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La vendetta del regime dei mullah su Panahi. Per farlo tacere per sempre

Sei anni di carcere e il divieto di realizzare film e lasciare l’Iran per i prossimi 20 anni. Questa è la condanna con cui il regime iraniano imprigiona Jafar Panahi, il regista vincitore del Leone d’Oro a Venezia nel 2000 con Il cerchio.

E così la sedia vuota che all’ultimo Festival di Cannes era stata lasciata per lui in Giuria è destinata a restare tale ( nella foto le lacrime di Juliette Binoche). Almeno finché non si decida di farla pagare cara al regime sanguinario di Teheran che anche oggi ha impiccato 12 detenuti, undici uomini e una donna. Che cosa faranno le diplomazie internazionali? Che cosa farà il ministro Frattini?

Ecco di seguito il dispaccio questa sera dell’Ansa.

ROMA – La notizia della condanna ”per aver agito e aver fatto propaganda contro il sistema” del regista iraniano Jafar Panahi a sei anni di prigione cui si aggiungono i divieti di scrivere sceneggiature, girare film e lasciare il suo Paese per i successivi 20 anni, riporta tragicamente la travagliata vicenda del cineasta al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica internazionale. Il regista, 50 anni, Camera d’or a Cannes nel 1995 per la migliore opera prima con Il palloncino bianco, Leone d’oro alla Mostra di Venezia nel 2000 per Il cerchio e Orso d’argento a Berlino nel 2006 per Offside, era stato arrestato il 2 marzo, nella sua abitazione a Teheran, assieme ad altre 16 persone fra cui la moglie e la figlia, poi rilasciate. Per la sua liberazione, avvenuta dopo 88 giorni di prigione, il 24 maggio, dietro il pagamento di una cauzione di 200 mila dollari, si sono battuti per mesi, con appelli, proteste e iniziative, decine di artisti in tutto il mondo, fra i quali Steven Spielberg, Martin Scorsese, Ang Lee, Oliver Stone e il collega iraniano Abbas Kiarostami. Gli organizzatori del Festival di Cannes ne avevano fatto un giurato virtuale, simboleggiato da una sedia vuota. Quando, durante il festival, era giunta notizia che Panahi aveva cominciato lo sciopero della fame, Juliette Binoche, nella conferenza stampa di Copia conforme di Kiarostami, si era commossa e durante la cerimonia finale era salita sul palco, per ritirare il premio come miglior attrice, mostrando una cartello con il nome del regista. Arrestato gia’ una prima volta nel luglio del 2009 in un cimitero di Teheran mentre partecipava ad una commemorazione delle vittime delle proteste post elettorali, Panahi, simbolo del dissenso contro il governo del presidente Mahmoud Ahmadinejad, si era visto negare ad ottobre 2009 la possibilita’ di partecipare in India al Festival del Cinema di Mumbai, dove doveva far parte della giuria. Dopo il rilascio a maggio, Panahi non aveva potuto lasciare l’Iran. Invitato lo scorso settembre alla Mostra di Venezia dalle Giornate degli Autori che ha proposto in anteprima mondiale il suo corto The accordion, il regista il giorno della proiezione aveva detto, in collegamento telefonico: ”Io stesso non so perche’ c’e’ questo accanimento del governo iraniano nei miei confronti. Forse perche’ sono un regista che fa film per la gente, per la societa’ e le autorita’ non amano questo”. Il cineasta qualche giorno fa era stato invitato dal direttore del cinema di Berlino, Dieter Kosslick, a far parte della giuria internazionale della prossima edizione: ”Speriamo che Panahi riesca ad avere il permesso di viaggiare per essere al Festival” aveva detto Kosslick.

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