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Brescia: il vescovo, Cgil e Cisl offrono avvocati ai quattro migranti sulla gru

Gli immigrati asserragliati da 16 giorni sulla gru a Brescia non mangiano da tre giorni. Ieri hanno gettato dei pezzi di cemento del contrappeso dall’alto, uno ha centrato un  deflettore di un mezzo dei carabinieri rompendolo. I giuristi di Brescia hanno presentato in Prefettura una loro nota interpretativa sulle questioni della sanatoria (è in appendice a questo post). Il Giornale, con firma di Salvatore Scarpino, ha trattato la questione gru come un insulto a Brescia. Sugli scontri di sabato l’Associazione diritti per tutti, che ieri ha /tentato invano di organizzare un concerto dal basso in appoggio agli immigrati (è stato impedito dalla Questura), ha emesso un comunicato di stigmatizzazione dei fatti di sabato e potala di sconosciuti venuti da fuori (in appendice).

Un’ora fa la Diocesi di Brescia e Cgil e Cisl, hanno lanciato una proposta ai quattro migranti.”Le iniziative da voi assunte – scrivono in una lettera – hanno messo in luce, con drammaticità ed efficacia, sia a livello locale che nazionale, l’esistenza di una vera e rilevante questione riguardante l’accertamento ed il riconoscimento di diritti, l’assegnazione dei permessi di soggiorno e le istanze di regolarizzazione. Oggi Diocesi Bresciana, Cgil e Cisl intendono proporvi un percorso preciso che verra’ seguito per garantire la vostra discesa in sicurezza”.

“Vi verranno immediatamente messi a disposizione i legali da voi scelti ai quali potra’ essere conferito mandato.  I legali saranno presenti al momento della vostra discesa ai piedi della gru. In quel momento avrete la possibilità di nominare il legale a cui conferire mandato. Da quel momento, il legale da voi scelto vi accompegnerà ed assisterà in tutte le procedure di identificazione che per legge dovranno essere consentite nonché vi assisterà in tutte le azioni legali che, in relazione ad ogni singola posizione, potranno essere esperite per l’ottenimento dei benefici che, sempre in relazione alla posizione di ciascuno, potranno essere richiesti”.

“Durante tale percorso – prosegue la lettera – vi verrà garantito un trattamento umanitario così come e’ già stato riservato agli altri vostri due fratelli che sono scesi nei giorni scorsi. I risultati da voi ottenuti, quali la solidarietà e tutte le iniziative, anche a livello parlamentare, per modificare l’attuale legislazione, non verranno in questo modo annullati. Per tali motivi, le iniziative proseguiranno sia con la concessione di un presidio autorizzato a Brescia, sia con l’apertura di un tavolo istituzionale presso la Prefettura con la presenza di tutti coloro che vi sono stati vicini e che sono interessati a risolvere i problemi da voi sollevati con grande determinazione”.

PARERE DEI GIURISTI BRESCIANI

Le condanne per inottemperanza all’ordine di allontanamento non sono ostative per la regolarizzazione colf e badanti

La sanatoria “colf e badanti” del 2009 esclude che possano accedere al beneficio della regolarizzazione gli immigrati che siano stati condannati, anche con sentenza non definitiva, per uno dei reati previsti dagli art. 380 e 381 c.p.p. (art. 1 ter, co. 13 lett. c), d.l. 78/2009, conv. con l. 102/2009). Si tratta di due disposizioni che prevedono l’arresto obbligatorio (art. 380 c.p.p.) o facoltativo (art. 381 c.p.p.) in flagranza per una serie di reati individuati nominalmente o mediante riferimento alla pena edittale. La questione giuridica controversa, su cui si sono avute pronunce contraddittorie nella giurisprudenza amministrativa di merito e legittimità, è se il reato di mancata ottemperanza all’ordine di allontanamento del Questore (art. 14 co. 5 ter, d.lgs. 286/1998) sia incluso nel rinvio agli artt. 380-381 c.p.p., come ritenuto da una circolare del Ministero dell’Interno (n. 1843 del 17 marzo 2010), ovvero ne sia escluso[1]. Per le ragioni qui di seguito esposte, i sottoscritti docenti di materie giuridiche ritengono che sia meritevole di accoglimento la seconda interpretazione.

È pacifico che il reato di cui all’art. 14 co. 5 ter non sia riconducibile alle fattispecie di reato previste dall’art. 380 c.p.p. Esso, infatti, non rientra né fra i reati nominalmente individuati dalla disposizione, né fra gli altri gravi delitti per i quali l’arresto obbligatorio in flagranza è previsto mediante riferimento alla pena edittale.

