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La grande amica dei pittori…Graziella Lonardi

Graziella Lonardi è morta dove era nata, a Napoli, dopo un’intensissima vita passata a Roma come grande organizzatrice di cultura.

Graziella Lonardi e Palazzo Taverna, Graziella Lonardi e la grande mostra Contemporanea, e poi lei e Achille Bonito Oliva, lei e i pittori d’avanguardia (nella foto con Joseph Beuys), ecco i binomi che vengono subito alla mente ricordando questa fascinosa  donna che non si era accontentata di fare la bella statuina nella vita.

La città di Roma le deve molto. E il Macro (Museo di Arte Contemporanea) di Roma le ha dedicato proprio quest’anno una mostra “A Roma la nostra era avanguardia – Graziella Lonardi Buontempo”.

Negli ultimi anni aveva allestito a Palazzo Taverna una biblioteca e un archivio specializzati in arte contemporanea, mettendo a disposizione il materiale raccolto durante l’attività dell’associazione. Il suo salotto romano è stato sempre frequentato dai più grandi artisti della scena mondiale. La sua  creatura più riuscita erano, dal ’70, gli Incontri Internazionali d’Arte, con sede in Palazzo Taverna. Un’associazione che ha aveva avuto in Achille Bonito Oliva, suo grande amico, il ruolo propulsore.

Graziella Lonardi aveva promosso anche parecchie mostre all’estero, tra cui quelle di Pistoletto e di Kounellis, ma ha fatto molto anche per il cinema italiano portando rassegne al Pompidou di Parigi, al Metropolitan di New York e in altri grandi musei. Ma da dov’era spuntata fuori questa vulcanica organizzatrice di eventi?

Era arrivata da Capri, dove negli anni ’60 con i suoi occhi verdi era stata una vera diva. Poi però in rapida successione ecco la separazione dal marito, la scelta di spostarsi a Roma, l’incontro con un mondo fatto di Schifano, Tano Festa, Franco Angeli, ma anche Twombly e Rauschenberg. Graziella Lonardi aveva trovato la sua nuova strada. Però la prima iniziativa, alla Certosa, fu un mezzo disastro. A volte la bellezza non basta.

Ma eccola riprovarci. E così nel 1970 fa centro, al Palazzo delle Esposizioni dove mette in piedi l’azzeccata mostra intitolata “Vitalità del negativo”.

L’esposizione fu inaugurata il 30 novembre del 1970. Brionvega, che era lo sponsor, accettò di sistemare fuori dal Palazzo una decina di televisori. Qui veniva proiettato quello che accadeva all’interno suscitando meraviglia e curiosità nei passanti, attirando visitatori. Fu l’apertura della mostra alla città, una scelta d’avanguardia così come lo erano le opere all’interno. Molti artisti decisero di realizzare degli spazi in cui lo spettatore non era più un passivo contemplatore ma partecipava attivamente alla loro vita. Fu un successo. Era una mostra (curata da Achille Bonito Oliva, artista tra gli artisti) in cui si incontravano i monocromi di Schifano, i dipinti di Tano Festa, e all’ingresso il coro del Nabucco di Kounellis.

Poi tre anni dopo ecco “Contemporanea”, che ha rivestito un ruolo di vera svolta. Per la prima volta le arti visive furono messe a confronto con il cinema, il teatro, la musica, l’architettura. La mostra si tenne nel parcheggio sotterraneo di villa Borghese, costruzione terminata ma ancora non era stata inaugurata. Ma non è tutto: Christo e i maggiori rappresentanti della land art impacchettarono Porta Pinciana e parte delle mura Aureliane. Un evento straordinario. Il parcheggio diventò un luogo magico. Cinema, teatro, performance, tutto in contemporanea, e di altissima qualità. L’Odin Teatret, Carmelo Bene, Bob Wilson, Barba, i film di Pasolini. Tra gli artisti Beuys, Warhol, Richard Serra, Rauschenberg, il gruppo Fluxus…

Poi ecco il 1987, la ”profanazione” di Capodimonte con i suoi 12 contempoanei, che ricordava così:  “Riuscii a portare dodici artisti contemporanei a Capodimonte, nel 1987. Fu una grande avventura in tempi in cui non esisteva ancora un museo come il Castello di Rivoli. Era la prima volta che si mischiava l’antico con il contemporaneo. Il sovrintendente Spinosa mi mise a disposizione il Salone dei Camuccini, che aveva degli arazzi che in quel momento erano in corso di restauro. Ebbi la massima libertà di invitare artisti come Buren, Merz, Spalletti, Kosuth… anche Warhol che avevo precedentemente invitato a Roma…”.

Ecco se n’è andata un’altra grande creatura di Napoli. Come Lucio Amelio che l’ha preceduta di una quindicina di anni. Lui col suo Terrae Motus, lei con le sue azzeccate iniziative. Gente d’altri tempi, verrebbe da dire, visto il giro d’oggi..

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