia. I legami tra tifo organizzato e clan malavitosi serbi non sono una novità nel paese balcanico. Molti componenti della mafia serba, chiamata Naša Stvar, e dei gruppi ultrà di calcio provengono dalle unità paramilitari serbe, attive nei massacri durante la guerra nella ex-Jugoslavia nel 1991-1995. Il nazionalismo è il collante di questa alleanza. Željko Ražnatović ai più non dice niente, ma il suo nome di battaglia, conosciuto dal grande pubblico, è Tigre Arkan. Tra i capi della tifoseria della Stella Rossa, durante la guerra dei Balcani nei primi anni ’90, organizzò una Guardia Volontaria Serba con l’aiuto del ministero degli interni serbo.

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Slobodan Milosevic, capo di stato e fautore del progetto nazionalistico della “Grande Serbia”, inviò l’unità di Arkan al confine tra Serbia e Croazia, dove commise una serie di sanguinosi massacri. Grazie ai saccheggi dei villaggi, al contrabbando di sigarette, armi e benzina Arkan divenne nel giro di pochi anni uno dei più temuti criminali serbi. Nazionalismo sfrenato, criminalità e tifo organizzato hanno formato nel corso degli anni una zona grigia capace di sostituirsi allo Stato. Il mafioso, l’ultrà di calcio e il paramilitare sono la stessa persona, agendo sotto diverse vesti perseguono obiettivi comuni.

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In Serbia operano circa 30 gruppi mafiosi perlopiù concentrati nella capitale Belgrado ma ramificati anche in altre città come Novi Sad, Nis e Presevo. Ogni gruppo criminale ha una struttura piramidale e prende il nome dai rispettivi leader. Le principali attività criminali gestite dal crimine organizzato serbo sono i traffici di armi e di esseri umani, le estorsioni e il traffico di droga. La vicinanza della Serbia al Montenegro e al Kosovo, dove i controlli delle forze dell’ordine sono scarsi e la corruzione dilaga, permette ai clan di accrescere sempre di più il loro potere economico. Ad esempio secondo il quotidiano britannico “The Independent” il 40% dell’eroina, che giunge sul mercato europeo, proviene dal Kosovo.

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Il Rapporto Annuale Antidroga del 2010 della Direzione Centrale per i Servizi Antidroga del Ministero degli Interni italiano afferma che la crescita del crimine serbo risale al periodo del dittatore Milosevic. I clan criminali, contando sull’appoggio di apparati dei servizi di sicurezza deviati , sono diventati sempre più ricchi e potenti. La struttura militare dei clan e la disponibilità di veri e propri arsenali di armi, eredità della guerra, sono i loro punti di forza. Negli ultimi anni, grazie all’aiuto della ‘ndrangheta calabrese, che può vantare eccellenti rapporti di amicizia con i cartelli della droga colombiani, i clan serbi sono entrati nel business mondiale della cocaina. Navi cariche di cocaina,  provenienti dal Sudamerica e dalla Spagna, si dirigono nei porti della penisola balcanica, in particolare in quello di Bar in Montenegro. Da qui la droga viene esportata in Italia, passando attraverso il confine italo-sloveno, e nel resto d’Europa.

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Le forze di sicurezza serbe dovranno combattere a lungo, non solo contro gli stessi mafiosi, ma anche contro le cellule corrotte che si annidano all’interno delle Istituzioni, le quali  hanno chiuso i loro occhi  per viltà e per la sete di facili guadagni. E’ compito, inoltre, delle istituzioni europee aumentare la pressione sulla Serbia, nelle trattative di adesione all’Unione Europea, per quanto riguarda la lotta alla mafia, condizione indispensabile per ripristinare la legalità nel paese.

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Per la cronaca il 23 ottobre si disputerà il derby Partizan-Stella Rossa, vero e proprio banco di prova per il governo socialdemocratico di Boris Tadic per riuscire ad arginare le “forze oscure” contrarie al progresso e all’integrazione nella comunità europea della Serbia. Chissà se questa volta l’arbitro fischierà solo l’inizio della partita.

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