D’altra parte, il reato di cui all’art. 14 co. 5 ter non sembra propriamente rientrare nemmeno fra i reati previsti dall’art. 381 c.p.p. Infatti il legislatore ha previsto che, in caso di mancata ottemperanza all’ordine di allontanamento del Questore, si applichi l’arresto obbligatorio, non già l’arresto facoltativo (art. 14 co. 5 quinquies d.lgs. 286/1998). Pertanto, sebbene il reato di cui trattasi rientri per pena edittale fra quelli cui l’art. 381 c.p.p. risulta astrattamente applicabile, un consolidato canone di interpretazione logico-sistematica impone che si riconosca la natura speciale della previsione dell’arresto obbligatorio in flagranza di cui all’art. 14 co. 5 quinquies d.lgs. 286/1998.

La natura speciale della norma emerge anche dall’analisi della sua ratio. A differenza delle fattispecie di reato di cui agli artt. 380 e 381 c.p.p., dalla mancata ottemperanza all’ordine di allontanamento del Questore non è possibile inferire alcuna conseguenza relativa alla pericolosità sociale e tendenza a delinquere del reo che ne giustifichi l’arresto e che giustifichi eventualmente l’applicazione di misure cautelari. Nel caso del reato di cui all’art. 14 co. 5 ter d.lgs. 286/98, l’arresto obbligatorio è evidentemente funzionale, nelle intenzioni del legislatore, ad assicurare l’espulsione dello straniero.

Pertanto, la norma che prevede l’arresto obbligatorio dell’immigrato che non abbia ottemperato all’ordine di allontanamento del Questore ha natura speciale, con la conseguenza che il riferimento agli artt. 380 e 381 c.p.p., quali cause ostative dell’ammissione alla procedura di regolarizzazione, non deve essere interpretato nel senso di includere anche la diversa fattispecie di reato di cui all’art. 14 co. 5 ter d.lgs. 286/98. Una diversa interpretazione finirebbe per far sorgere dubbi di legittimità costituzionale per violazione dell’art. 3 della Costituzione, assimilando fattispecie simili solo quanto a pena edittale ma sostanzialmente diverse quanto a natura della condotta e pericolosità sociale.

Che le condanne per inottemperanza all’ordine del Questore non siano ostative alla regolarizzazione risulta, del resto, dal testo stesso del decreto legge della sanatoria, laddove si prevede (art. 1 ter, co. 8 d.l. 78/2009 conv. con l. 102/2009) che sino alla conclusione della procedura di regolarizzazione siano sospesi tutti i procedimenti amministrativi e penali relativi a violazioni delle norme sull’ingresso e il soggiorno nel territorio nazionale, con esclusione dei soli fatti di “tratta dei clandestini” di cui all’art. 12 d.lgs. 286/98. È evidente che sarebbe irragionevole che il legislatore avesse disposto la sospensione, e quindi all’esito della procedura l’estinzione, dei procedimenti penali per mancata ottemperanza all’ordine questorile, qualora avesse previsto il carattere ostativo delle condanne già intervenute, ancorché non definitive, per tale fattispecie. Tale interpretazione darebbe origine ad una disparità di trattamento costituzionalmente illegittima fra la situazione dell’immigrato già condannato per mancata ottemperanza all’ordine di allontanamento, non ammesso alla procedura di regolarizzazione, e la situazione dell’immigrato denunciato ma non ancora condannato per tale reato.

Inoltre, una elementare esigenza di certezza del diritto impone che, ove il legislatore avesse inteso includere fra le cause ostative alla sanatoria del 2009 la posizione di soggetti condannati per il reato di mancata ottemperanza all’ordine di allontanamento, avrebbe dovuto farlo mediante richiamo espresso. Risulta che, a sanatoria ancora aperta e prima della circolare n. 1843 del 17 marzo 2010, funzionari del Ministero dell’Interno abbiano risposto a richieste di informazioni sul punto nel senso della non ostatività alla regolarizzazione della condanna per il reato di cui all’art. 14 co. 5 ter[2]. Le conseguenze di questa situazione di incertezza non devono essere fatte gravare sugli immigrati che in buona fede e sostenendo spese notevoli abbiano tentato il percorso della regolarizzazione.

L’esigenza di un richiamo espresso è tanto più evidente in quanto si consideri che il reato di cui trattasi interessa la stessa condizione di irregolarità cui vuole porre rimedio la sanatoria del 2009. Poiché la sanatoria è volta a consentire un percorso di emersione dalla c.d. “clandestinità”, se il legislatore avesse voluto escludere da tale procedura una categoria di immigrati irregolari avrebbe dovuto farlo espressamente, in modo da evitare gravi dubbi interpretativi. In mancanza di insuperabili dati testuali in senso contrario, si deve concludere che il legislatore della sanatoria abbia inteso consentire l’accesso alla procedura di emersione a tutti quegli immigrati irregolari che, non avendo commesso alcun grave reato ad eccezione delle violazioni della normativa in materia di immigrazione, non presentano alcun elemento che faccia presumere profili di pericolosità sociale.

Per le ragioni suesposte, i sottoscritti docenti di materie giuridiche si rivolgono al Ministero dell’Interno affinché modifichi l’interpretazione espressa con la circolare del 17 marzo 2010, e si rivolgono alla comunità dei giuristi affinché superi l’orientamento restrittivo accolto in alcune pronunce dei giudici amministrativi e consolidi, per contro, l’orientamento giurisprudenziale di favore per l’integrazione e l’emersione dalla clandestinità nel quale hanno legittimamente fatto affidamento molti immigrati.

