Informazioni che faticano a trovare spazio

Mio fratello Vittorio

Ora hanno ammazzato anche mio fratello. Prima mia madre Bruna, tanti anni fa, per un dottorino ignorante che non aveva capito di cosa fosse ammalata. Poi mio padre Carlo, più tardi, che un pronto soccorso aveva rispedito a casa dopo una caduta nonostante il pericolo di un’emorragia cerebrale…E ora Vittorio, mio fratello, lasciato da solo in una camera di neurochirurgia al Santa Chiara di Pisa dopo un intervento alla colonna. Ci pensiamo noi, dovete andarvene, così ieri sera alle nove hanno allontanato mio nipote Bruno e Giorgetta compagna di una vita di mio fratello.  Poi nella notte la telefonata brusca, non erano riusciti a tenerlo in vita. Mentre scrivo Bruno è in un commissariato di polizia, alle quattro del mattino, a verbalizzare una denuncia. E Giorgetta è da sola in quella cameretta d’ospedale a vegliarlo, sconvolta e avvilita. Non si muore così…

Dedico queste poche righe a Vittorio Brogi, una persona per bene, generosa, amante della giustizia, ingegnosa, combattiva e battagliera.  Era diventato ingegnere chimico, quando Natta a Pisa avendo inventato il propilene teneva banco. Con la laurea in tasca se n’era andato a bordo di una piccola 500 a Milano, alla Snam quando gli ingegneri negli anni ’60 erano stipati da Mattei a centinaia in un bunker a San Donato Milanese e lì aveva organizzato con altri – ricordo – il primo sciopero di quei colletti bianchi massificati. E poi…poi altre fabbriche, il ritorno in Toscana,  la direzione di impianti, l’insegnamento, la libera professione, l’idea di fare la carta in modi nuovi, tante altre idee che aveva cercato di realizzare…

Vittorio si era costruito una casa in pratica da solo, imitando un po’ i moduli di Wright. La casa è ancora lì, in quella fetta di terra lunga lunga, alla periferia di Lucca, a Zone, in mezzo a un orizzonte costellato di pioppi. E da solo zappava e segava, curava il suo orto, gestiva il suo piccolo laboratorio, affrontava i lavori manuali senza tirarsi indietro. A me più giovane di nove anni aveva lasciato la biblioteca Bur con cui mi sono formato da ragazzo, vagando da Cechov ad Apuleio. Credo che mi abbia anche insegnato non tanto a nuotare ma ad uscire in mare aperto col libeccio, come si faceva allora nel pieno delle nostre forze in quelle estati che passavamo in Versilia, a Tonfano. Cose da ragazzi. E il mare gli era rimasto addosso, per come l’aveva cercato a San Vincenzo e a Baratti di cui metto una foto qui che avrebbe apprezzato.

Si chiamava come il babbo del babbo, che a San Miniato teneva in piedi la sua famiglia ammazzandosi di fatica in un orto di proprietà comunale giusto sotto le mura del paese. Vittorio era nato in aprile, come me. E come me aveva un carattere spiccio, diretto, poco diplomatico. Lo sanno bene tutti i maneggioni che nella sua regione se lo sono ritrovato spesso tra i piedi, con le sue famose denunce e i suoi esposti. Cosa chiedeva l’ingegner Brogi? Chiedeva un po’ di regole, ma a volte basta così poco per essere considerati anomali e strani.

Da ultimo era caduto ed era tornato a cadere. Ed era iniziato il giro dei dottori. Ora a 75 anni sperava di poter tornare a camminare bene, con questa operazione che invece gli è stata fatale.

Scrivo queste poche righe per chi lo conosceva, ma voglio sperare che possano essere lette anche da chi non l’aveva mai incontrato. E’ un modo per fare mattina e prepararsi a dargli l’ultimo addio. Tra un po’ scendo, salgo sull’auto e faccio ancora una volta questo tragitto che mi separa da Pisa.

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