La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso di un cittadino nigeriano, ha decretato che va riconosciuto lo stato di rifugiato a chi, per la propria fede cristiana, teme persecuzioni nel proprio paese sottoposto alle norme della sharia, il diritto islamico. E’ una sentenza importante anche perché richiama direttamente una terribile vicenda ancora in atto, quella dei duecentocinquanta profughi eritrei, molti dei quali cristiani, prigionieri dei trafficanti egiziani nel deserto del Sinai. Un centinaio di questi sono stati respinti dall’Italia, senza dar loro il tempo di chiedere asilo, poi detenuti nelle carceri di Gheddafi, e infine abbandonati nelle mani dei pirati che li minacciano di morte e chiedono per loro un riscatto di ottomila euro a testa. Il silenzio dei governi, quelli coinvolti e quelli non coinvolti, è totale. La vicenda è stata riferita il 21 dicembre al Comitato per i Diritti Umani della Commissione Esteri della Camera dei Deputati nell’audizione di un sacerdote eritreo membro dell’Accademia Etiopica Pontificia ed è stata raccontata in un articolo su Il Fatto Quotidiano da Furio Colombo, presidente di quella Commissione parlamentare. La notizia è apparsa nello stesso giorno di quella sulla sentenza della Cassazione. Peccato che gli eritrei non abbiano potuto nemmeno tentare di presentare domanda d’asilo, una domanda che secondo questa sentenza il nostro paese avrebbe dovuto automaticamente accogliere.