COMUNICATO STAMPA DELL’ASSOCIAZIONE DIRITTI PER TUTTI SUI FATTI DI SABATO 13 OTTOBRE IN VIA SAN FAUSTINO

Nel tardo pomeriggio di ieri, al termine di una manifestazione molto partecipata per esprimere sostegno ai quattro immigrati sulla gru di via San Faustino, alcune decine di persone totalmente estranee al presidio nei pressi della gru, sconosciute a noi e a tutti i partecipanti al presidio, all’improvviso e all’insaputa degli altri manifestanti, hanno per pochi minuti tentato di sfondare il fitto dispositivo di polizia e carabinieri che all’altezza della chiesa di San Faustino impedisce di avvicinarsi alla gru. L’unico risultato concreto ottenuto da chi ha compiuto quest’azione è stato lo scatenare altre cariche di polizia, dopo quelle che senza alcun motivo le forze dell’ordine avevano compiuto già lunedì 8 novembre. Anche ieri nel corso delle cariche polizia e carabinieri hanno operato fermi e pestaggi indiscriminati, che sono documentati dalle immagini video a disposizione di tutti. Non ci risulta che nel corso di questi fatti cose o vetrine abbiano subito danneggiamenti. Gli attivisti del presidio hanno fatto tutto quanto era nelle loro possibilità per riportare la calma fra i numerosissimi partecipanti in quel momento, mentre i pochi autori del tentativo di sfondamento subito fallito si stavano già dileguando. Ci sono volute decine di muniti e tanta fatica per riportare la calma. Soprattutto perché la tensione, anche tra i migranti, è oramai a un livello molto elevato. La responsabilità totale dell’innalzamento costante della tensione in tutti questi giorni è da attribuire al ministro degli Interni, all’Amministrazione comunale di Brescia, al Prefetto, ai più alti dirigenti della Questura di Brescia. Alla mancanza di qualsivoglia risposta positiva alle richieste dei migranti sulla gru da 15 giorni, si aggiunge il fatto, di inaudita gravità, che da giorni quelle quattro persone sono tenute in condizione di isolamente pressoché assoluto. Un vero e proprio stato d’assedio imposto dalle autorità appena elencate. Uno stato d’assedio che impedisce ai migranti sulla gru persino di comunicare con l’esterno, di ricevere una visita medica, indumenti. Di fatto, viene costantemente ostacolata e spesso impedita anche per più giorni consecutivi la stessa fornitura di cibo. Vengono tolte condizioni vitali che non possono essere negate a nessun essere umano, nemmeno in situazione di guerra. Contro quelle quattro persone, la loro dignità e il loro coraggio, è in atto una pressione talmente forte da diventare vera e propria vessazione. Siamo sulla soglia della barbarie. E la barbarie è impossibile da governare, per chiunque. Chiediamo con forza a tutti coloro che possono intervenire di muoversi con la massima urgenza per contribuire alla reale rimozione di questo stato d’assedio. Rinnoviamo a tutti e tutte l’appello a continuare con la massima partecipazione il presidio di sostegno in via San Faustino. Non lasceremo mai soli i ragazzi sulla gru. La loro lotta è la nostra lotta. Brescia, 14 novembre 2010 Associazione Diritti per Tutti


[1] Le condanne ai sensi dell’art 14 co. 5 ter non sono ostative alla regolarizzazione secondo Cons. Stato, ord. n. 4066/2010; Tar Puglia, ord. nn. 737 e 738/2010; Tar Toscana, ord. nn. 296, 300, 301, 893 e 894/2010; Tar Sardegna, ord. n. 411/2010; Tar Marche, ord. nn. 349, 362, 415 e 472/2010; Tar Lombardia, ord. nn. 771, 776 e 778/2010; Tar Veneto, ord. nn. 265, 331, 393 e 394/2010; Tar Campania, ord. n. 596/2010; Tar Liguria, ord. n. 238/2010; Tar Friuli Venezia Giulia, ord. n. 100/2010. Tali condanne sono ostative secondo Cons. Stato, sent. nn. 5890 e 7209/2010, ord. n. 5094/2010; Tar Veneto, ord. n. 656/2010; Tar Umbria, sent. nn. 277 e 370/2010; Tar Emilia Romagna, sent. n. 3531/2010.

[2] Cfr. Guido Savio, Le condanne per inottemperanza all’ordine del questore sono ostative per la regolarizzazione colf e badanti, in corso di pubblicazione in “Diritto immigrazione e cittadinanza”, che riporta notizie diffuse dal servizio Help Desk del Ministero dell’Interno. In dottrina, critica l’interpretazione del d.l. 78/2009 proposta dal Ministero dell’Interno anche Sergio Bartole, intervento del 22 giugno 2010, http://www.asgi.it/home_asgi.php?n=1080&l=it.

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