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Due alla sbarra per Mauro Rostagno. Il Pm: i killer erano 4, li stiamo cercando

È partito mercoledì, davanti alla Corte d’Assise di Trapani presieduta da Angelo Pellino, il processo per l’omicidio di Mauro Rostagno, avvenuto il 26 settembre del 1988 a Valderice. Alla sbarra il boss trapanese Vincenzo Virga, indicato come mandante dell’agguato, e il killer Vito Mazzara.

Prima dell’apertura dell’udienza si è svolto un corteo a Trapani, promosso dall’associazione “Ciao Mauro”. A sfilare, dietro alcuni striscioni che chiedono verità e giustizia, alcune centinaia di persone che hanno raggiunto l’aula bunker del Palazzo di Giustizia, con in testa Maddalena Rostagno figlia di Mauro.

In aula le costituzioni di parte civile: molte – in tutto 22 –  e tutte accolte le richieste avanzate dai familiari della vittima (Maddalena e Chicca Roveri), dall’ordine dei giornalisti, dall’Assostampa, dalla Regione Sicilia, dalla Cgil, da alcuni Comuni come Erice e da associazioni antimafia cxome Libera.

Due  gli imputati del delitto Rostagno ma, secondo il pm Gaetano Paci, ne mancano altri due. «Le testimonianze ed i risultati investigativi – sottolinea il magistrato – ci dicono che, sulla Fiat Uno che ha inseguito il giornalista nella fase culminante dell’agguato, c’erano tre persone: una delle quali è l’imputato Vito Mazzara. Degli altri due non sappiamo nulla. Ma le indagini continuano. In questi 22 anni non si sono mai fermate». L’accusa, ha anticipato Paci, si sforzerà di «mettere un punto fermo almeno sull’esecuzione materiale dell’agguato» avvenuto il 26 settembre 1988. L’inchiesta comunque continua, nella ricerca degli altri due componenti del gruppo di fuoco.

“Questo processo dovrà servire a fare luce sui tentativi, riusciti, di depistaggio e sulle anomalie che si sono registrate subito dopo l’agguato”. Lo ha ricordato il Pm ribadendo he il processo “servirà a mettere un primo punto fermo, cioè la presenza di Cosa nostra e la sua compartecipazione rispetto ad altri protagonisti”. Poi ha sottolineato una “anomalia”: “Dopo l’omicidio non c’e’ stata piu’ traccia di una borra di fucile”, cioè una componente dell’arma. La borra “fu trovata in occasione del rinvenimento di un’auto bruciata avvenuto a Valderice all’indomani dell’omicidio Rostagno”.

«Finalmente dopo 22 anni siamo in un’aula di giustizia. La verità è più vicina» dice Maddalena Rostagno, 37 anni, la figlia più giovane del giornalista-sociologo, arrivata in testa al gremito corteo promosso dall’associazione «Ciao Mauro» che ha preceduto l’inaugurazione del processo e ha visto la partecipazione di tantissimi giovani «desiderosi» di verità. «Siamo qui – aggiunge – al fianco di inquirenti perbene che hanno ottenuto il rinvio a giudizio per due imputati. Questa è l’unica possibilità per ricordare Mauro».

Intanto il pm Antonio Ingroia, che, con Gaetano Paci, rappresenta l’accusa al processo per l’omicidio Rostagno, ha dichiarato: «Oggi entra in quest’aula un pezzo di verità, ma non è ancora tutta la verità». «Sono soddisfatto – ha aggiunto – di essere qui come magistrato e come cittadino, considerato che mi occupo di questo caso sin dal 1996. Questa vicenda dimostra che la giustizia a volte arriva tardi ma non è mai troppo tardi».
“Finalmente dopo 22 anni siamo in un’aula di giustizia. La verità è più vicina” dice Maddalena Rostagno, 37 anni, la figlia più giovane del giornalista-sociologo. “Siamo qui – aggiunge – al fianco di inquirenti perbene che hanno ottenuto il rinvio a giudizio per due imputati. Questa è l’unica possibilità per ricordare Mauro che era una bravissima persona. Ha sempre scelto chi essere, cosa fare e dove stare”.

“Aveva deciso di essere trapanese, come diceva e come ricordano tutti quelli che lo hanno conosciuto. Si era innamorato della Sicilia sin dagli anni Settanta. Io stessa sono nata a Palermo nel 1973. Ci sono rimasta per tre anni, poi siamo andati via”.

Non manca qualche riferimento polemico alla prima fase dell’inchiesta quando venne imboccata la “pista interna” che coinvolgeva la stessa compagna di Rostagno, Chicca Roveri. “Ora sono state messe le cose al loro posto” aggiunge Maddalena Rostagno mentre stringe la mano al pm Gaetano Paci. “Mi fa piacere ringraziarla – dice – per quello che ha fatto”.

Nel 2002 Paci ha ripreso con il procuratore aggiunto della Dda di Palermo, Antonio Ingroia, la direzione dell’inchiesta riprendendo le dichiarazioni di alcuni pentiti e disponendo la perizia balistica che attribuisce a Vito Mazzara il ruolo di esecutore materiale dell’agguato.

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