Brescia, i vigili del fuoco respinti dagli immigrati sulla gru
martedì, 9 Novembre, 2010I pompieri sulla gru
respinti dagli immigrati
Dopo gli scontri di ieri, il tentativo stamattina. Scarcerato uno dei sei finiti in manette
Brescia. Questa mattina i vigili del fuoco hanno tentato di convincere i sei immigrati appolaiati sulla gru a consentire il posizionamento della rete di protezione. Ma non ci sono riusciti perchè presi di mira dal lancio di oggetti. Erano saliti fino alla sommità della gru con un’autoscala dotata di cestello. Intanto è stato confermato l’arresto, ma scarcerato un indiano che ieri era stato arrestato per gli scontri: seguiranno in giornata i riti di convalida degli altri cinque finiti ieri in manette.
Quella di ieri è stata una giornata convulsa, terminata in un nulla di fatto per i sei immigrati ancora sulla gru. La differenza è che ora sono più soli e isolati di prima.
Il blitz all’alba delle forze dell’ordine ha cancellato il presidio dei sostenitori che da sette giorni facevano da supporto morale alla protesta in scena sopra le loro teste. Ma non ha fatto fare passi avanti.
Il blitz ha fatto pensare a una giornata di svolta per la sorte dei sei, invece è stato solo il preludio a una giornata di scontri metropolitani: polizia e carabinieri da una parte che mostravano i muscoli, immigrati e loro supporteres dall’altra che incitavano scriteriatamente a una lotta ad oltranza, ma di fatto giunta a un punto morto.
UN CONFRONTO duro nel teatro di via San Faustino, condito da cariche, arresti e manganellate. Un confronto tesissimo che ha riempito la scena, ma ha prodotto solo un concitato susseguirsi di vertici e incontri e telefonate, lasciando la situazione com’è da sette giorni: sei stranieri «in lotta» a 35 metri d’altezza, autorità rigide sulle loro posizioni e margini di mediazione vicini allo zero. Posizioni confermate dal prefetto Livia Narcisa Brassesco Pace in serata, dopo incontri sterili con sindacati e partiti di opposizione.
«Nessun tavolo di trattativa, nessun permesso di soggiorno sarà concesso fuori dalle leggi italiane», ha spiegato.
Così, la notte della protesta si allunga, fino a quando non si sa. Fino all’esaurimento forze o a ripensamenti sulla gru. Perchè dalle parole del prefetto un blitz «in quota» per portarli giù riceve scarso credito. Anche se mai dire mai. Piuttosto, viene preferita una strategia attendista: «Aspetteremo giorni, anche settimane», avverte Brassesco Pace che «chiude» anche alla possibilità che qualcuno salga a trattare (si era proposto il segretario della Cgil Damiano Galletti): «Nessuno è autorizzato», dice. Da sotto alla gru, ci aveva provato nella notte il padre del giovane senegalese, dopo aver chiesto aiuto alla Cisl. Ma non era riuscito a convincere il figlio a scendere.
Il fronte delle trattative è dunque oggi (a meno di svolte nella notte) sulla linea dei giorni scorsi: non ha fatto un passo avanti nè uno indietro. In più, dopo ieri, c’è solo lo scenario di piazza Battisti «bonificata» dalla polizia e di via San Faustino chiusa al traffico e ostaggio della tensione. Dopo lo sgombero delle prime ore del mattino sono arrivate le cariche degli agenti in assetto antisommossa, che hanno portato a diversi fermi ed arresti.
Il bilancio ieri sera era di sei persone in manette per resistenza a pubblico ufficiale e incitamento alla violazione delle leggi: due sono giovani italiani, quattro gli stranieri (due egiziani, un pachistano e un indiano). Altri dodici immigrati sono finiti ai Centri di identificazione temporanea. I più sono stati bloccati all’alba durante le operazioni di sgombero, tranne un paio di fermi registrati negli assalti di metà mattina.
Durante la giornata sono rimbalzate le notizie dei tentativi che si stavano profondendo a Roma per sbloccare la situazione a Brescia, congelata in un impasse preoccupante. Nella terra di nessuno tra polizia e supporter della protesta, politici di centrosinistra e sindacalisti stavano attaccati ai telefonini nell’intento di stringere i tempi almeno nella capitale. Dove la neosegretaria della Cgil, Susanna Camusso sollecitava un incontro con il ministro dell’Interno Roberto Maroni, e in subordine, nel caso di insuccesso, con il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta.
Il canale governativo è stato aperto parallelamente a quello con la prefettura. Ma la doppia fumata nera serale ha confermato la assoluta simmetria tra le direttive dell’esecutivo e quelle dell’inquilina del Broletto. Nella tarda serata, l’arrivo dell’«antagonista» Umberto Gobbi, dell’associazione «Diritti per tutti» (fermato in mattinata e poi rilasciato): con il megafono ha raccomandato disciplina e ha invitato i sei a non rifiutare acqua e cibo.
LA QUESTURA ha spiegato che la decisione di intervenire e rimuovere il presidio era funzionale a «mettere in sicurezza» l’area. Il che vuole dire aver lasciato campo libero ai vigili del fuoco per consentire di allestire la rete di protezione alla gru. Ma fallito il tentativo e fatta retromarcia l’autoscala, è rimasta solo la snervante guerriglia di posizione. Nell’attesa di un Godot (la fine della protesta o l’apertura della trattativa) che non arriva. Ostacolato come è dalla irriducibilità di sei immigrati, che si intendono sempre di meno con quelli a terra, e da una situazione che ogni giorno di più denuncia di essere sfuggita di mano a tutti: autorità , istituzioni, immigrati e associazione «Diritti per Tutti». Infilandosi in un vicolo che appare ogni giorno più cieco.
Eugenio Barboglio (Bresciaoggi del 9.11.2010)
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