E’ già successo dieci anni fa. Allora trafugarono la salma di Enrico Cuccia e la portarono in Val di Susa. Contavano di farci 7 miliardi. Furono arrestati. Per fare soldi oltre a chiamare Mediobanca avevano interpellato anche il manager Paolo Cuccia a Roma, omonimo del banchiere ma non imparentato con lui.
Un precedente dunque per Mike Buongiorno. Allora fu Nick Cavaliere, questore di Torino, a risolvere il problema. Che si presentava così (l’articolo è di Repubblica del 2001):
“La bara del banchiere Enrico vCuccia è stata ritrovata in un fienile di un piccolo paese della Val di Susa. La banda che ha trafugato la salma dal cimitero di famiglia a Meina, nel verbano il 17 marzo, ha le ore contate, dopo il fermo del presunto telefonista – preso mentre si metteva in contatto con l’amministratore delegato di Mediobanca – che ha permesso agli investigatori di arrivare al fienile dove era nascosta la cassa.
Il presunto telefonista della banda, Giampaolo Pesce, un operaio incensurato di 39 anni che vive a Condove, in Val di Susa, dove è stata poi ritrovata la salma che era in un casolare di frazione Mogliassi, è stato intercettato dalla polizia. Polizia e carabinieri stanno cercando il proprietario del casolare, Bruno Barella, che risiede a Chiusa San Michele, altro paese della bassa Valle di Susa.
Pesce ha fatto una telefonata da un telefono pubblico nel comune di Sant’Antonino: una località attorno ai laghi di Avigliana (la città in cui è nato), a una trentina di chilometri da Torino, nella zona battuta da giorni dalle forze dell’ordine. Si è messo in contatto con l’amministratore delegato di Mediobanca, Vincenzo Maranghi dicendogli: “Si tenga pronto, abbiamo la salma di Cuccia, chiameremo più tardi”.
E’ stato di parola e ha firmato la sua condanna. Poco prima delle 16 ha nuovamente telefonato a Maranghi dalla stessa cabina, davanti alla palestra comunale, che è stata individuata in pochi minuti. Otto uomini della squadra mobile gli sono piombati addosso.
Pesce è stato condotto negli uffici della questura di Torino, dove si trova il quartier generale delle indagini sul rapimento della salma di Cuccia ed è stato sottoposto a un lungo interrogatorio.
E’ crollato quasi subito e ha indicato il luogo in cui si trovava la salma dell’ex presidente di Mediobanca: un casolare abbandonato in una frazione montana di Condove, a pochi chilometri da casa sua. La bara era stata nascosta in un fienile, coperta con della paglia e avvolta in un drappo rosso.
Un luogo impervio, di difficile localizzazione, perciò Pesce ha accompagnato i magistrati inquirenti e le forze dell’ordine.
L’operaio avrebbe anche fatto il nome di uno o più complici. La banda voleva spartirsi 7 miliardi e mezzo di lire, a tanto infatti ammontava la richiesta contenuta nella lettera spedita, per sbaglio (un altro errore di ingenuità), all’Acea di Roma, dove è amministratore delegato Paolo Cuccia, un omoinimo del grande banchiere, ma senza rapporti di parentela con lui. La missiva era stata spedita il 17 marzo subito dopo il trafugamento del feretro ed era giunta martedì 20 marzo.
In quel lasso di tempo la banda aveva fatto quattro telefonate per sapere se la lettera fosse arrivata. Ed è stata un’altra grave imprudenza: polizia e carabinieri erano riusciti a identifcare l’area di provenienza, la bassa Valle di Susa e lì avevano concentrato lì la loro attenzione. Un’intuizione che si è rivelata esatta.
(31 marzo 2001)