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Marassi in mano agli ultrà teppisti serbi

Ci risiamo. Un manipolo di teppisti da stadio tiene in scacco una partita, addirittura della nazionale. Con fumogeni, razzi e oggetti vari contundenti. Non più di trecento, i serbi calati a Genova stasera per rivendicare il Kosovo come serbo e altre amenità. Il tutto all’indomani di violenze efferate a Belgrado, per una partita di calcio e poi contro il gay pride. Dunque, nonostante i precedenti chi ha omesso di controllare questi energumeni. Dunque la domanda è sempre la stessa: come hanno fatto i teppisti serbi a entrare in uno stadio armati così?

Stesso quesito che era nato all’indomani della sospensione della famosa partita della Roma all’Olimpico, sulla quale erano fioccati esposti anche dei sindacati di polizia che ipotizzavano tra l’altro il sequestro di persona e che poi la Procura di Roma ha relegato, a quanto pare, in un cassetto.

All’Olimpico, si sa, è successo di tutto. Una volta i teppisti  che portavano con sé uno striscione che inneggiava alla “tigre Arkan”, notissimo bandito delle bande paramilitari serbe, fermati a un varco d’accesso da un addetto delle forze dell’ordine, interpellati sul nome che compariva sul festone, se l’erano cavata dicendo: “E’ un giocatore del Borussia Dormund…”. L’addetto, ignorantello, se l’era bevuta e così lo striscione era passato finendo poi in bella mostra in una curva.

Torniamo ora all’ultimo capitolo della debacle, Genova stasera. Chi è il responsabile di tutto ciò? Il fato? Nessuno? O forse il Questore della città? In questo ultimo caso, allora che lui o chi per lui ne renda conto.

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